Consumare il cibo oggi. Stati Uniti e Italia a confronto.
La cultura culinaria rappresenta un’ottima cartina di tornasole per capire i cambiamenti che avvengono in una società e oggi, soprattutto a seguito degli scandali alimentari degli ultimi anni, parlare di cibo diventa quasi un imperativo morale. Dal passaggio dalla società moderna a quella postmoderna, con la nascita e lo svilupparsi della società dei consumi, il consumo ha trovato nuova legittimazione e il consumatore è diventato protagonista, molto più disincantato rispetto al marketing e alla pubblicità e molto più informato e attento alle scelte di consumo, anche e soprattutto alimentare, che fa. Ma le fobie sul cibo non riguardano solamente la salubrità vera o presunta degli alimenti, vi è anche il timore di un livellamento mondiale del gusto, causato dalla globalizzazione che ha intensificato talmente gli scambi da un paese all’altro da riversare sulle tavole dei consumatori-mangiatori attuali un’infinita genia di prodotti alimentari provenienti da qualsivoglia parte del mondo. Questo fenomeno, se da un lato ha allargato lo scibile culinario e ha stuzzicato la curiosità del mangiatore, rendendolo un gastronauta dedito alla sperimentazione, dall’altro ha generato apocalittiche fobie circa un’omogeneizzazione del gusto, a scapito della specificità delle culture culinarie di ciascun popolo. In particolare gli Stati Uniti con le proprie multinazionali sono stati additati come i diretti responsabili della morte del localismo alimentare nella loro continua azione globalizzante e uniformizzante. Eppure si era notata negli ultimi anni, almeno in Italia, una sorta di riscoperta delle tipicità di ogni regione e di alimenti della tradizione contadina. Di qui la necessità di capire quanto la globalizzazione avesse uniformato le pratiche dei consumatori. Effettivamente si possano ritrovare delle tendenze simili in tutti i paesi che ne sono stati interessati, come l’attenzione alla naturalità degli alimenti, che si esprime ad esempio nella scelta di alimenti biologici, o la richiesta di caratteristiche quali sensorialità (gratificazione dei 5 sensi), storia, spettacolo, servizio. Ogni paese ha però declinato queste tendenze in maniera diversa a seconda della propria grammatica alimentare. Il cibo, con i significati di cui viene caricato, rappresenta forse la fonte più feconda dell’identità di un popolo e in effetti le regole alimentari di un popolo sono meno suscettibili di cambiamento della lingua stessa. Ecco perché sia i consumatori-mangiatori statunitensi che quelli italiani, pur avendo logicamente a disposizione una maggior scelta alimentare, mantengono quelle pratiche alimentari che più si ricollegano alla propria identità. È per questo che gli americani continuano a preferire una cucina fast, fatta per lo più di cibi confezionati, take away e fast food in linea del resto con lo stile di vita americano, uno stile di vita che si pone potremmo dire quasi agli antipodi rispetto a quello italiano, per il quale acquistano invece importanza cruciale la convivialità, l’artigianalità dei processi e una certa lentezza nell’assaporare gli alimenti che ultimamente è andata un po’ persa con l’accelerazione del ritmo di vita. Stati Uniti e Italia, pur avendo intrattenuto da sempre una fitta rete di scambi sin da quando prodotti quali il pomodoro o la patata sono giunti in Italia dalle Americhe, senza dimenticare poi l’importanza acquisita dalla dieta mediterranea grazie anche ai nutrizionisti americani, hanno comunque preservato pratiche e consumi che sono frutto della propria storia politica, economica e culturale.
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Informazioni tesi
Autore: | Valentina Cavicchiolo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Maria Grazia Bbusà |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 263 |
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FAQ
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