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Il Brand tra Individualismo e Community. Il ConsumAttore nell’Era del Postmodernismo

L’era del postmodernismo, caratterizzata da un mercato maturo, affollato ed esteso, con una domanda iperframmentata e volubile ed un’offerta basata sul fenomeno del “me too” (dove ogni bene di consumo è riproducibile e clonabile), ha fatto sì che l’individuo diventasse sempre più esigente e che la concorrenza per l’impresa diventasse sempre più spietata.
Di conseguenza, l’impresa per sopravvivere, si è trovata a dover modificare le proprie strategie di marketing, cercando di coinvolgere sempre di più i suoi clienti nelle decisioni aziendali. Lo stesso consumatore, infatti, è cambiato e per definire questa evoluzione, sono stati adottati termini quali consumATTORE o prosumer (producer–consumer), che identificano un individuo che riveste un ruolo più attivo nel processo che coinvolge le fasi di creazione, produzione, distribuzione, consumo.
L’unico fronte sul quale l’impresa può ancora fare la differenza ed articolare la distinzione rispetto ai competitors è quello della marca.
La marca, intesa sempre più come esperienza per il consumatore moderno, cessa di essere semplice depositaria di benefit tangibili e performance oggettive ed estende il suo dominio all’area delle passioni, dei sentimenti, delle sensibilità, degli ideali e dei valori.
La marca, dunque, non solo identifica, orienta, garantisce, ma comunica, esprime, personalizza, facilita il contatto, crea relazioni e commitment.
L’elaborato è il risultato di una serie di riflessioni circa l’evoluzione del concetto di brand e della funzione che la marca svolge nella società, affrontando il tema della sua personalizzazione e del passaggio da “brand creatore di life style” a brand costruttore-fornitore di esperienze per gli individui che ne fanno uso.
Così come vi è stata un’evoluzione del ruolo della marca, allo stesso tempo sono cambiati anche i desideri dei consumatori. Sono stati posti al centro dell’analisi, perciò, i bisogni del consumatore postmoderno, riassunti nei concetti di individualismo, differenziazione sociale e nel desiderio di comunità. A partire da questi elementi, sono stati analizzati i due approcci dominanti del marketing postmoderno, l’approccio Nord Europeo e l’approccio Latino/Mediterraneo. Si è osservato, successivamente, il rapporto instaurato tra il consumatore ed il brand, che può diventare così intenso da far sviluppare delle comunità virtuali sorte in maniera spontanea, le brand community created by consumer, o ricercate dall’azienda, come nel caso delle brand community created for consumer.
Sono proprio le nuove tecnologie digitali, Internet in primis, che, grazie alla loro forza interattiva, sono in grado di potenziare l’immaterialità della marca, estenderne i confini e facilitare la costruzione di gruppi di fedeli ad un determinato brand.
La parte finale del lavoro è stata dedicata, quindi, all’analisi delle community sorte attraverso l’uso del web, tenendo conto sia di quei gruppi sorti attorno al brand per volontà dei consumatori, sia dell’importanza delle community virtuali create dalle imprese per i consumatori.
Per portare avanti questa riflessione, sono state analizzate nello specifico, dunque, le brand community aziendali della Fiat 500, della Family Ikea, la comunità virtuale della Pampers e quella del Nel Mulino che Vorrei.
L’analisi termina con l’esposizione di come, nella fase contemporanea, non si possa sostenere che i consumatori siano spinti ad una forma di fidelizzazione ad un brand esclusivamente per un bisogno di costruzione del self concept.
L’obiettivo di questo studio è stato, infatti, quello di dimostrare che alla base della scelta d’acquisto di un consumatore non vi è solo ed esclusivamente un bisogno di affermare la propria unicità e di costruire la propria identità attraverso l’immagine del brand, ma anche un desiderio di comunità che negli ultimi anni si è manifestato con maggiore vigore.

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3 INTRODUZIONE L‟avvento dei social network nell‟era del web 2.0 ha cambiato radicalmente il concetto di brand che ha subito un‟evoluzione del suo significato, da “nome, termine, simbolo con lo scopo di identificare beni/servizi di un’impresa e di distinguerli da quelli offerti dalla concorrenza” (Kotler, 1992), a “complesso fattore di conoscenza” (Keller, 2004), che racchiude in sé aspettative del consumatore e valori dell‟impresa. Attraverso l‟uso del brand, infatti, il venditore differenzia la propria offerta da quella dei competitors, esprimendo al segmento di mercato servito una propria identità. Al contempo il cliente percepisce la marca come un paniere di attributi, i quali possono essere tangibili o intangibili, tecnico-funzionali o simbolici. Ne consegue che l‟importanza di un attributo per un individuo è strettamente legata ai suoi valori, alle sue esigenze e che quindi varia a seconda del background culturale e dei bisogni specifici dello stesso. La conoscenza delle priorità dei vari segmenti del mercato consente alle imprese di sviluppare diversi concetti di marca, concepiti per soddisfare le aspettative dei segmenti target, rispetto alla diversità dei bisogni dei consumatori. La prima distinzione che occorre fare in sede di analisi è tra il concetto di marchio e quello di marca. Questi termini, infatti, anche se nel linguaggio comune sono utilizzati spesso come sinonimi, sono espressione di significati diversi. Il primo è lo strumento attraverso il quale le imprese tutelano giuridicamente la propria marca, il secondo è la manifestazione di un concetto astratto, simbolico che permette all‟impresa di comunicare al cliente il proprio know-how ed il proprio saper essere. Il brand svolge diverse funzioni, divisibili in due categorie: quelle di utilità diretta per il cliente e quelle strategiche per il produttore. Attraverso la marca, che viene percepita come un messaggio informativo dei benefici offerti dal prodotto, il cliente orienta le proprie scelte d‟acquisto e collega ad un nome un determinato assortimento di attributi. Inoltre, la marca svolge una funzione di garanzia, ovvero

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