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Assetti organizzativi e prospettive evolutive della vigilanza sui sistemi finanziari

Il presente lavoro si sofferma dapprima sulla regolamentazione degli intermediari finanziari e sui recenti interventi legislativi in materia, che hanno portato negli anni ad un notevole cambiamento nell’organizzazione e nelle competenze di supervisione (o di vigilanza). Inoltre, l’attenzione è stata posta sulle caratteristiche operative del sistema finanziario europeo, ponendo l’accento su quelle che sono le funzioni specifiche e il ruolo assunto dalla Banca Centrale Europea, in base a quanto stabilito dal Trattato di Maastricht. Nel secondo capitolo invece, ci si focalizza sui progressi fatti dall’Unione Europea verso la realizzazione concreta di quello che è definito l’obiettivo principale del cd. Libro Bianco del 1985, ovvero la creazione di un mercato unico finanziario europeo “integrato”. E proprio in questa direzione si è mosso il legislatore comunitario, approvando misure come il Financial Services Action Plan, con lo scopo di indicare obiettivi generali e misure specifiche per la creazione di un mercato unico in Europa, e, adottando successivamente, il cd. approccio Lamfalussy, al fine di individuare una procedura “relativamente rapida” per approvare regole comuni in materia finanziaria.
Istituire un mercato unico europeo significa avere regole comuni, ovvero “armonizzate” e questo vale anche per la vigilanza per i vari Stati membri dell’UE. In Europa, nonostante l’abbattimento delle frontiere e una presenza sempre più massiccia dei conglomerati finanziari che operano transnazionalmente, siamo di fronte a un assetto della supervisione piuttosto frammentato e comunque costruito su base nazionale, dove, da un lato, ritroviamo, in Stati come Regno Unito, Germania ecc… modelli caratterizzati da un’unica authority (o mega-regulator) competente della supervisione per l’intero sistema finanziario, e dall’altro (Italia, Francia, Spagna), troviamo modelli “ibridi” o comunque multi-divisionali, caratterizzati dalla presenza di una serie di autorità, di norma ognuna competente per uno specifico settore. Nel terzo capitolo si esamina nel dettaglio il contesto nazionale, analizzando la sua struttura e le competenze a carico delle varie autorità creditizie, approfondendo i vari interventi normativi, partendo dalla Legge Bancaria del 1936 fino ad arrivare al varo del Testo Unico Bancario, che hanno portato il nostro paese a disporre dell’attuale assetto di vigilanza multi-divisionale, caratterizzato quindi, dalla presenza di più autorità “settoriali”.
L’ultimo capitolo è dedicato ad una breve analisi comparativa tra vari Stati che presentano un grado di completezza e di “avanzamento” dei sistemi e dei mercati finanziari, comparabile, o comunque di interesse per il nostro sistema.

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1 INTRODUZIONE Negli ultimi anni il mercato finanziario è stato oggetto di profonde trasformazioni; sotto la spinta dell’innovazione e della liberalizzazione finanziaria e tecnologica sono mutate le scelte sulla conduzione della politica monetaria e sono cadute le restrizioni all’allocazione del credito, come pure i vincoli storicamente legati alla salvaguardia della stabilità finanziaria e alla tutela degli investitori. Si è così assistito al progressivo sviluppo del mercato dei capitali alla diffusione del modello di banca universale ed all’entrata nel mercato di nuovi tipi di intermediari finanziari, nonché all’affermazione e diffusione di prodotti e di servizi. Di pari passo con la trasformazione del mercato e delle filosofie sottostanti si sono evolute anche le tecniche di regolamentazione, di normazione e di vigilanza del sistema finanziario europeo. In particolar modo la domanda di regolamentazione, che trae le sue origini dalla volontà del potere politico di indirizzare i processi di erogazione dei servizi pubblici e dei sussidi all’economia, ha come intento di orientare i settori in cui il comportamento libero di certi attori di mercato possa determinate una diminuzione del benessere della collettività1. Si può quindi distinguere due tipologie di intervento pubblico: la regolamentazione economica e la regolamentazione sociale. La prima tipologia mira a dosare il livello di competitività di quei soggetti (es: le imprese) il cui funzionamento è in grado di modificare i processi di distribuzione del reddito e di allocazione delle risorse. A tal fine la regolamentazione economica ricorre tipicamente a strumenti di carattere impositivo (come la definizione esogena2 dei prezzi, la nazionalizzazione dell’industria ecc…) e repressivo (es: controlli all’entrata, legislazioni antitrust). 1 Sul punto cfr. Kane E., “Impact of regulation on economic behavior”, in “Journal of Finance”, n° 2, 1981. 2 In economia si riferisce ad un cambiamento stimolato da fattori esterni al sistema considerato e non controllati nel modello utilizzato, ne sono un esempio il cambiamento dei gusti del pubblico che comporta una variazione nell'equilibrio dei prezzi al consumo.

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