La scrittura come volto dell'anima. L'impatto empatico dei segni grafici
La storia della scrittura narra da millenni i tentativi dell’uomo di fissare le forme grafiche, di disegnare, di dipingere la parola. Le lettere dell’alfabeto sono una testimonianza della storia della civiltà, passano attraverso secoli di invasioni e di conquiste ma, nello stesso tempo, “segnalano le avventure dello spirito”. Occuparsi della scrittura non significa infatti soltanto relazionarsi al visibile, ma seguire le tracce del corpo che conducono a modi di esistenza, percorsi, direzioni invisibili. Come dice Alexander Lernet-Holenia, “non c’è nulla di corporeo che non sia stato creato con il preciso intento di agire sull’anima” (Marte in Ariete).
La fisiognomica, fin dal suo apparire, intende la scrittura come un dispositivo che, come un volto, rimanda a qualcosa d’altro, pertanto l’analisi delle forme segue un percorso tracciato sia dai “tratti fissi” legati alla fisiognomica, sia dai “tratti mobili” che rinviano alle componenti gestuali e alle energie espressive indagate dalla grafologia. Incise, cesellate, fuse nel piombo e infine digitalizzate, le lettere alfabetiche attivano lo sguardo in quanto oggetti estetici dotati di per sè di senso. Il grafismo parla direttamente a colui che l’osserva, non diversamente da un sorriso o dalla forma di un tratto del volto.
Nel prestare attenzione alle potenzialità espressive della parola intesa sul piano della sua visibilità, si è osservato che la scrittura svolge un ruolo strategico nel costruire una relazione di ordine empatico tra destinante e destinatario. I segni grafici, infatti, funzionano come traccia, impronta, ma nello stesso tempo anche come indice di colui che li ha prodotti, affermandone così la sua presenza.
Si è quindi analizzato la scrittura in relazione alla percezione fisiognomica, allo studio delle forme, alla grafologia, al movimento, al ritmo, al corpo, e come tutto questo varia nella storia.
La scelta di una lettera può rendere il testo rassicurante, piacevole, neutro, grigio e così via. La percezione visiva implica “comportamenti sequenziali altamente specializzati”, che si spiegano in termini di “attese” e di “mappe cognitive" e funzionano da strutture guida della scrittura.
Nella scrittura certi segni espressivi sembrano evocare un determinato sentimento di somiglianza con una data emozione. È un sentimento prodotto come effetto di senso, piuttosto che una proprietà ontologica, inscritta nell’oggetto. È dunque la natura motivazionale del segno grafico che sembra stabilire un legame empatico tra destinante e destinatario.
La scrittura è legata all’ergon, all’energia dell’attività interiore, alla tensione creatrice. Attraverso questa pienezza di vitalità, sostiene Klages, “il corpo serve per la manifestazione e l’apparizione dell’anima, e l’anima per dare un senso al corpo”. La mano che guida lo strumento scrittorio ha molteplici possibilità espressive: le metamorfosi grafiche rimandano a elementi primordiali e costitutivi. I segni alfabetici rinviano ad una imagerie multiforme come una cosmografia. In questo modo, la scrittura si costituisce come un microcosmo: metafora del mondo e volto dell’animo umano.
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Informazioni tesi
Autore: | Sabrina Raggini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1996-97 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Relatore: | Patrizia Magli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 163 |
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