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FATA VIAM INVENIUNT - Tradizione, traduzione e ricezione dell'Histoire de ma vie di Giacomo Casanova

L'elaborato è uno studio sulle vicende intorno alla trasmissione del manoscritto autografo dell'Histoire de ma vie. Legata a una complessa situazione editoriale, la ricezione dell'opera, la percezione dell'autore presso i posteri, fu ribaltata a partire dal recupero del testo originale negli anni Sessanta dello scorso secolo. Il primo capitolo è frutto di una ricerca sull'intera storia dell'autografo. Si ricostruiscono le dinamiche che portarono alla vocazione autobiografica, dalla redazione dei capitulaires, ai primi scritti autobiografici, sino alla decisione di stendere un repertorio di memorie che ne abbracciasse l'intera esistenza. Ci si concentra poi sugli anni Venti del XIX secolo, quando vennero alla luce le prime edizioni e la nota edizione; tale versione del testo fu per oltre un secolo ritenuta la sola autentica perché tratta dal manoscritto originale. L'elaborato passa poi in rassegna la fortuna editoriale fin de siècle, le rielaborazioni del personaggio da parte di altri autori e la damnatio memoriae di Casanova in Italia da parte della critica post-risorgimentale. Infine, si approda al rinnovato interesse per la scrittura dell'avventuriero veneziano maturato dopo la pubblicazione dell'edizione La Sirène (1924) e le pressioni degli studiosi sulla famiglia Brockhaus perché il testo autentico venisse pubblicato. Nel secondo capitolo vengono analizzate le modalità compositive facendo riferimento a un livello documentario (capitulaires e lettere) e un livello affabulativo. Viene individuata l'ideologia di storytelling sottesa alla scrittura casanoviana, legata all'inserzione massiccia di dettagli per carpire l'attenzione del lettore e suscitare un'attesa connessa al piacere dell'intrattenimento. Segue l'applicazione di alcuni schemi narratologici volta a distinguere i livelli narrativi presenti nel testo al fine di disambiguare le istanze narrative per evidenziare il contenuto finzionale presente nell'Histoire, aspetto che la rende del tutto particolare all'interno del genere autobiografico.
Il terzo capitolo si concentra sulla tradizione italiana del testo. Nel periodo intorno alla pubblicazione del testo autentico, si sviluppò un movimento di studiosi che spingeva per l'ammissione dell'autore nel novero degli immortali della letteratura italiana nonostante la redazione del testo in francese. Ciò diede luogo a una serie di traduzioni, ad opera, fra gli altri, di Giovanni Comisso, Piero Chiara e Giovanni Arpino. Tuttavia, la tradizione che ne risultò lascia anch'essa diversi buchi nell'ambito del rispetto del testo, dell'attribuzione e della coerenza nelle singole scelte. Dopo aver riepilogato le vicende che portarono alle singole edizioni e illustrato lo spirito che le guidava, sono stati presi a riferimento alcune teorie traduttologiche e quindi isolati dei brani che riproponevano i leitmotiv stilistici propri dell'autore. Su queste basi ha avuto luogo, infine, una collatio tra le traduzioni così da offrire una prospettiva critica sulla resa in italiano e dei suggerimenti di traduzione potenziale. Si è avuto come risultato diretto l'individuazione di un legame di parentela e il riconoscimento di auctoritas per la Meridiani (1983-89). Importante poi l'emergere di un aspetto testuale particolarmente innovativo nell'edizione in lingua originale. Si tratta dell'utilizzo di un presente "a presa diretta", particolare studiato da Casanova per accentuare il carattere mimetico del testo e correlato alla concezione che egli aveva sull'intrattenimento del lettore, la cui presenza in un testo autobiografico è estremamente significativa, dato che non fa che accentuare la finzionalità della narrazione. I curatori, Chiara e Roncoroni, optarono per una resa non letterale di tale scelta, probabilmente allo scopo di avvicinare il testo alla forma letteraria tradizionale dell'autobiografia del Settecento, così da accostare le memorie di Casanova agli altri capolavori italiani del secolo XVIII. Tuttavia, la scelta in questione dovette essere affrontata in tutte le traduzioni. Giovanni Arpino, ad esempio, dovette ritenerla estremamente importante, tanto da inserire l'utilizzo del presente persino in luoghi dove non compariva nel testo originale. L'ultimo capitolo riprende gli argomenti esposti e offre un ragionamento sulla ricezione dell'opera e del personaggio: sono analizzate le rielaborazioni storiche del personaggio in letteratura e cinematografia. Dal confronto emerge l'evidenza di un'espansione dell'universo legato a Casanova anche al di fuori dell'autobiografia. Tale espansione, strettamente connessa con il novecentesco interesse rinnovato per il Casanova narratore, ha finito per sovrapporre all'immagine del Casanova cinico, ciarlatano o seduttore, l'immagine complementare di un disincantato viveur, maestoso relitto della società ancien régime, avventuriero comico e tragico allo stesso tempo.

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Introduzione Ciò che ci si accinge a esporre è il frutto di una dovuta presa d'atto da parte della letteratura italiana. Solo negli ultimi anni si è cominciato a considerare la Storia della mia vita, il voluminoso libro in cui sono contenute le memorie di Giacomo Casanova, come uno dei maggiori capolavori della prosa settecentesca in Italia. Testo che per alcuni rappresenta l'atto di nascita del romanzo moderno, è stato per più di centocinquanta anni al centro di molteplici discussioni intorno ai contenuti scabrosi, alla poca affidabilità dell'autore, allo scarso valore letterario della voce di colui che si faceva chiamare Cavaliere di Seingalt. Oltre a essere Storia della mia vita, i XII volumi si chiamano anche Histoire de ma vie poiché chi le redigeva era ben deciso a rivolgersi a una platea europea e scelse lo strumento di koiné letteraria e filosofica del Secolo dei Lumi e della Rivoluzione. Eppure, dall'isolamento di uno sperduto paesino in Boemia e lontano dagli eventi che scuotevano il secolo, Casanova era digiuno di una lingua che egli stesso ammetteva di non aver mai padroneggiato alla perfezione. Dovette ricorrere, laddove la competenza non lo assisteva, ad adattare allo strumento l'idioma di quella patria che lo aveva voluto esule. Strano caso, Italia e Francia, che a lungo bandirono l'avventuriero veneziano dal proprio territorio e dalla propria élite linguistico-letteraria, ora fanno a gara nell'appropriarsi di un testo che riconoscono fondamentale per la propria cultura. Ma proprio questo è il punto. Perché ora? Ebbene, a parte i persistenti pregiudizi per un'opera facente bella mostra di un cospicuo contenuto erotico, che insieme alle divagazioni filosofiche dell'autore ha suonato e talvolta continua a suonare come una blasfemia alle orecchie dei più «costipati lettori», come Casanova li avrebbe chiamati, l'Histoire de ma vie ebbe la sfortuna di incappare in mani quantomai sbagliate. In seguito a pubblicazioni pirata che danneggiavano l'editore proprietario del manoscritto originale, Friedrick Arnold Brockhaus, fu lanciata la vera edizione integrale del testo. Ma il francese di Casanova doveva essere tradotto nel francese di un francese e ne fu incaricato tale Jean Laforgue. Sfortuna volle che questo Laforgue fosse una spia dagli ideali bonapartisti, volendo accaparrarsi il profilo ideologico del defunto Casanova decise di farne un protorivoluzionario minando la costituzione originale del testo. Quell'edizione restò per oltre un secolo l'unica ritenuta originale, ma nessuno tardò ad accorgersi delle discrepanze, talvolta apparentemente inspiegabili, con le edizioni pirata. Il testo comunque ebbe ampissima fortuna, tanto che dicendo “Casanova” si parla per antonomasia di un seduttore. Si dovette attendere il 1960 perché la casa Brockhaus tirasse di nuovo fuori il manoscritto per dare alle stampe una versione integrale e finalmente autentica del testo. Di lì, poi, una revisione di molto di quello

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Parole chiave

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tradizione
piero chiara
ricezione
histoire de ma vie
casanova
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