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Il mondo animale nella visione di viaggiatori europei moderni (1642-1836)

Il presente lavoro vuole rappresentare essenzialmente un tentativo di mettere a confronto il comportamento e la cultura degli Europei e degli abitanti di aree di ritardata civilizzazione (nella fattispecie: Africa centrale e australe, Americhe, Oceania e alcuni lembi dell' Asia meridionale insulare e nord-orientale nei pressi dello stretto di Bering), in relazione ai diversi rapporti che possono instaurarsi fra gli animali e l'uomo. E' forse utile precisare che la parola cultura viene qui usata nel suo significato antropologico, ossia "vuole denominare (...) il complesso delle attività e dei prodotti intellettuali e manuali dell'uomo-in-società, quale che ne siano le forme e i contenuti, l'orientamento e il grado di complessità o di consapevolezza, e quale che ne sia la distanza dalle concezioni e dai comportamenti che nella nostra società vengono più o meno ufficialmente riconosciuti come veri, giusti, buoni, e più in genere «culturali»" . Ci si occuperà, pertanto, sia degli aspetti materiali come possono essere l'utilizzazione pratica degli animali a scopo alimentare o per procurarsi degli abiti; sia degli aspetti "intellettuali" come ad esempio i riti, i miti o le osservazioni scientifiche.
Il periodo storico considerato, va dal resoconto del missionario italiano Francesco Giuseppe Bressani, che tratta del suo soggiorno in nord america dal 1642 al 1644, fino al viaggio sul brigantino "Beagle", compiuto da Charles Darwin dal 1831 al 1836. Le fonti sono costituite per lo più da resoconti di esploratori e viaggiatori. Si pone il problema, per altro insormontabile, della loro maggiore o minore obbiettività, soprattutto per quanto riguarda le testimonianze che si riferiscono agli Indigeni; sia perché questi ultimi non hanno ovviamente lasciato nessun documento scritto, sia perché chi invece ha scritto, non essendo, dati i tempi, antropologo di professione, può facilmente essersi lasciato andare ad una sorta di etnocentrismo, e a vari pregiudizi o condizionamenti di ordine religioso, morale, politico e razziale. Si ha quindi la consapevolezza che non essendo possibile trattare di come gli Indigeni consideravano gli animali, si tratterà, più propriamente, di come gli Europei reputavano che gli Indigeni considerassero gli animali; confidando che non sempre gli autori dei resoconti in questione, abbiano, più o meno consapevolmente, alterato la realtà dei fatti.

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6 CONSIDERAZIONI GENERALI Il presente lavoro vuole rappresentare essenzialmente un tentativo di mettere a confronto il comportamento e la cultura degli Europei e degli abitanti di aree di ritardata civilizzazione (nella fattispecie: Africa centrale e australe, Americhe, Oceania e alcuni lembi dell' Asia meridionale insulare e nord-orientale nei pressi dello stretto di Bering), in relazione ai diversi rapporti che possono instaurarsi fra gli animali e l'uomo. E' forse utile precisare che la parola cultura viene qui usata nel suo significato antropologico, ossia "vuole denominare (...) il complesso delle attività e dei prodotti intellettuali e manuali dell'uomo-in-società, quale che ne siano le forme e i contenuti, l'orientamento e il grado di complessità o di consapevolezza, e quale che ne sia la distanza dalle concezioni e dai comportamenti che nella nostra società vengono più o meno ufficialmente riconosciuti come veri, giusti, buoni, e più in genere «culturali»" 1 . Ci si occuperà, pertanto, sia degli aspetti materiali come possono essere l'utilizzazione pratica degli animali a scopo alimentare o per procurarsi degli abiti; 1 CIRESE Alberto M., "Cultura egemonica e culture subalterne", Palermo, 1973, p. 5.

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