Ordine pubblico: evoluzione, tendenze, casi
Il codice civile menziona l’ordine pubblico in più occasioni senza definirlo né attribuisce all’espressione un significato costante. L’ordine pubblico è richiamato negli artt. 31 disp. sulla legge in generale, 5, 23 ult. co., 25 1 co., 634, 1229 2 co., 1343, 1354 1 co., 2031 2 co., 2332 c.c..
L’espressione viene utilizzata talvolta per qualificare un certo tipo di norme come norme di ordine pubblico (art. 1229 2 co.), talaltra è correlata al buon costume (artt. 31 disp. prel.; 23 ult. co.), altre volte è affiancata al buon costume e alle norme imperative (artt. 25 1 co., 634, 1343, 1354 c.c.) così da sembrare un limite dell’autonomia negoziale diverso da questi due. Questa tecnica legislativa del richiamo dell’ordine pubblico in correlazione con altre figure “costituisce ….. riflesso normativo della difficoltà …… di definire col ricorso al metodo logico-concettuale i reali confini dell’istituto in esame”.
Come ogni clausola generale l’ordine pubblico è un concetto elastico e storicamente variabile a seconda della esperienza giuridico-organizzativa a cui partecipa. Assai complesso risulta, a causa della varietà delle posizioni dottrinali e di una giurisprudenza scarsa e incoerente, tradurre in una definizione universale e costante il ruolo svolto dall’ordine pubblico come limite dell’autonomia negoziale. Di fronte a tali difficoltà è punto di riferimento l’insegnamento di G. Giorgi, il quale, dopo aver manifestato i suoi dubbi circa l’utilità pratica di una definizione di ordine pubblico afferma: “apparirà facilmente come il metodo più sicuro per fissare l’idea delle prestazioni contrarie ai buoni costumi e all’ordine pubblico sia quello di scendere nelle materialità… esaminare le fattispecie più notevoli, dove la dottrina e la giurisprudenza hanno ravvisato la prestazione illecita…”
La formula “ordine pubblico” appare per la prima volta nella codificazione napoleonica. É una formula nuova, non riscontrabile neppure nelle opere dei giuristi immediatamente precedenti la Rivoluzione, nasce nel momento in cui i nuovi grandi principi elaborati dalla Rivoluzione trovano, nel Code Napolèon, la loro cristallizzazione. Malgrado la coincidenza, non risulta però che, ai fini della individuazione del concetto di ordine pubblico siano state tratte dalla Rivoluzione conseguenze di rilievo. L’ordine pubblico appare come limite dell’autonomia negoziale distinto dalle norme inderogabili e dal buon costume (cfr. art. 1133). Non sempre, nel codice francese l’ordine pubblico opera come limite dell’autonomia negoziale concorrente con le norme inderogabili e con il buon costume: ora è limite unico, ora non è menzionato, ora è elemento “qualificante” delle norme giuridiche inderogabili insieme al buon costume.
Il Code Napolèon non definisce l’ordine pubblico. Guardando ai lavori preparatori si vede come l’ordine pubblico di cui all’art. 6 debba intendersi come sinonimo del carattere inderogabile della legge. I compilatori del Code Napolèon intendono recepire nell’art. 6, col divieto delle convenzioni contrarie alle leggi che interessano l’ordine pubblico, la regola di Papiniano: «Ius publicum privatorum pactis mutari non potest» e la regola di Ulpiano: «Privatorum conventio iuri publico non derogat», interpretate alla luce di un principio elaborato da Bartolo: «Contra tenorem legis privatam utilitatem continentis pacisci licet».
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Informazioni tesi
Autore: | Anton Maria Dellepiane |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Umberto Morello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 213 |
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FAQ
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