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Il museo al servizio della comunità. Il caso degli ecomusei piemontesi

Negli ultimi trent’anni una forma di museo innovativa si è fatta strada in molti paesi, tra i quali anche l’Italia. Si tratta dell’ecomuseo, che dalla sua nascita in Francia intorno agli anni ’70 è diventato oggi un’istituzione presente in tutti i continenti. Questo lo si deve principalmente a due museologi francesi Hugues de Varine e Georges-Henri Rivière considerati i padri fondatori degli ecomusei e ideatori dello stesso termine che avrà poi un discreto successo in tutto il mondo.

I due studiosi francesi si sono impegnati per trasformare in realtà la loro idea di un nuovo museo: un museo che, oltre a fornire un servizio di conservazione della cultura, rappresentasse anche una risorsa in più per la comunità all’interno della quale nasceva. Da queste idee nasce una filosofia che, grazie alla sua malleabilità e adattabilità, verrà ripresa e reinterpretata in molti diversi contesti fino ad oggi.

Questa relazione non è uno studio approfondito sulla materia, ma piuttosto una ricerca sul campo, l’aspetto più interessante degli ecomusei è infatti la loro originalità e la capacità di adattarsi a diversi contesti. Lo studio è stato fatto in quella che è la regione capofila per il riconoscimento degli ecomusei: il Piemonte, dove dal 1995 esiste una legge in materia. Poiché si tratta di un’analisi sul campo di tre realtà molto diverse fra loro, sarà difficile trarre delle conclusioni generali sul movimento ecomuseale, ma sarà invece più interessante vedere come nella pratica questi musei si muovono.

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4 Introduzione Negli ultimi trent’anni una forma di museo innovativa si è fatta strada in molti paesi, tra i quali anche l’Italia. Si tratta dell’ecomuseo, che dalla sua nascita in Francia intorno agli anni ’70 è diventato oggi un’istituzione presente in tutti i continenti. Quasi contemporaneamente alle grandi conquiste sociali portate dalla rivoluzione del ’68, anche in campo culturale e museologico si cominciava ad assaporare lo stesso gusto per la novità e il cambiamento. Tuttavia, la Nuova Museologia, ossia quella corrente innovatrice che si fa spazio all’interno della museologia classica, vedrà la luce ufficialmente solo nei primi anni ’80. Ma se gli organismi internazionali deputati alla conservazione dei beni artistici impiegarono tanto tempo per riconoscere l’importanza di questo processo, nulla impedì ad alcuni studiosi ed esperti della materia di impegnarsi in prima persona per portare avanti esperimenti di nuovi musei all’avanguardia. Tra questi i museologi francesi Hugues de Varine e Georges-Henri Rivière considerati i padri fondatori degli ecomusei e ideatori dello stesso termine che avrà poi un discreto successo in tutto il mondo. I due studiosi francesi si sono impegnati per trasformare in realtà la loro idea di un nuovo museo: un museo che, oltre a fornire un servizio di conservazione della cultura, rappresentasse anche una risorsa in più per la comunità all’interno della quale nasceva. Da queste idee nasce una filosofia che, grazie alla sua malleabilità e adattabilità, verrà ripresa e reinterpretata in molti diversi contesti fino ad oggi. In particolare l’ecomuseo basa la sua forza sull’innovazione di tre concetti chiave: territorio, comunità e patrimonio. Il territorio non è più considerato solo come mero spazio sopra il quale si vive ma come un denso intreccio di relazioni umane. La comunità raggiunge un’importanza che non ha mai avuto prima e diventa il fulcro dell’azione ecomuseale. Il patrimonio diventa globale, raccogliendo ogni reperto, materiale e immateriale, che una determinata cultura ha disseminato sul territorio. In più di trent’anni di storia molte cose sono cambiate per gli ecomusei, ma la loro forza è dimostrata dal fatto che se ne parli ancora oggi e anzi, lo si faccia sempre più spesso. Questo lavoro nasce dall’interesse per un fenomeno relativamente nuovo in Italia, ma che si sta rapidamente espandendo in tutte le regioni. Quello che qui si è voluto fare non è uno studio approfondito sulla

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