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L'impetizione come forma di relazione nell'organizzazione del lavoro

La ricerca parte dall’analisi delle categorie che consentono il passaggio dalla singolarità alla pluralità (doppio, duplice, duale) per esaminare le susseguenti tipologie di relazione fra gli individui nell’organizzazione del lavoro, le quali dipendono a loro volta dall’ideologia sottostante: se si considerano gli altri come ‘cosa’, si dà origine alla cooperazione (forma del doppio) tramite la quale il signore produce i suoi servi; se si considerano gli altri come individui irriducibili, si dà origine tanto alla collaborazione quanto alla competizione (forme del duale), categorie dunque assolutamente assimilabili contrariamente a quanto molta letteratura indica e comunque per motivi diversi da quelli pure sporadicamente proposti, ma tramite esse si pone al di fuori del gruppo una entità (il re, l’organizzazione) che fungerà da signore, cosicché in questo caso sono i servi a produrre il proprio signore; se infine si considerano gli altri come altro-da-sé/altro-di-sé di cui si ha necessità per essere riconosciuti, allora si avranno forme di relazione fra le autocoscienze le quali fanno si che signore e servo si producano vicendevolmente, una di queste forme è quella che prende il nome di impetizione (forma del duplice), nella quale il signore è visto come seduttore ed il servo come impetitore.

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MAURIZIO LANCELLOTTI L‟IMPETIZIONE COME FORMA DI RELAZIONE NELL‟ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO 4/85 Prefazione Die Begierde hat sich das reine Negieren des Gegenstandes, und dadurch das unvermischte Sesbstgefühl vorbehalten. Diese Befriedigung ist aber deswegen selbst nur ein Verschwinden, denn es fehlt ihr die gegenständliche Seite oder das Bestehen. Die Arbeit hingegen ist gehemmte Begierde, aufgehaltenes Verschwinden, oder sie bildet (Hegel, die Phänomenologie des Geistes). Questo testo intende richiamare gli aspetti salienti di una ricerca da me condotta attraverso quasi tre lustri di empeiria, alla quale negli ultimi anni ho affiancato l‟epistème, intesa in termini di studio ed approfondimento di elementi utili alla individuazione e fruizione di determinate categorie inerenti al “lavoro”. Sono così giunto fino all‟esame di uno di quegli “aspetti soggettivi dello sviluppo della classe lavoratrice nel capitalismo monopolistico” che – come evidenzia Paul Sweezy nella sua introduzione a Lavoro e capitale monopolistico di Harry Braverman1 – non sono stati finora sufficientemente indagati, al punto che per meglio delineare il contesto di riferimento oggetto della mia analisi ho dovuto introdurre la categoria della „impetizione‟: in realtà, tale termine – di origine latina – esiste in una specifica accezione nella lingua inglese („impetition‟) e già appare, per quanto ho potuto appurare, nella lingua italiana ad es. in una lettera del 4 Settembre 1752 “del commissario generale cavalier Morosini sulla impetizione del governo di Milano per la notificazione da farsi da bergamaschi al governo di Milano medesimo di beni che eglino posseggono nella Carchietta” e recentemente proposto come sinonimo da utilizzare al posto dell‟inglese impeachment. Tuttavia, io mi riferisco alla impetizione non tanto in termini di impetire cioè di citare in giudizio, quanto soprattutto in quello di impetere, quindi da un lato di assalire (come sinonimo di irruere), dall‟altro di rivolgersi ad una autorità riconosciuta. Nel primo dei due ultimi significati cui faccio riferimento il termine è stato proposto da una rivista digitale di sport ed educazione fisica (http://www.efdeportes.com/ Revista Digital - Buenos Aires - Año 6 - N° 32 - Marzo de 2001) : “la actitud de estos atletas los hacen volcarse de manera irreflexiva e incondicional hacia el objetivo, sin atender el costo emocional por grande que resulte. Decidimos así denominarlo "Impetere", voz latina que significa embestir, acometer impetuosamente”. Nell‟ambito della mia ricerca, a questo significato si aggiunge l‟altro summenzionato e – come vedremo – dalla combinazione dei due scaturisce l‟impetizione, che si iscrive sotto il segno dell‟IN e perciò si differenzia dalla competizione, la quale invece al pari della collaborazione e della cooperazione, si iscrive sotto il segno del CUM. Competizione, collaborazione, cooperazione non sono in antitesi alla impetizione, anzi i capi delle organizzazioni totalitarie conoscono ed usano entrambi i registri, mentre gli studiosi ad oggi ne vedono uno solo e su quello si rigirano in analisi e discussioni di lana caprina, perdendo di vista quel che pure ad un‟attenta analisi risulterebbe evidente. Ora, poiché una siffatta attività di norma è svolta dal filosofo, desidero in questa sede precisare che io sono piuttosto un mero osservatore, con una qualche nozione teorica, laddove mille osservatori fanno un pensatore e cento pensatori un filosofo. Lungi dallo svilirmi per questa mia posizione marginale in una ipotetica gerarchia della capacità di pensiero, io mi rendo viceversa conto dell‟importanza del ruolo degli osservatori per lo sviluppo della techne, come messo in luce da Aristotele al principio del Libro I della sua Metà Ta Fusikà. Come già Harry Braverman, operaio di mestiere, mise a frutto la sua esperienza ed i suoi studi per indagare la degradazione del lavoro durante il secolo scorso, così mi sono reso conto che io, impiegato di ufficio, avrei potuto in un certo senso completare un siffatto „lavoro‟, inteso – contrariamente a quanto esso generalmente 1 Braverman, H., Lavoro e capitale monopolistico. La degradazione del lavoro nel XX secolo, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1978.

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