Il cinema e la lotta armata in Italia: dalla fabbrica al caso Moro
Gli anni Settanta, in Italia, rappresentano senz’altro uno dei periodi più drammatici e allo stesso tempo affascinanti della storia recente del nostro Paese.
La mia scelta è quella di raccontare, attraverso alcuni film cardine del genere, la lotta armata limitatamente proprio a quel periodo iniziato a fine anni Sessanta, caratterizzato dagli scioperi, dalle rivendicazioni salariali nelle fabbriche e dalle tensioni sociali in genere, e concluso, passando per sanguinari passaggi intermedi, dieci anni dopo in via Caetani con il ritrovamento del cadavere dell’Onorevole Aldo Moro.
Il mio studio, prima di passare alla visione dei film, è stato dedicato all’approfondimento, attraverso la consultazione di molti volumi e la visione di alcuni documentari, del contesto storico-sociale, per poter poi essere critico nell’analisi delle pellicole considerate. Il resoconto, basato anche sulle testimonianze rilasciate nei libri intervista di alcuni brigatisti come Alberto Franceschini e Mario Moretti, lascia emergere un quadro complesso e, talvolta, contraddittorio, che offre quindi allo strumento filmico innumerevoli possibilità interpretative.
Già a partire dal 1970 il cinema propone diverse pellicole che prendono in considerazione, testimoniano e analizzano il contesto che si stava vivendo, raccontando, a volte attraverso sapienti metafore e decontestualizzazioni altre volte in modo esplicito, le contraddizioni presenti nella società durante quella bollente stagione. Ho voluto fornire, nel primo capitolo, una panoramica il più possibile completa dei film che si ricollegano, a vario titolo, alla stagione degli anni di piombo. Da qui emergono diverse chiavi di lettura e la presenza di un attore che diventa icona assoluta del genere di impegno politico civile: Gian Maria Volonté.
Poi, entrando nello specifico dell’argomento della mia tesi, per scendere nei fermenti dei primissimi anni Settanta ho scelto due film di Elio Petri: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971). Con il primo entriamo direttamente nei gangli di un’Istituzione come la Polizia, presentata dal regista, attraverso la vicenda del personaggio-protagonista chiamato “il Dottore”, come moralmente corrotta. Con il secondo film scendiamo nel bel mezzo della logorante vita in fabbrica e dei ritmi di lavoro vertiginosi attraverso la vicenda del protagonista “Lulù”. Petri non si limita però a mostrarci la corruzione nella Polizia e il meccanismo distorto del cottimo in fabbrica, ma compie il passo successivo, inscenando quanto queste condizioni siano talmente radicate nel sistema da essere assolutamente immodificabili. I due protagonisti delle vicende, in entrambi i casi interpretati da uno strepitoso Gian Maria Volonté, tentano di sfidare coraggiosamente il “meccanismo” ma ne escono inevitabilmente sconfitti: il cambiamento è tristemente inattuabile. Emerge l’immagine di una società divisa in compartimenti stagni e che non offre la possibilità al singolo di modificare la propria condizione e quella della collettività.
Il percorso parallelo tra cinema e cronaca si conclude con la trattazione di tre film dedicati al caso Moro: Il Caso Moro (Giuseppe Ferrara, 1986), Buongiorno, notte (Marco Bellocchio, 2003) e Piazza delle Cinque Lune (Renzo Martinelli, 2003) in un capitolo che ho titolato “Tre sguardi su Moro”. I tre film propongono chiavi interpretative piuttosto differenti tra loro. Il Caso Moro è il più vicino ai fatti e mette in scena in modo esplicito la regia, guidata da P2 e Servizi Segreti, che avrebbe gestito il sequestro. Il regista di Buongiorno, notte prende invece spunto dalle memorie della brigatista Anna Laura Braghetti, inquilina di via Montalcini durante il sequestro, per creare un film che tralascia la dietrologia e ci presenta come protagonista una brigatista, nel film chiamata Chiara, che prova compassione per il suo prigioniero fino al punto di sognarlo libero. Bellocchio tradisce i fatti, facendo prevalere l’immaginazione della sua protagonista e di un epilogo, seppur solamente sognato, diverso dalla triste realtà. Piazza delle Cinque Lune è invece il tipico film di indagine, che alimenta la visione cospirativa. Rifacendosi al titolo dell’ultimo capitolo si potrebbe dire che il concetto stesso di ’sguardo’ esemplifichi l’idea della varietà di racconti possibili; della possibilità, gettando l’occhio in modo differente o scegliendo soggetti diversi, di mostrare sempre qualcosa di nuovo sul periodo della lotta armata di sinistra nel nostro Paese. Il mio elaborato diventa quindi uno di questi sguardi rivolti alla stagione considerata: una prospettiva personale che passando per una minuziosa ricostruzione storica dei fatti giunge all’analisi di alcuni film che hanno senz’altro fornito una testimonianza, a volte contemporanea ai fatti e in altre occasioni di molti anni successiva, spesso sottovalutata.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Fontana |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Verona |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Giornalismo |
Relatore: | Paola Palma |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 160 |
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