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INTRODUZIONE
L‟avvento dei social network nell‟era del web 2.0 ha cambiato radicalmente il
concetto di brand che ha subito un‟evoluzione del suo significato, da “nome,
termine, simbolo con lo scopo di identificare beni/servizi di un’impresa e di
distinguerli da quelli offerti dalla concorrenza” (Kotler, 1992), a “complesso
fattore di conoscenza” (Keller, 2004), che racchiude in sé aspettative del
consumatore e valori dell‟impresa.
Attraverso l‟uso del brand, infatti, il venditore differenzia la propria offerta da
quella dei competitors, esprimendo al segmento di mercato servito una propria
identità. Al contempo il cliente percepisce la marca come un paniere di attributi, i
quali possono essere tangibili o intangibili, tecnico-funzionali o simbolici. Ne
consegue che l‟importanza di un attributo per un individuo è strettamente legata ai
suoi valori, alle sue esigenze e che quindi varia a seconda del background
culturale e dei bisogni specifici dello stesso.
La conoscenza delle priorità dei vari segmenti del mercato consente alle imprese
di sviluppare diversi concetti di marca, concepiti per soddisfare le aspettative dei
segmenti target, rispetto alla diversità dei bisogni dei consumatori.
La prima distinzione che occorre fare in sede di analisi è tra il concetto di marchio
e quello di marca. Questi termini, infatti, anche se nel linguaggio comune sono
utilizzati spesso come sinonimi, sono espressione di significati diversi.
Il primo è lo strumento attraverso il quale le imprese tutelano giuridicamente la
propria marca, il secondo è la manifestazione di un concetto astratto, simbolico
che permette all‟impresa di comunicare al cliente il proprio know-how ed il
proprio saper essere.
Il brand svolge diverse funzioni, divisibili in due categorie: quelle di utilità diretta
per il cliente e quelle strategiche per il produttore. Attraverso la marca, che viene
percepita come un messaggio informativo dei benefici offerti dal prodotto, il
cliente orienta le proprie scelte d‟acquisto e collega ad un nome un determinato
assortimento di attributi. Inoltre, la marca svolge una funzione di garanzia, ovvero
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rappresenta un patto stretto tra il suo proprietario ed il cliente, ed è un mezzo di
comunicazione sociale, perché consente al consumatore di esprimere il proprio
self sulla base del sistema di valori associato al brand.
Come prima accennato, la marca svolge una serie di funzioni utili all‟impresa per
difendersi dai concorrenti nel lungo periodo. Essa permette, infatti, un
posizionamento nel mercato rispetto alla concorrenza, una comunicazione con i
consumatori finali, tutela il prodotto da eventuali imitazioni o contraffazioni e
soprattutto consente all‟impresa di creare una relazione con il cliente ed una sua
fidelizzazione. Tutte queste funzioni trasformano le marche in barriere
all‟ingresso di nuovi concorrenti sul mercato. Attribuire un brand ad un prodotto
significa farlo uscire dal limbo delle commodity, di identificare e differenziare il
bene venduto, nonché di aumentare il valore dell‟offerta.
L‟azienda, per differenziarsi, deve compiere degli sforzi volti a migliorare la
qualità dei prodotti offerti, ad aumentare i vantaggi che derivano al consumatore
dal loro impiego ed in parte accrescere i valori di ordine culturale e di percezione
della marca che si vogliono introdurre e mantenere.
I fattori più importanti che agiscono sui driver di valore sono la notorietà, la
fedeltà, la qualità percepita ed il valore della proprietà intellettuale.
La notorietà induce il consumatore ad identificare la marca con una famiglia di
prodotti di qualità e se ne possono individuare diversi gradi. Essa riflette la
conoscenza del brand anche da parte dei consumatori meno motivati
nell‟acquistare determinati prodotti, i quali esprimono comunque più fiducia nei
prodotti di marca, che sentono maggiormente vicini e familiari, rispetto ad altri
beni venduti senza marchio.
Il termine fedeltà sta a significare una maggiore attrazione, razionale o irrazionale,
dei clienti nei riguardi del brand. Vengono indicati in letteratura cinque livelli di
fedeltà crescente, in base ai quali i consumatori vengono differenziati in:
consumatori infedeli, consumatori abituali, consumatori soddisfatti, consumatori
amici della marca e consumatori coinvolti.
La qualità percepita è un fattore che influisce sul valore del bene da valutare e
dipende dal consumatore, il quale percepisce complessivamente una determinata
specificità e superiorità del prodotto venduto con il brand rispetto alle alternative
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offerte dal mercato. Tuttavia il cliente non è sempre in grado di valutare la qualità
del prodotto di marca acquistato ed in tali casi accorda la preferenza a prodotti che
sente più vicini sulla base di caratteristiche per lui importanti o di sensazioni e
immagini percepite che associa al brand aziendale.
Per quanto riguarda il valore della proprietà intellettuale, se l‟azienda è titolare di
un insieme rilevante di beni intellettuali, in termini di copyright, brevetti,
tecnologie, è chiaro che il complesso di questi beni concorrerà ad aumentare la
qualità dei prodotti e dei servizi resi ai consumatori, nonché ad incrementare il
valore della marca.
Il brand è, quindi, una garanzia di qualità e più esattamente garantisce al
consumatore uno standard uniforme di performance. Esso diminuisce il rischio
percepito dal consumatore e, soprattutto nel caso dell‟abbigliamento e dei prodotti
di lusso “valorizza il consumatore”, poiché trasferisce la sua identità nelle
persone, mettendo in atto un processo di identificazione e di protezione.
Dall‟influenza della marca nella vita sociale e del bisogno del consumatore
postmoderno di soddisfare una ricerca non solo di self identity, ma anche di social
identity scaturisce questa riflessione, orientata ad analizzare i nuovi volti assunti
brand all‟interno di una società globale, ponendo attenzione nello specifico sia al
bisogno di differenziazione e di individualismo, sia della ricerca di socialità,
quest‟ultima soddisfatta attraverso lo sviluppo delle brand community.
Nel primo capitolo si è discusso circa la differenza concettuale del termine
marchio e del termine marca, tracciando un breve resoconto storico di entrambi.
E‟ stata, dunque, focalizzata l‟attenzione sul significato del termine “marca” e
sulla funzione del brand nella società contemporanea, utilizzando sia la
definizione data da Fournier, sia quella fornita da Lambin. Successivamente,
riferendoci ai contributi di Martineau circa il concetto di brand personality, è stato
opportuno introdurre lo schema del «Brand identity prism» offerto da Kapferer.
In seguito è stato affrontato il tema della personalizzazione del brand e del
passaggio da “brand creatore di life style” a brand costruttore-fornitore di
esperienze per gli individui che ne fanno uso.
Per poter analizzare la funzione svolta attualmente dal brand, è stato descritta
l‟evoluzione che la marca ha vissuto a partire dall‟epoca pre-industriale,
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all‟avvento della rivoluzione industriale, fino alla successiva epoca
dell‟espansione economica della seconda metà del Novecento. Si è poi dissertato
in merito a quella che è stata definita la “crisi della marca” negli anni ‟90 (segnata
dal «Venerdì della Marlboro») e la ripresa della stessa nell‟epoca post-moderna,
con l‟affermarsi del brand quale portatore di valori e linguaggio più profondo per
l‟individuo.
Il resto del primo capitolo è stato poi incentrato sul rapporto diadico brand -
individuo, accennando anche ai cambiamenti che si sono avuti in merito alla
figura del consumatore, diventato sempre meno “acquirente” e sempre più
individuo, ed il passaggio dal consumo di massa al marketing relazionale. Citando
autori quali Weber, Goffman e Simmel, si è parlato dell‟individuo come un
soggetto con identità fluttuante, disgregato in molteplici rappresentazioni del sé
che, a causa di una sovrastimolazione urbana, ha assunto col tempo un
atteggiamento blasè.
Da queste osservazioni è stato delineato il nuovo imperativo per la marca che deve
produrre senso, stimolare e, come direbbe Semprini, deve possedere la «capacità
d‟istituzione di mondi possibili».
Si è affrontato in seguito il tema della qualità della relazione tra il consumatore e
la marca, la Brand Relationship quality, introdotta in letteratura da Fournier e
l‟avvicinarsi sulla scena di un nuovo attore, il gruppo sociale, che ha trasformato
la relazione diadica in un legame triadico.
Per spiegare questo rapporto composto dai tre attori individuo – brand – membro
del gruppo sociale, vi è stato innanzitutto un tentativo di fornire una definizione
del concetto di “gruppo”, distinguendo tra piccoli e grandi gruppi, tra gruppi
primari e gruppi secondari, gruppi formali e gruppi informali, per poi parlare del
“gruppo di riferimento”, quale può essere definito il gruppo creatosi attorno al
brand. In merito a quest‟argomento si è dissertato circa lo svilupparsi di una vera
e propria rete sociale costruitasi attorno alla marca, caratterizzata dalla presenza di
legami di tipo primario o secondario, di legami deboli e di legami forti,
richiamando all‟attenzione la teoria degli structural holes di Burt.
Si è parlato della dinamicità dell‟individuo, il quale compie movimenti da una
rete all‟altra e dei rapporti di consonanza o di risonanza che può instaurare con i
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brand. Si è detto, quindi, del passaggio da “consumatore isolato” a consumatore
membro di un gruppo e della marca come strumento per l‟identificazione sociale.
Il secondo capitolo è stato dedicato all‟analisi dell‟influenza che l‟ambiente
sociale esercita nei comportamenti d‟acquisto, nonché dell‟importanza che assume
la marca nella costruzione dell‟identità sociale. Innanzitutto è stata fornita una
breve definizione del concetto d‟identità, utilizzando i contributi offerti da
Erikson, James, Mead e Cooley. Si è discusso, successivamente, dell‟aspetto
negoziale dell‟identità, richiamando il pensiero di Goffman e la Teoria della
Social Identity. Successivamente, sono stati posti al centro dell‟analisi i bisogni
del consumatore postmoderno, riassunti nei concetti di individualismo,
differenziazione sociale e nel desiderio di comunità. A partire da questi elementi,
sono stati analizzati i due approcci dominanti del marketing postmoderno,
l‟approccio Nord Europeo e l‟approccio Latino/Mediterraneo.
Nel terzo ed ultimo capitolo, si è osservato il rapporto instaurato tra il
consumatore ed il brand, che può diventare tanto intenso da portare ad una
fidelizzazione del cliente tale da sviluppare delle comunità virtuali, sorte in
maniera spontanea, le brand community created by consumer, o ricercate
dall‟azienda, come nel caso delle brand community created for consumer.
Queste nuove forme di aggregazione sociale, legate all‟appartenenza ad un
marchio, inteso non più come nome o simbolo di un bene, bensì come espressione
di valori e stili di vita hanno portato allo sviluppo di nuove riflessioni, relative alla
nascita di comunità che alcuni autori come Cova e Maffesoli hanno definito col
termine “tribù” o “brand tribe”.
L‟interesse dell‟azienda, nell‟epoca postmoderna, non si deve più focalizzare sulla
relazione che intercorre tra il brand ed il cliente, ma deve concentrarsi sulla
relazione di interdipendenza che sussiste tra un cliente e un altro.
I singoli individui, infatti, negli ultimi anni stanno cercando di dare un senso alla
propria esistenza, non più soltanto attraverso un consumo di tipo individualistico,
ma cercando di fare del consumo stesso un modo per instaurare legami con altri,
sviluppando una relazione interpersonale. Questo è il fattore che sta dando forte
impulso alla creazione spontanea di gruppi sociali fidelizzati ad un brand, nei
quali è presente una rete di individui che condividono dei legami d‟identità forti.
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L‟utente tende a assemblarsi in community per affermare la propria individualità,
poiché il senso d‟appartenenza offre ad ognuno la possibilità di sentirsi un
individuo unico.
La parte finale dell‟elaborato è concentrata sull‟importanza delle community
create dalle imprese per i consumatori sorte mediante l‟uso del web e, per portare
avanti questa riflessione, sono state analizzate nello specifico le brand community
aziendali della Fiat 500, della Family Ikea, la comunità virtuale della Pampers e
quella del Nel Mulino che Vorrei. Inoltre, si è tenuto conto anche di quei gruppi
sorti attorno al brand per volontà dei consumatori, ovvero le brand community
created by consumer, attraverso l‟uso dei blog e dei social media.
Il lavoro termina, quindi, esponendo come nell‟epoca del postmodernismo non si
possa sostenere che i consumatori siano spinti ad una forma di fidelizzazione ad
un brand esclusivamente per un bisogno di costruzione del self concept.
Infatti, oltre il desiderio di individualizzazione e di differenziazione, ve ne sono
altri legati soprattutto alla volontà di appartenere ad un gruppo e ad interagire con
altri individui riconosciuti come propri simili. L‟affinità con questi soggetti è data
dal fatto che essi nutrono le stesse passioni e la stessa ammirazione per una marca,
essendo tutti membri della stessa brand community, ed anche se possono essere
geograficamente distanti, riescono facilmente ad interagire, a confrontarsi e a
raggiungersi attraverso l‟uso del web.
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CAPITOLO I
CHE COSA E‟ UNA MARCA
“Le grandi aziende possono produrre le merci
ma quello che i consumatori acquistano sono le marche”
N. Klein
1.1 Marchio o marca?
Il termine marchio deriva dal latino Marculus diminutivo di Marcus, martello, in
origine era l‟impronta fatta con ferro rovente sul corpo dei cavalli o di altri
animali per riconoscerli, o sulla spalla dei condannati per delitti infamanti (detta
anche marchio d’infamia). Il marchio, attualmente è un «segno distintivo,
costituito da un emblema o da una denominazione impressi o applicati sui
prodotti, sulle merci o sui loro contenitori, allo scopo di indicarne la provenienza
da una determinata impresa che li abbia fabbricati (marchio di fabbricazione) o
posti in commercio (marchio di commercio), che viene impresso su un oggetto o
comunque associato ad esso, in modo da renderlo riconoscibile e da indicarne
alcune caratteristiche peculiari
1
».
Nella realtà industriale e commerciale, il marchio è un segno distintivo tipico di
un‟azienda, di un ente o di un' organizzazione ed ha la funzione di consentire ai
consumatori di distinguere i prodotti o servizi dell‟impresa produttrice del
marchio dai prodotti o servizi delle altre. E‟ lo strumento con il quale le imprese
tutelano giuridicamente la propria marca ed è garanzia di un certo livello
1
Enciclopedia europea, volume VII Luta-neutrone, Aldo Garzanti editore, 1978, cit. pp. 210-211.
10
qualitativo o di determinate prestazioni di un prodotto o di un servizio. Ha anche
la funzione di “guidare” i consumatori alla scelta qualitativa di un prodotto.
Un marchio conosciuto permette all‟azienda di trasferire a basso costo
informazioni sulla qualità e sulle caratteristiche dei suoi prodotti, facilitando al
tempo stesso il consumatore nella ricerca del prodotto desiderato. Adottando segni
distintivi il più possibile originali ed attraenti, l‟azienda cerca, quindi, d‟infondere
nei consumatori una sensazione di positività, originata appunto dal marchio, che si
estende automaticamente al prodotto venduto con quel determinato segno.
Il marchio rappresenta, in sostanza, un valore per l‟azienda e contribuisce ad
aumentare i profitti ed a raggiungere determinati obiettivi. Esso è un qualunque
segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, purché sia idoneo a
distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli delle altre.
Al contrario del marchio, che é un concetto statico di natura giuridica, la marca é
un concetto astratto e dinamico. La marca (in inglese brand) é un nome, simbolo,
disegno, o una combinazione di tali elementi, con cui si identificano prodotti o
servizi di uno o più venditori al fine di differenziarli da altri offerti dalla
concorrenza. Il brand è un bene intangibile dell‟azienda. Deriva da una serie di
elementi volti a presentare e a vendere nella forma più opportuna i prodotti o i
servizi offerti per attrarre nuovi clienti e mantenere fedeli nel tempo quelli già
acquisiti. La parola marca deriva dal germanico Marka, termine usato per
indicare, oltre che il contrassegno di varia natura apposto ad articoli, documenti,
manifesti, anche l‟insegna che il fabbricante pone sui suoi prodotti per distinguerli
e che nessuno può contraffare.
Spesso il brand viene assimilato al marchio. In realtà, il brand fa riferimento ad un
campo più ampio di valori e non è così facilmente identificabile come può esserlo
un marchio. In linea generale, un brand è un complesso di valori che comprende
anche il marchio, ma non è limitato ad esso. La funzione del brand non è limitata
ad identificare e a differenziare il prodotto venduto, ma consente anche di
aggiungere valore sia all‟azienda, sia al consumatore.
Secondo la definizione data da Fournier “il brand non è un oggetto passivo del
marketing transazionale, ma è un membro contributivo della relazione diadica, è
11
una questione più meritevole di nota”
2
. Un prodotto di marca è formato da un
insieme di attributi tangibili ed intangibili, questi ultimi legati alla personalità, ai
valori simbolici ed emozionali, tutte caratteristiche che la mente del consumatore
registra e che formano quella definita da Kapferer come identità di marca
3
.
Un brand è percepito dal cliente come un insieme di attributi e di associazioni
mentali che formano insieme gli elementi distintivi dell‟identità di marca. Per
attributo s‟intende la qualità, il beneficio, il vantaggio ricercato dai clienti ed
utilizzato come parametro di scelta per l‟acquisto. In genere gli individui per
valutare una marca prendono in considerazione molteplici attributi (tangibili ed
intangibili).
La valutazione globale della marca si fonda, quindi, su un processo di
assimilazione di più componenti e la rilevanza di ciascun attributo varia al variare
degli individui, poiché l‟importanza che un cliente attribuisce ad un dato elemento
è lo specchio dei propri valori, delle proprie abitudini, degli stili di vita, ovvero di
fattori soggettivi e mutevoli.
Come sostiene Lambin si possono individuare cinque funzioni di utilità diretta per
il cliente
4
:
funzione di orientamento. La marca trasmette un messaggio all‟individuo circa i
propri attributi tangibili ed intangibili e sulla base di queste informazioni il
potenziale acquirente orienta le proprie scelte;
funzione di praticità. La marca permette all‟individuo di associare velocemente un
nome ad un insieme di attributi e di adottare un comportamento d‟acquisto
abitudinario e rapido;
funzione di garanzia. La marca rappresenta un patto stretto fra il proprietario e
l‟acquirente, essa responsabilizza il produttore, il quale deve offrire costantemente
un livello di qualità elevato del proprio bene/servizio offerto e non può deludere il
mercato;
2
“The brand not as a passive object of marketing transactions but as an active, contributing
member of the relationship dyad is a matter more deserving of note”. Tratto da S. Fournier,
Consumers and Their Brands: Developing Relationship Theory in Consumer Research,
JOURNAL OF CONSUMER RESEARCH, vol.24, March 1998 p. 344
3
Kapferer J. N., The new strategic brand management( creating and sustaining brand equity long
term), Kogan Page, 2004.
4
Jean-Jacques Lambin, Market-driven management Marketing strategico e operativo 5/ed, con la
collaborazione di Emanuela Tesser, Mc. Graw Hill, 2008.
12
funzione di personalizzazione. Le molteplicità di brand esistenti sul mercato
permettono agli individui di esprimere la loro personalità attraverso le scelte
d‟acquisto effettuate, perciò la marca assume anche il ruolo di comunicazione
sociale che permette ai clienti di esprimere il proprio sistema di valori e la propria
identità;
funzione ludica. Gli individui della moderna società hanno sviluppato, oltre ad un
insieme di bisogni in passato inesistenti, anche la necessità di incrementare
quotidianamente la propria esperienza, andando sempre più alla ricerca di novità e
di emozioni. Da questo punto di vista è lecito affermare che la marca sia diventata
un‟abile complice del cliente, contribuendo costantemente a soddisfare i suoi
bisogni ricercati e, spesso, offrendo appagamento anche a quei bisogni non ancora
manifesti, quindi latenti, che essa stessa sollecita.
I consumatori percepiscono facilmente le marche come se avessero le
caratteristiche di una persona ed è per questo che dalla fine degli anni ‟50 ad oggi
il brand ha assunto sempre più una propria identità. Già nel 1958 Martineau ha
utilizzato la parola “brand personality” per riferirsi alle dimensioni non materiali
che rendono un prodotto diverso dagli altri
5
. Alla fine degli anni ‟80 Kapferer ha
elaborato il “Brand Identity Prism” (figura 1.1), definendo l‟identità di marca
attraverso sei variabili, ognuna rappresentata attraverso una faccia della figura
6
:
1. aspetto fisico, gli attributi tangibili della marca;
2. personalità, il carattere espresso dalla marca;
3. cultura, l‟insieme dei valori su cui una marca è costruita;
4. relazione, tipo di relazione esistente tra la marca ed i consumatori;
5. riflessione, il modo in cui vogliono essere visti i clienti della marca;
6. immagine di sé, l‟immagine che le persone hanno di sé stesse quando utilizzano la
marca.
La marca odierna deve sempre riaffermare la propria coerenza e stabilità e si
trova, come afferma Minestroni, a dover gestire la “dialettica tra stabilità ed
5
P. Martineau, The personality of the retail store, Harvard Business Review, Vol.36, No.1, 1958.
6
J. N. Kapferer e J. C. Thoenig, La marca motore della competitività delle imprese e della crescita
dell’economia, ed. italiana a cura di Mathias Deichmann in collaborazione con Centromarca,
Guerini, 1991.