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Metamorphoseon libri XV

La tesi consiste nella ricerca dell'articolazione narrativa dei libri delle Metamorfosi ovidiane.

Le Metamorfosi sono un poema di storie accomunate dalla sorte di trasformazione che tocca ai loro vari protagonisti. Il proemio succinto annuncia chiaramente il poema esteso che sarà, giacché annuncia la narrazione della storia del mondo dall’origine (caotica, col passaggio della creazione cosmica) ai giorni augustei del poeta. Unificare tante storie in una visione progressiva è però desiderio che il poema come spesso provoca, così spesso frustra, e altresì riconforta: accade di frequente che il lettore ne smarrisca il senso, se questo è l’evoluzione del mondo verso la civiltà romana contemporanea all’autore. E non succede in modo di volta in volta meno drammatico, così da preludere a un riorientamento continuo: ci sono anzi passaggi in cui la vicenda del cosmo e dei suoi abitanti si disorienta, e pare regredire al caos originario.
Le ripetute variazioni di percorso dipendono in primo luogo dalla varietà delle storie che compongono l’unica, grande storia, il susseguirsi di quadri in tale esteso affresco. Il proemio, infatti, ci introduce subito un tema plurale, le forme mutate in nuove corpi, che il poeta racconterà in una forma ibrida, perché chiede agli dèi che ispirino la sua impresa e guidino (deducite, v. 4) il suo carmen perpetuum. Così scrivendo Ovidio allude ai due modi alternativi della poesia narrativa affermati nella produzione precedente, due filoni che in termini romani si definiscono carmen perpetuum e carmen deductum. Il primo, epico eroico, è il modello omerico, si distende in una narrazione continua e senza salti, ma offre un tema limitato ed è centrato su un personaggio dominante e sul suo atteggiamento prevalente (Achille e l’ira distruttiva, Ulisse e la pia intraprendenza); un carattere ininterrotto che dipende rigidamente dalla fede nella continua ispirazione della Musa. Dall’altra parte, esempio del secondo, epico didascalico, sono gli Aitia di Callimaco, raccolta di elegie, per altro giunte frammentarie, sull’origine mitica e storica di nomi, usanze, culti, ma insieme sorta di racconto episodico in versi sul passato della civiltà coeva all’autore; questi è consapevole del carattere tradizionale delle storie che è la propria erudizione a conservare e la propria arte raffinata a tramandare (col favore benedicente piuttosto che l’ispirazione operante della divinità).
Riguardo all’autorità effettiva delle Muse, peraltro, si può dire che esse erano già parse ambigue (veritiere o mendaci) ad Esiodo, nel poema genealogico sugli dèi olimpici, opera epica didascalica d’età arcaica che conduce la storia delle generazioni divine fino al tema delle successive Eoie, dove non sono più dee, ma donne sedotte da dèi, a dar loro una discendenza: quello che qui evidenziamo è che nessuno dei due poemi narrativi intende sostenere per intero una prospettiva cosmologica. Inoltre non dimentichiamo, di Esiodo, il poemetto Le opere e i giorni, che ripercorrono, col mito delle età associate ad altrettanti metalli (dal più prezioso al più scadente: oro, argento, bronzo, ferro), la decadenza del mondo da una fase idillica e pacifica, giù fino alla fase coeva all’autore, faticosa e bellicosa, passando da un intermedio periodo eroico (che segue l’età bronzea e non è associato a un metallo); tuttavia, l’operetta è centrata sulla storia degli uomini: prima assistiti dalla natura e, sotto la protezione di Saturno, trasformati a loro volta in spiriti protettori; poi litigiosi ed empi, mutati da Zeus in demoni inferiori; quindi estinti dalla loro stessa violenza reciproca, rigenerati nella fase eroica e, dopo la morte, premiati nelle isole dei beati; poi duramente cresciuti alla fatica del lavoro, con il peso incombente della morte. [...]

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1. Metamorfosi come passi di poesia ininterrotta Le Metamorfosi sono un poema di storie accomunate dalla sorte di trasformazione che tocca ai loro vari protagonisti. Il proemio succinto annuncia chiaramente il poema esteso che sarà, giacché annuncia la narrazione della storia del mondo dall’origine (caotica, col passaggio della creazione cosmica) ai giorni augustei del poeta. Unificare tante storie in una visione progressiva è però desiderio che il poema come spesso provoca, così spesso frustra, e altresì riconforta: accade di frequente che il lettore ne smarrisca il senso, se questo è l’evoluzione del mondo verso la civiltà romana contemporanea all’autore. E non succede in modo di volta in volta meno drammatico, così da preludere a un riorientamento continuo: ci sono anzi passaggi in cui la vicenda del cosmo e dei suoi abitanti si disorienta, e pare regredire al caos originario. Le ripetute variazioni di percorso dipendono in primo luogo dalla varietà delle storie che compongono l’unica, grande storia, il susseguirsi di quadri in tale esteso affresco. Il proemio, infatti, ci introduce subito un tema plurale, le forme mutate in nuove corpi, che il poeta racconterà in una forma ibrida, perché chiede agli dèi che ispirino la sua impresa e guidino (deducite, v. 4) il suo carmen perpetuum. Così scrivendo Ovidio allude ai due modi alternativi della poesia narrativa affermati nella produzione precedente, due filoni che in termini romani si definiscono carmen perpetuum e carmen deductum. Il primo, epico eroico, è il modello omerico, si distende in 4

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epica
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