6
Scrivendo, non solo lasciamo traccia di noi stessi e delle nostre scelte
tipografiche, ma la "lettera" attira lo sguardo in quanto oggetto estetico. Tale
oggetto può rendere il testo rassicurante, piacevole, neutro, grigio, può produrre
cioé un impatto emotivo, empatico.
Il nostro obiettivo è dunque quello di restituire protagonismo alla "lettera", di
prestare attenzione alle potenzialità espressive della parola intesa sul piano della
sua visibilità. La scrittura considerata nel suo aspetto materiale, come dispositivo
espressivo, come oggetto significante autonomo, come sistema organizzato e
dotato di senso, è il nostro oggetto d'indagine, il testo su cui riflettere. Soprattutto
in un periodo come quello presente, dove l' "immagine" occupa uno spazio
particolarmente esteso e in cui si assiste alla massima espansione delle
elaborazioni grafiche attraverso sofisticati sistemi digitali, il problema della
scrittura è profondamente sentito.
L'atto dello scrivere è un'attività che va aldilà dei segni che appaiono sul foglio.
1
"Prendi il righello e tira la riga della tua condotta", così dice Bernardino da Feltre
in una delle sue prediche (cfr. Cardona, 1986: 83-84). Scrivere è un'arte nel senso
antico del termine e come tale ha i suoi criteri di eccellenza; tutte le tradizioni
hanno apprezzato una forma di scrittura come più elegante ed esteticamente più
amabile di altre; alcune tradizioni hanno fatto dello scrivere un'arte perfetta e
quintessenziale, il cui bello scrivere è immagine e riflesso di un ordine più alto
(cfr. ivi: 84).
2
1
Già anticamente la superstizione rapportava ad alcune lettere un particolare significato. La
speculazione pitagorica identificava le 24 lettere dell'alfabeto greco con i dodici segni zodiacali, le
sette vocali rappresentavano i sette pianeti. Nella 'T' si riconosceva il simbolo della croce, la 'È era
l'immagine della bilancia, la 'Y' rappresentava il crocevia, la "forca" in cui l'uomo era chiamato a
scegliere tra la strada del vizio e quella della virtù (cfr. J. G. Février, 1948, tr.it.: 573).
2
Tutta la storia della scrittura ci mostra, attraverso un gran numero di esempi, come si sia sempre
ritenuto possibile agire sul reale a partire dalla manipolazione dei simboli, e come anzi l'uomo sia
giunto a nutrire un terrore sacro di quei simboli e del loro potere, quasi che ormai tracciati, essi
potessero da soli scatenare la loro azione. Che sia o no veicolo di testi sacri, la scrittura si carica di
connotazioni sacrali fortissime, in molte culture il suo inventore è un dio: così per i Greci è
Hermes, per i Babilonesi Nabû, per gli Egiziani Toth, i geroglifici egiziani sono detti "parole degli
dèi" e a volte semplicemente "dèi" (cfr. G. Cardona, 1981: 154).
7
La scrittura si ricollega ai problemi dell'arte poiché nasce storicamente dalla
pittografia, dal disegno figurato. Essa ha assunto, in ogni tempo, aspetti
decorativi, ha raggiunto talvolta un'alta qualificazione estetica, in Cina è stata
considerata un vero e proprio genere artistico autonomo, parallelo e persino
superiore alla pittura figurativa.
3
Dal punto di vista etimologico, la parola scrittura deriva dal latino scribere, in
francese écrire, in tedesco schreiben, che proviene a sua volta dall'antico alto-
tedesco scriban. Queste parole trovano tutte una comune origine nel termine
greco skariphaomai, che significa "scalfisco in superficie", in riferimento ad
un'epoca in cui i segni venivano "incisi" su supporti come la pietra, la terracotta,
il legno. Il termine inglese write ha un legame con quello tedesco reissen o ritzen
che tradotto vuol dire "scalfire le rune".
4
Oggi sono ancora in uso i termini
tedeschi reissen o aufreissen che significano "disegnarÈ o "abbozzare uno
schizzo". La parola russa pissat trova la sua radice nel termine latino pingere,
cioé "dipingere", o in quello corrispondente indiano antico pinkte o in quello
greco pinax, "dipinto" (cfr. Hohenneger, 1990: 160/3). Da qui, si può arrivare
alla conclusione che il significato europeo della parola "scrittura", le multiforme
della scrittura stessa, nascono dall'idea di un processo tecnico dello scrivere. A
parte la sua genesi e la sua natura essenziale di espressione per segni visibili, la
3
La calligrafia è da sempre in Cina una fra le arti più importanti. Con essa l'artista esprime le
energie del mondo naturale attraverso il gesto: il corpo umano, di cui il pennello costituisce un
ideale prolungamento, è lo strumento per mezzo del quale queste forze si manifestano
concretamente. L'esecuzione del singolo carattere ne trascende il significato grafico,
trasformandolo in una pura forma autosufficiente. Fondamento dell'arte calligrafica è una visione
che concepisce l'espressione artistica come moto immediato, apparentemente spontaneo, in realtà
preparato da un lungo e rigoroso lavoro interiore. Tale concezione è stata alimentata e influenzata
dal buddismo chan (zen in giapponese), con il principio dell'illuminazione istantanea, e dalle
antiche teorie taoiste sulla comprensione intuitiva dell'essenza del mondo fenomenico. Non c'è
forse arte che esprima tanto liberamente l'interiorità dell'artista e sia al tempo stesso contenuta
entro paradigmi tanto rigorosi quanto la calligrafia. Gli stili calligrafici sono stati infatti
rigidamente classificati sin dalle epoche più antiche. Nel II-III secolo il pennello ha sostituito lo
stilo nella scrittura (Arte-Enciclopedia Universale, Milano: Leonardo Arte, 1997: 340).
4
Le rune rappresentano i segni alfabetici del più antico alfabeto germanico utilizzato quasi
esclusivamente in iscrizioni epigrafiche di cui si ha testimonianza a partire dal III sec. d.C.
L'alfabeto runico ha avuto grande diffusione presso i vichinghi nel sec. IX-XII e in Inghilterra. Le
rune erano circa ventiquattro caratteri, con valore insieme fonetico e ideografico, ottenute
modificando i segni degli alfabeti greco e latino per facilitarne l'incisione su pietra e legno.
8
scrittura non sembra essersi mai completamente distaccata dalla matrice del
disegno figurato o geometrico col quale torna spesso a confondersi e dal quale
trae costante ispirazione. In ogni caso, alla funzione semantica della scrittura si
accompagna un valore estetico più o meno crescente.
5
La scrittura, da questo
punto di vista, è simile alla fotografia, entrambe hanno soprattutto una finalità
pratica, ma entrambe possono allo stesso tempo raggiungere un risultato estetico.
L'esigenza estetica è implicita nel termine stesso di "calligrafia" dal greco kállos,
"bellezza", e graphìa, con la quale si designa l'arte della bella scrittura eseguita
con la penna, il pennello o lo stilo.
L'impronta tecnica definisce invece il concetto di carattere. "Carattere" conserva
l'etimo greco charaktér, dal verbo charásso, "incidere", "scolpire";
originariamente "carattere" era uno strumento per segnare o coniare monete o
sigilli, serviva cioé a imprimere un segno distintivo e indelebile. Tra il VI e il III
sec. a. C., "carattere" acquista il senso di "caratteristica distintiva" e infine di
"carattere morale". Per "carattere" oggi intendiamo la forma delle lettere di un
alfabeto o dei segni di una scrittura, oppure, in senso tipografico, la serie delle
lettere dello stesso tipo. Dunque il carattere segnala il testo così come il carattere
morale distingue ciascun uomo dagli altri, rappresenta "il che cosa del chi", è
l'insieme dei segni distintivi, delle abitudini, delle identificazioni acquisite che
divengono vere caratteristiche. Il carattere è profondamente legato alla
permanenza nel tempo, alla sedimentazione, "è ciò che è inciso nella carne e
nell'anima al modo di una scrittura permanente" (Magli, 1995: 92).
5
Ciò risulta specialmente chiaro nella stesura scrittoria di testi religiosi, commemorativi, di
destinazione aulica, in cui la scrittura è estremamente qualificata e allineata al massimo livello dei
principali stili artistici dominanti, così che la veste figurativa delle parole finisce con l'essere
ancora più importante del significato testuale.
9
1.2. "La forma tangibile delle immagini acustiche"
La definizione di "scrittura" con cui inizieremo la nostra analisi fa riferimento a
ciò che sostiene Ferdinand de Saussure nel Corso di Linguistica Generale. Egli
afferma che "la scrittura rappresenta la forma tangibile delle immagini acustiche",
che i segni della lingua sono concreti e la scrittura può fissarli in immagini
convenzionali (1916, tr.it.:25). Così, se la lingua è il deposito delle immagini
acustiche, la scrittura è la forma tangibile di queste immagini. In generale, dice
Saussure:
Noi conosciamo la lingua attraverso la scrittura. Quando mentalmente si sopprime la
scrittura, chi è privato di questa immagine sensibile rischia di non percepire più
nient'altro che una massa informe di chi non sa che fare. È come se si levasse il salvagente
a chi sta imparando a nuotare (...), i suoni della lingua (...), staccati dai loro segni grafici, non
rappresentano più che delle nozioni vaghe,
ma poi aggiunge:
e si finisce col preferire l'aiuto anche se ingannevole, della scrittura (ivi: 44).
Dunque, se da un lato la scrittura rappresenta per Saussure un sostegno
ineliminabile, dall'altro egli esorta ad "abbandonare la lettera per avvicinarsi alla
verità" (ibid.).
Attraverso un'analisi dettagliata delle forme della scrittura e dei problemi legati
alla visibilità, tenteremo di allontanarci da questa seconda definizione che
descrive la produzione segnica come un sistema ingannevole e immotivato. Come
scrive Barthes:
10
L'insignificanza è il luogo della vera significanza.(...) Ecco perché mi sembra
fondamentale interrogare uno scrittore sulla sua pratica di lavoro. E questo,
collocandosi al livello più materiale, direi quasi minimale, possibile. Significa fare un
gesto antimitologico: stru- mento di un pensiero, di un'interiorità, di una passione o non
so cos'altro, e la scrittura, di conseguenza, come una semplice pratica strumentale. (...)
Gesti sentiti da noi come molto laici e futili, sono in realtà pesantemente caricati di
senso (1981: tr.it.: 174).
Daremo ai segni grafici un valore globale in ragione di un giudizio complessivo
alla cui base sta lo studio intrinseco di ciò che Ludwig Klages chiama
"formniveau"
6
, ovvero il livello della forma, la ricerca dell'unità, della spazialità
e "movimentalità"
7
grafica, della fisionomia scritturale. Tale fisionomia
conferisce ai significanti una piena autonomia materiale, per coglierli dentro uno
spessore fisico che pretende di valere per se stesso, al di qua della comunicazione.
Considereremo la scrittura non come un sostrato statico e cristallizzato, ma come
un momento dinamico, la mano che scrive non come elemento ausiliario, bensì
come materia viva dell'identità fisica, elemento della "presenza". Analizzeremo la
scrittura in relazione allo stile, allo spazio, al ritmo e al corpo. Ne osserveremo il
percorso storico distinguendo due classi principali: la scrittura formale, eseguita
con cura, usata su monumenti pubblici e documenti ufficiali, e la scrittura corsiva
abbreviata, usata per scopi privati, soprattutto nelle lettere. Focalizzeremo quindi
lo sguardo sui segni alfabetici, sulle tracce dei residui espressivi, poiché, come
sostiene Bühler, "non è necessario rivolgersi ad un poeta lirico per scoprire la
funzione espressiva in quanto tale" (1934, tr.it.: 85).
6
Cfr. L. Klages, La scrittura e il carattere, Milano: Mursia, 1982.
7
Klages intende per "movimentalità", quella temporalità trasportata nel "durevole" che appartiene
alle forme spaziali. Egli considera la scrittura non come una giustapposizione di forme calligrafate
o cristallizzate, ma il momento espressivo-dinamico (cfr. Valore e limiti della grafopsicologia,
Milano: Mursia, 1964: 10).
11
1.3. Prestigio dell'espressione grafica
Nonostante De Saussure consideri la scrittura un sistema puramente strumentale e
convenzionale, tuttavia non può fare a meno di chiedersi in che cosa consista il
prestigio del linguaggio grafico. Egli prospetta ragioni inerenti alla maggior forza
dell'immagine grafica rispetto a quella acustica, alla maggiore nitidezza e
durevolezza delle impressioni visive e attribuisce al linguaggio grafico una
vitalità creatrice che non può solo limitarsi a compiti funzionali. De Saussure
afferma che la forma scritta gode di un prestigio che il parlato non possiede,
poiché
l'immagine grafica di una parola ci colpisce come un oggetto permanente e solido, più
adatto del suono a garantire l'unità della lingua attraverso il tempo, (...) per la maggior
parte degli individui le impressioni visive sono più nette e durevoli delle impressioni
acustiche, cosicché ci si riferisce di preferenza alle prime; l'immagine grafica finisce per
imporsi a spese del suono (1916: tr.it.: 37).
Delle impressioni visive e dell'impatto prodotto dalla scrittura ne parla anche
Roman Jakobson nei suoi saggi di fonologia strutturale. Egli dice che i linguisti,
anche quando sono principalmente interessati alla lingua orale, spesso cadono
sotto l'effetto ipnotico della scrittura; così parlano di "sinistra" e "destra" anziché
di "prima" e "dopo", parlano di contesto "sinistrorso" e "destrorso" di un suono
linguistico (cfr.1979, tr.it.: 78).
Punto di riferimento per le teorie delle funzioni di Jakobson è Karl Bühler che,
nell'opera Teoria del linguaggio, si chiede se una scienza linguistica di tutto
rispetto avrebbe mai potuto svilupparsi senza l'analisi preliminare nella
riproduzione e codificazione visive delle forme fonico-linguistiche mediante la
scrittura (cfr. 1934, tr.it.: 64). Egli, interrogandosi sul volto espressivo della
scrittura, ne sostiene l'influenza sulla coscienza linguistica (ibid.). Anche Klages
afferma che la scrittura ha un contenuto espressivo immediato, e sottolinea la sua
12
prevalenza originaria rispetto alla sua funzione comunicativa. La grafia sintetizza
materialmente il carattere dell'espressione, mentre tutti gli altri fenomeni
espressivi "mobili" sono affetti da una rapida caducità che ne impedisce un'analisi
approfondita (1949, tr.it.: 43). Klages, in base al suo principio dell'espressione
secondo il quale ad ogni moto interiore corrisponde un analogo movimento del
corpo, sostiene che:
Non v'è altro, in quanto personale, che non sia concepibile dalla propria o
dall'altrui coscienza come espressivo; l'espressività è dunque una categoria della
coscienza e dell'autocoscienza personale, è un momento essenziale della personalità, che
vi appare come mobile e vivente processo tra un polo di interiorità e un polo di esteriorità
(ibid.).
La parola pronunciata muore appena nata, può essere fatta rinascere infinite volte,
ma per morirne altrettante; la scrittura invece rimane nel tempo e continua a
significare nel corso degli anni
8
, si presenta come qualche cosa in sé per sé e
perciò si propone in termini di relazioni spaziali dove le masse e le posizioni
dell'entità linguistica diventano masse e posizioni scritte, linee e superfici. La
forma visiva disegna nella memoria del lettore l'immagine che appare sul foglio,
così la scrittura può agire come fatto iconico indipendente. Non è solo un'esigenza
progettuale che deriva dalla necessità di fondare il linguaggio grafico sul rispetto
del lettering; esiste una particolare attenzione alle potenzialità espressive della
parola intesa sul piano della sua visibilità (cfr. Colonetti, 1990: 24). Spesso negli
annunci pubblicitari, nei grandi spazi dei bianchi, galleggiano con austera
sicurezza i corpi dei caratteri che funzionano da immagine, spodestando così il
ruolo dominante della figura.
8
Cinquemila anni fa uno scriba giudica il valore della scrittura e la sua professione quando scrive:
"Un uomo se ne è andato e il suo corpo è diventato terra. Tutti i suoi congiunti sono diventati
polvere. È soltanto la scrittura che costituisce il suo ricordo" (A. Hohenegger, 1990: 160/9).
13
Il prestigio della scrittura può anche riferirsi ad alcune varietà scrittorie: così
come ci sono delle varietà linguistiche che godono di un influsso maggiore di
altre agli occhi di chi le parla e soprattutto di chi non le parla, lo stesso può dirsi
di alcune scritture. La storia della diffusione della scrittura è anche la storia di
gerarchie di prestigio (cfr. Cardona, 1981: 120).
9
1.4. "Mappe cognitive" e struttura percettiva delle "attese"
Analizzare l'impatto della scrittura significa anche indagarne le modalità
percettive. Ciò che chiamiamo "vedere", sostiene Gombrich, è "invariabilmente
colorito e plasmato dalla nostra conoscenza (o opinione) di ciò che vediamo"
(1959, tr.it.: 476). Nella nostra risposta all'espressione entrano in gioco le nostre
attese di possibilità e probabilità. Tutta la percezione visiva ha bisogno di
"universali"; non solo è possibile generalizzare sulla voce di una persona, ma
attraverso la condotta della sua scrittura, attraverso tutte le varietà di tono e di
linea avvertiamo che c'è una sorta di "espressione generale dominante di cui le
singole espressioni non sono che mere modificazioni" (cfr. Gombrich-Hochberg-
Black, 1972, tr.it.: 12). "Ciò che viene percepito come somiglianza, fa luce sulle
nostre categorie percettive" (ivi: 13). Ci modelliamo così tanto sulle attese degli
altri che modifichiamo non solo la nostra andatura o la nostra espressione
facciale, ma anche il nostro modo di scrivere, che rimane coerentemente
identificabile. "Non è la percezione della somiglianza ciò per cui siamo
originariamente programmati, ma per cogliere la dissomiglianza, la deviazione
rispetto alla norma che fa spicco e si imprime nella mente" (ivi: 18). I caratteri più
leggibili sono quelli che appaiono irregolari l'uno rispetto all'altro.
9
Si pensi al posto centrale che hanno i testi liturgici in genere, non solo l'evangelario nella liturgia
cristiana, i libri sono ornati, impreziositi di miniature, legati con rilegature cesellate, sbalzate,
incrostate, riposti in teche, su leggii, appoggiati su cuscini (Cardona, op. cit. : 59).
14
La percezione visiva implica "comportamenti sequenziali altamente specializzati"
che si spiegano in termini di "attese" e di "mappe cognitive" e che funzionano da
strutture guida della scrittura (ivi: 74).
L'attività scrittoria sottende una struttura profonda che guida la direzione dello
sguardo. Il modo in cui una persona gira lo sguardo sul mondo dipende sia dalla
conoscenza del mondo che dalle sue attese, da ciò che ricerca. Le aspettative del
lettore sono spesso connesse ai pregi estetici del carattere che influenzano il
giudizio della sua leggibilità. Quando si predilige un carattere succede che lo si
considera anche il più leggibile. L'atto visivo e percettivo, durante la lettura, è
estremamente complesso per i fenomeni che produce. Gli organi sensori-visivi
inviano alla mente del lettore impulsi determinati dal contrasto di luminosità del
foglio e dei contorni grafici. Ma si è molto lontani da una pura e semplice
ricezione meccanica. Durante la lettura la mente è assai più veloce degli organi
visivi intenti a decifrare i segni grafici. Il segno grafico diventa un punto di
appoggio sul quale si sviluppa una serie di reazioni in base al supporto, al
disegno, all'inchiostro e al formato. Come prima cosa gli occhi fissano un solo
punto del campo visivo, poi modificano il loro accomodamento e la loro
convergenza in modo da produrre, nelle due retine, delle immagini nette che
danno luogo a una fusione binoculare (cfr. Simoncini, 1965:45-46). Gli occhi si
soffermano su determinati punti e ne saltano altri, ciò indica la condizione
temporale e l'intensità degli aspetti ricettivi e assimilativi della lettura. Anche un
solo punto di una lettera, asta, curva o grazia, può essere sufficiente al lettore per
completare le parole. La percezione, in questo caso, non è un processo puramente
passivo, ma è un'attività mediante cui selezioniamo, organizziamo, correggiamo e
modifichiamo i dati dei sensi in funzione delle aspettative.
15
La scrittura in quanto oggetto,
pare esibire dei tratti privilegiati che sono quelli che direttamente eccitano le nostre
cellule nervose, per cui quello che cogliamo dell'oggetto è esattamente quanto l'oggetto
preferenzialmente ci offre. (...) Noi non riceviamo un ammasso scoordinato di sensazioni,
ma siamo portati a focalizzare certi tratti del campo stimolante a scapito di altri. (...)
Indipendentemente dal meccanismo per cui la nostra retina riceve stimoli dall'ambiente, il
problema di come il nostro meccanismo mentale elabori questi inputs, rinvia ad un nostro
sistema di aspettative (Eco, 1997: 306-308).
Il testo, inoltre, ha sue regole compositive molto rigorose, tanto che gli elementi
demarcativi possono assumere un valore particolare per la lettura. L'elemento
demarcativo più comune della nostra epoca e tradizione, che sembra scontato sia
per chi scrive che per chi legge, è lo "spazio", la "pausa" tra le parole, che in altre
tradizioni ed epoche avviene attraverso barre, rosette, rubriche. Tale
segmentazione appare però più l'eccezione che non la norma, considerato il
numero di tradizioni indipendenti che usarono lo "scripto continua", cioé la
completa mancanza di cesure. L'uso di elementi demarcativi è probabilmente
legato alla lettura endofasica; quanto più la lettura è mentale e veloce, tanto più si
richiede che il testo sia presentato analiticamente. Nella lettura mentale è faticoso
identificare e separare parole scritte senza soluzione di continuità, e il motivo è
che nell'addestrarci alla lettura abbiamo imparato a percepire le parole come
Gestalten, come forme visive, mentre l'orecchio è invece abituato a "ritagliare"
nel flusso del discorso le singole unità (cfr. Cardona, 1991: 102-103).
Ma il lettore, dice Hochberg, non si limita a guardare una parte del testo in
blocco, "deve avere l'intenzione di leggere la pagina scritta, deve "far attenzione"
e formulare ipotesi su ciò di cui sarà costituita la prossima catena di simboli,
verificando le attese più avanti nel testo. (1972, tr.it.: 79). Nell'abilità di lettura
dunque, l'ordine di codificazione non è libero, ma imposto dalla natura del
16
linguaggio; queste abilità si acquistano relativamente tardi nell'infanzia, ciò in
parte è dovuto alla natura arbitraria dei simboli che si usano.
Se ho afferrato la giusta mappa, le sequenze di scrittura successive, colte
dall'occhio, si combinano nella struttura percettiva così bene che è facile vedere la
forma stabile e difficile distinguere le occhiate componenti. Senza alcuna mappa
invece, ho solo immagini momentanee, discontinue e disorganizzate (1972, tr.it.:
81). Le lettere e le forme della parola che riconosciamo nel processo di lettura
servono come indizi riguardo quello che ci possiamo aspettare di trovare quando
procediamo nel campionamento del testo, sono "memorie e attese che riflettono
un'interazione molto più rapida e stretta con il mondo, e con i suoi segnali" (1972,
tr.it.: 109-110).
Ogni parte della scrittura annuncia più di quanto contenga e questa percezione
elementare è già ricca di senso. Come scrive Merleau-Ponty:
Il "qualcosa" percettivo è sempre in mezzo ad altre cose e fa sempre parte di un "campo".
Una zona veramente omogenea che non offra nulla da percepire non può essere data a
nessuna percezione. (...) Un campo visivo non è fatto di visioni locali, ma l'oggetto visto
è fatto di frammenti di materia e i punti dello spazio sono l'uno esteriore all'altro (1945,
tr.it.: 36).
L'individuo percepisce le forme delle lettere come delimitazioni dell'intera massa
grafica, e sceglie le strutture corrispondenti alle sue aspettative.
La percezione dunque come un sostrato originale, fatto di "riflessi, ombre, livelli,
orizzonti fra le cose, i quali non sono cose e neppure un nulla, ma viceversa sono
gli unici a delimitare i campi di variazione possibile nella medesima cosa e nel
medesimo mondo" ( Merleau-Ponty,1960, tr.it.: 212).
17
1.5. Una questione di empatia
Dopo aver posto un problema percettivo, ci soffermeremo sulla qualità
dell'impatto dei segni grafici, sulla reazione che un segno produce rispetto ad un
altro. È una reazione che avviene rispetto alle forme, poiché "non è solo la
percezione della musica che ci fa danzare, ma anche la percezione delle forme"
(Gombrich-Hochberg-Black, op. cit.: 41).
Avvicinandosi alle tracce della scrittura, siamo coinvolti in una sorta di
partecipazione. L'empatia coinvolge le somiglianze necessarie per distinguere un
tratto permanente da una deviazione espressiva. È una questione di empatia se
siamo proiettati dentro una scrittura. Durante la lettura si mette in moto una
risposta emotiva, reattiva, risposta che varia rispetto i diversi caratteri, le diverse
lettere, i vari formati e stili, poiché differenti tipi di scrittura producono differenti
risposte espressive. Il percorso di lettura è un percorso che produce
trasformazioni percettive simultanee, corrispondenti a una fusione semiotica tra
soggetto e oggetto. Nella scrittura certe emozioni si legano ai segni espressivi,
quegli artifici in cui il segnale stesso sembra capace di indurre un determinato
sentimento di somiglianza tra esso e una data emozione.
Sia la psicologia dell'empatia che la teoria dell'arte hanno dimostrato che esiste
una sorta di legame codificato tra una data forma, colore, suono e un certo
risultato emotivo. La "significazione immediata" o "diretta" indicano un tipo di
lettura che coglie un aspetto del mondo secondo un certo sentimento. Si tratta di
un sentimento come un effetto di senso piuttosto che una proprietà ontologica
inscritta nell'oggetto (cfr. Magli, 1995: 408). La scrittura produce una risonanza
interiore, una situazione polisensoriale che fa riferimento a più registri percettivi.
"Il piacere estetico è un godimento della nostra stessa attività in un oggetto":
questa teoria è stata sviluppata da Vernon Lee sotto lo pseudonimo di Violet
Paget.
10
L'empatia è il sentirsi in sintonia con l'oggetto, nel nostro caso con la
10
Enciclopedia Oxford della Mente, Firenze: Biblioteca Universale Sansoni, 1991: 255.
18
scrittura. Il fatto che i sentimenti siano suscitati in noi dalla vista di "fenomeni
d'espressione" è una manifestazione conosciuta, spesso si parla di contagio di
sentimento o di trasmissione di sentimento (cfr. Stein, 1917, tr.it.: 27).
Nel 1866 Friedrich Theodor Vischer scrive:
Le varie dimensioni della linea e della superficie, le differenze del loro movimento
agisco- no simbolicamente; la verticale eleva, la orizzontale espande, quella ondulata
scuote più vivacemente della retta, richiama varie disposizioni della vita interiore in
relazione a deter- minati punti e a determinate leggi .
11
Il godimento estetico della scrittura proviene da un sentire energia e attività. Il
presupposto dell'atto di empatia è l'attività percettiva generale, ogni oggetto
sensorio è sempre il risultato del dato sensorio e dell'attività percettiva (cfr.
Worringer, 1908, tr.it.: 27). È un processo di antropomorfizzazione, di
trasferimento della vitalità organica propria dell'uomo su tutti gli oggetti del
mondo fenomenico, compresa la scrittura.
11
Passo citato nella premessa di Robert Vischer, Über das optische Formgefühl, Leipzig, 1813.