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Il cinema nella televisione italiana: logiche di programmazione e aspetti legislativi

Questo lavoro si divide in tre parti. Nella prima si traccia un excursus storico dell’utilizzo del cinema nella storia della televisione italiana, partendo dalla modiche dosi distillate dalla Rai monopolista, raccontando la rivoluzione portata dalle tv private ed in particolare da Canale 5 e successivamente affrontando gli anni ’80 e ’90, con un ampio spazio dedicato a quelle modalità di programmazione che hanno lasciato un segno per la particolare originalità che le contraddistingue.
Nella seconda parte ci si concentra sugli aspetti legislativi che regolano la trasmissione dei film in tv, tre in particolare: l’inserimento delle interruzioni pubblicitarie, che negli anni ha scaturito un dibattito qui ampiamente ricostruito; le censure e i divieti, raccontando quanto è cambiato dalla timida e “paterna” censura della Rai al complesso ambito delle derubricazioni oggi, senza tralasciare il racconto di qualche film più o meno volontariamente dimenticato dalla televisione; ed infine le quote europee di trasmissione.
La terza parte è dedicata alla situazione attuale, con un’esaustiva panoramica delle principali reti generaliste e satellitari, tentando di spiegare i motivi della crisi e le modalità con cui i network stipulano accordi cone le case di produzione cinematografica. Ampi cenni sono dedicati anche alle novità tecnologiche, dal digitale terrestre alla televisione via internet.

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3 Premessa “Di tanto in tanto, facendo zapping, mi è capitato di imbattermi in qualche mio film, ma l’esperienza che ne ho avuto è relativa, ancora una volta, al tipo di canale che lo trasmetteva. Se si trattava di un canale con interruzioni pubblicitarie, l’esperienza che ho provato è stata di totale estraneità. Si tratta di qualcosa di diverso, non è più cinema. Il film subisce una mutazione così profonda che non è più lo stesso film.” (David Cronenberg) Se ci si affida ad un regista come David Cronenberg per spiegare meglio di cosa ci si è voluto occupare nelle pagine che seguono, non è per vezzo né per tentare di nobilitare il tema: Cronenberg è uno dei registi che più di chiunque altro si è occupato dell’importanza che ha la tecnologia nelle nostre vite, ed in particolare della televisione, nel suo visionario e lungimirante Videodrome. Dire che un film non è più lo stesso quando viene trasmesso dalla televisione può sembrare un’affermazione snobistica, da puristi, e forse lo è. Ecco perché lo scopo di questo lavoro non è verificare i rapporti fra il cinema e la televisione in senso teorico, bensì “prendere per buono” che il film è film seppur con le numerose limitazioni di cui si dirà fra poco, e capire come lo si è utilizzato e come lo si continua ad utilizzare nei palinsesti televisivi. Nelle pagine che seguono, dunque, non si tenta di spiegare la complessa metamorfosi del cinema in tv: in pochi sanno, per esempio, che un film in televisione dura meno perché viaggia a 25 fotogrammi al secondo invece dei canonici 24, e che quasi mai viene trasmesso nel suo formato originario ma viene riadattato allo schermo televisivo. Per non parlare delle colorizzazioni di film in bianco e nero, delle sovrimpressioni, delle interruzioni pubblicitarie, dei telegiornali inseriti fra il primo e il secondo tempo, delle scene tagliate, dei titoli di coda sfumati… Insomma, è evidente che un film in tv è qualcosa d’altro, almeno parlando in ottica prettamente teorica. Talmente “altro” che si potrebbe arrivare a obiettare che nessun film è mai andato in tv, come mi ha suggerito un dirigente Mediaset che si occupa di cinema da trent’anni. Talmente “altro” che questa premessa rischia di portarci altrove.

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