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Didattica dell'italiano e processi di interlingua: un case study

Didattica dell'italiano: argomento da sempre in continua evoluzione. Vediamo innanzitutto i motivi che ne stanno alla base: la lingua non è ferma e nemmeno il gruppo di apprendenti che essa ha davanti è sempre lo stesso. Cambiano i modi di rapportarci con gli altri, cambiano i mezzi con cui lo facciamo, cambiano le persone con cui ci rapportiamo. La società italiana infatti non è solo formata dai nativi del nostro Paese, ma è diventata sempre più una società mista. Parlando di Italia non si deve pensare più solo agli emigranti di un tempo, ma anche a quel Paese che ogni anno ha a che fare con un numero sempre crescente di stranieri immigrati. È possibile che essi abbiano già avuto a che fare con la nostra lingua prima di raggiungerci, abbiano studiato la nostra lingua a scuola o in centri specializzati, abbiano addirittura certificazioni di competenza dell'italiano; ma è anche possibile che giungano per piacere personale o dovere persone che non hanno mai avuto un contatto con la nostra lingua e che dunque hanno bisogno di chi la insegni loro. Si può trattare di soggiorni di periodi brevi o di tutta la vita, ma una cosa è certa: dobbiamo offrire a tutti – siano essi bambini, ragazzi o lavoratori – la possibilità di amare la nostra lingua, di essere capaci di comunicare con noi. È un luogo comune quello di credere che l'italiano sia una lingua difficile per gli stranieri, ma credo che con i giusti metodi di insegnamento tutto possa essere reso più semplice e allo stesso tempo proficuo.
Nel presente lavoro mi occupo in particolare dell'insegnamento della lingua italiana ai bambini, siano essi italiani che non. A tal proposito mi sembra doveroso – innanzitutto – accennare a un fatto di recente attualità che va contro le idee che mi appresto a presentavi: l'approvazione nell'Ottobre 2008 da parte della Camera dei Deputati di una mozione che prevede la figura delle cosiddette “classi ponte”.
La mozione prevede prima di tutto di rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri nella scuola italiana autorizzando il loro accesso solo dopo aver superato test e prove specifiche di valutazione. Nel caso in cui gli studenti non superino tali prove possono accedere invece alle cosiddette “classi ponte”: corsi specifici di apprendimento della lingua italiana.
Vedo questo provvedimento sia come atto razzista nei confronti dei bambini sia come un impedimento alla normale socializzazione sia come qualcosa di non proficuo in quanto l'apprendimento migliore e più rapido di una lingua avviene solo attraverso una full-immersion nella lingua da imparare, cioè attraverso rapporti diretti con i parlanti nativi di una determinata lingua. Le prove di valutazione possono essere fatte al momento dell'arrivo dello studente non italofono nella classe, ma devono solo servire al docente per una programmazione individualizzata che risponda alle esigenze del bambino.
Nell'anno scolastico 2007-2008 la scuola italiana ha visto una presenza straniera nelle proprie classi pari al 6,4% rispetto alla popolazione scolastica complessiva: 574.133 alunni stranieri provenienti in particolar modo dai Paesi dell'Est europeo (primi fra tutti si collocano gli studenti provenienti dalla Romania, dall'Albania e dal Marocco) hanno registrato la loro presenza nelle nostre classi. Essi hanno registrato la loro maggiore presenza nella scuola primaria e secondaria di I grado.
Nel presente lavoro affronto la tematica della didattica dell'italiano da varie angolazioni: dopo una rassegna delle principali discipline che stanno alla base dell'apprendimento linguistico, mi soffermo sull'educazione linguistica italiana partendo dalle Dieci Tesi per l'educazione linguistica democratica per arrivare alla formazione dei professionisti del campo dell'insegnamento dell'italiano L2, faccio un excursus sulle principali teorie dell'apprendimento e delle diverse metodologie didattiche e concludo infine con l'esposizione dell'attività pratica che mi ha vista impegnata a contatto con alcuni studenti del C. D. “Sante Giuffrida” e dell'I. C. “F. Petrarca” di Catania negli anni scolastici 2006/2007 e 2007/2008 coordinata dalla Prof.ssa Rosaria Sardo.

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Capitolo 5 DALLA TEORIA ALLA PRATICA: ESPERIENZE PERSONALI DI DIDATTICA DELL'ITALIANO IN DUE SCUOLE DELLA PROVINCIA DI CATANIA. 1. Esperienza 2006/2007: LAPOSS e Circolo Didattico “Sante Giuffrida” - Catania La mia prima ed entusiasmante esperienza di lavoro diretto con bambini per la didattica dell'italiano mi ha vista protagonista del progetto-laboratorio denominato LAPOSS – Una scuola a misura di bambino...anche straniero III, promosso nelle scuole elementari e medie di Catania nell’anno accademico 2006/2007, coordinato della Prof.ssa Sardo e del Prof. Todaro e che ha visto la collaborazione della Facoltà di Lettere e Filosofia e della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Catania. Il LAPOSS 1 è un Laboratorio di Progettazione Sperimentazione ed Analisi di Politiche Pubbliche e Servizi alle persone, promosso dalla Facoltà di Scienze Politiche che si propone dal 2002 di confrontare idee per l’elaborazione e la realizzazione di progetti finalizzati a consolidare i collegamenti fra ricerca scientifica e città, mondo del lavoro e delle professioni, delle istituzioni e delle comunità. Il laboratorio interdisciplinare che ho frequentato ha proposto un percorso di educazione linguistica rivolto ai bambini che usano l’italiano come seconda lingua e frequentano le scuole della nostra città. Obiettivo principale era quello di ottenere un innalzamento della motivazione degli alunni attraverso l’uso di codici espressivi vicini al loro mondo e di strumenti audiovisivi e multimediali per l’acquisizione dei principali nuclei del sistema grammaticale italiano, cioè si partiva dall’ortografia e dalla suffissazione per arrivare ai verbi. Nelle attività è stata privilegiata la tematica della narrazione, vista come snodo centrale su cui incentrare i percorsi di educazione interculturale e linguistica, e il gioco, visto come filo conduttore attraverso il quale il bambino riesce a scoprire le potenzialità della lingua e dimentica che sta imparando qualcosa. Il mio gruppo era formato da cinque ragazze della facoltà di Lettere e una della facoltà di Scienze della Formazione. Negli incontri con le classi del Circolo Didattico “Sante Giuffrida” 1 Cfr. http:// www.lpss.unict.it

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Parole chiave

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bambino non italofono
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