L'Influenza Mediatica nella Pena di Morte
Il tema della pena di morte è sempre di palpitante e viva attualità; attorno ad esso si concentrano tanti problemi e riflessioni tanto da farne una delle questioni più difficili di cui discutere e su cui prendere una decisa posizione. Il dibattito sulla pena di morte è, quindi, ben lontano dall’essersi esaurito, persino all’interno delle società contemporanee, anche in quelle più ricche e avanzate.
Finora non sono emersi argomenti definitivi, tanto meno dimostrazioni fondate scientificamente, né a favore dei fautori né a favore degli abolizionisti.
Al contrario di quanto si crede comunemente, stando almeno a quanto si legge sugli scritti internazionali, la tradizione del pensiero occidentale è stata, per secoli, favorevole alla pena di morte, come mostrano le posizioni di grandi filosofi quali Platone, Kant, Hegel e Schopenauer.
Con l’avvento dell’Illuminismo, l’avversione alla pena di morte comincia a farsi consistente ed è italiano il paladino più agguerrito della causa abolizionista: Cesare Beccaria, autore del trattato Dei delitti e delle pene. Data la straordinaria mole di opere scritte su questo argomento, dal Cinquecento ad oggi, si è ritenuto necessario ripercorrere nel primo capitolo il pensiero degli Intellettuali più illustri e rappresentativi, partendo da Tommaso Moro, primo scrittore del Cinquecento che prende posizione contro la pena di morte, arrivando ad Albert Camus, scrittore esistenzialista contemporaneo. Con Camus si sottolineano le convinzioni degli abolizionisti della pena capitale che marcano un netto confine con le tesi dei fautori, minuziosamente esposte nel secondo capitolo in cui si è cercato di assumere il punto di vista di coloro che sostengono o scherniscono la validità della pena di morte.
Le argomentazioni che adducono gli oppositori della pena di morte è che essa non costituisce un deterrente efficace nei confronti dei crimini più gravi, che nella prevenzione del crimine costituiscono misure più valide pene alternative quali l’ergastolo o comunque una lunga detenzione e che, soprattutto, conta più la certezza della pena che il suo rigore. Senza contare che, a causa di errori giudiziari, ipotesi da tenere sempre bene in considerazione, potrebbe essere giustiziato un innocente.
I fautori della condanna capitale sostengono che il sangue si lava col sangue, che la morte è il castigo adeguato per i criminali più sanguinari e che la pena di morte aiuta la prevenzione del crimine, rendendo più sicura la vita dei cittadini virtuosi.
L’attenzione viene poi rivolta alla condizione attuale del mondo, presentando brevemente le situazioni dei diversi continenti rispetto alla pena capitale e mostrando l’atteggiamento che ha avuto nei secoli la Chiesa. Il capitolo si conclude con la presentazione degli attuali metodi di esecuzione.
Nel terzo capitolo la questione della pena di morte è inserita in un contesto più ampio; si analizzano infatti gli effetti e soprattutto l’attuale impegno dei diversi mezzi di comunicazione nella lotta all’abolizione della pena capitale.
Nel quarto ed ultimo capitolo vengono esposti i principali casi mediatici come quello di Safyia Hussaini, Amina Lawal e Rocco D.Barnabei, nomi a cui viene associato un volto ed una voce grazie all’aiuto dei mezzi di comunicazione.
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Informazioni tesi
Autore: | Adriana Abbamonte |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Gianfranco Pecchinenda |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 195 |
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