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Le acque minerali artificiali. Fortuna e declino di un nuovo settore produttivo nell'Italia contemporanea

In questa tesi sono stati studiati la produzione e il commercio di acque minerali artificiali in Italia, tra secondo Ottocento e primo Novecento, ossia di acque prodotte sinteticamente al fine di ricreare le proprietà curative tipiche delle acque minerali sorgive.
Lo studio prende le mosse dall’analisi del contesto storico, premessa per lo sviluppo di questo settore, e dal richiamo dei passaggi fondamentali dell’economia italiana otto – novecentesca e degli sviluppi dell’industria chimico – farmaceutica del periodo. Inoltre, si ripercorre brevemente la lunga tradizione sull’uso terapeutico delle acque.
Seguono una serie di definizioni di “acque artificiali” e una ricostruzione delle motivazioni e delle fasi che hanno portato alla loro produzione, nonché dell‘intenso dibattito medico-scientifico che accompagnò il loro sviluppo.
È presente, inoltre, uno studio delle normative che regolavano tali produzioni e un’analisi generale degli aspetti economico – statistici della vicenda.
Nello studio delle singole ditte, poi, sono stati presi in considerazione i metodi produttivi, il rispetto delle norme igieniche e di tutela dei consumatori, e l’iter burocratico necessario per ottenere l’autorizzazione alla produzione.
In chiusura, vengono presentate le figure di due imprenditori, Arturo Gazzoni e Felice Bisleri, che dedicarono una parte importante delle loro attività proprio alle acque minerali, ottenendo un successo considerevole.
Per la stesura di questa tesi sono state utilizzate le carte contenute nel fondo “Acque minerali artificiali”, versato all’Archivio Centrale dello Stato dalla Divisione VI della Direzione Generale dei Servizi dell’Igiene Pubblica, allora dipendente dal Ministero degli Interni, e i documenti reperiti presso le Camere di Commercio locali. A livello bibliografico, non essendo presenti volumi dedicati esclusivamente a tale argomento, sono stati presi in esame vari testi su acque minerali e cure idroterapiche, pubblicati in Italia tra Ottocento e primo Novecento, che hanno permesso di studiare i presupposti teorici di tali produzioni.
Mancando una bibliografia di riferimento, è stato impossibile soffermarsi su un settore specifico di indagine; si è scelto, quindi, di delineare un quadro generale della vicenda e delle problematiche ad essa connesse, facendone emergere i molteplici aspetti, ma lasciando il loro approfondimento ad eventuali studi successivi.
Da tale lavoro è emersa, in primo luogo, un’evoluzione nella mentalità collettiva verso le applicazioni pratiche delle scienze, quanto meno nell’ambito alimentare qui considerato. Infatti, a differenza di un secolo fa, quando si riteneva non solo di poter imitare efficacemente i prodotti naturali, ma anche di migliorarli, sembra riscontrabile, al giorno d’oggi, una predilezione per i prodotti alimentari di origine naturale, rispetto a quelli di fabbricazione sintetica.
Inoltre, è stata anche ridimensionata l’efficacia terapeutica di queste acque, un tempo considerate quasi una panacea per ogni sorta di male, sebbene non sia venuta meno la convinzione del valore dell’idroterapia.
Emerge, infine, il quadro di una società variegata, in cui singoli imprenditori o piccole famiglie tentavano la fortuna in nuovi settori emergenti, come quello considerato, sullo sfondo di un’Italia di fine secolo ormai avviata sulla strada dell’industrializzazione. Solo pochi, però, riuscirono ad emergere, grazie alla loro intraprendenza, all’ideazione di prodotti di grande fortuna e all’uso di innovativi strumenti pubblicitari.

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5 Introduzione Questa tesi nasce con l’intento di studiare un fenomeno particolare e poco conosciuto quale quello della produzione e del commercio delle acque minerali artificiali, sviluppatosi in Italia nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento. In tale prospettiva si è esaminato anzitutto il contesto storico nel quale venne ad inserirsi questo nuovo settore dell’industria italiana, cercando di comprendere le ragioni del suo sviluppo e del suo declino e di delinearne l’evoluzione nel corso dei decenni. La ricerca è stata anche l’occasione per tentare di capire se e come siano cambiati i modi di pensare e le abitudini della popolazione, nonché gli atteggiamenti collettivi, nei confronti dell’industria chimica e delle scoperte scientifiche, nell’arco del lungo periodo analizzato. L’idea originaria della tesi è nata studiando le carte e i documenti del Museo Nazionale di Acque Minerali “Carlo Brazzorotto”, dove, tra le migliaia di etichette conservate, ne erano presenti anche alcune relative alle acque minerali “artificiali”, insieme a qualche opuscolo sull’argomento. La curiosità suscitata dall’uso di questo termine ha portato a chiedersi, innanzitutto, cosa si intendesse con “acque artificiali”, quali fossero i loro metodi di fabbricazione e, soprattutto, per quali motivi, ad un certo punto, si fosse sentita la necessità di produrle. A partire da questi interrogativi, e considerata la grande importanza che l’acqua, risorsa sempre più scarsa, riveste al giorno d’oggi, si sono mossi i primi passi sulla via delle ricerche che, alla fine, avrebbero portato alla stesura di questa tesi. Conviene precisare che le difficoltà incontrate in itinere sono state diverse. In primo luogo, a livello bibliografico, pur limitandosi all’Italia, non è stata trovata traccia di nessun volume dedicato nello specifico all’argomento. Pochi accenni sono stati trovati solamente in qualche opera generica sulla storia dell’acqua e dei suoi usi.

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Informazioni tesi

  Autore: Licia Mantovani
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Lettere e filosofia - Scienze politiche
  Corso: Storia contemporanea
  Relatore: Elisa Signori
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 152

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gazzoni
acque minerali
acque minerali artificiali
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