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Raccontare la disabilità nel quotidiano: stigma, cura, giustizia

Con la mia tesi ho voluto mostrare come sia difficile, per i disabili, pensare con serenità al loro futuro.
Ciò avviene principalmente perché lo sguardo che il mondo getta sulla disabilità, è fortemente stigmatizzante, proprio come ci dice il sociologo canadese Goffman. Egli però ci mostra anche quali strumenti usino i disabili per difendersi da questi sguardi; nel mio lavoro in particolare ho cercato di rintracciare questi meccanismi di difesa in alcune opere letterarie (es. Heidi di Spyiri) e cinematografiche (es: Perdiamoci di vista di Verdone).
La mia tesi prosegue con un'analisi di alcuni libri che confermano lo stigma (es. E li chiamano disabili di Cannavò) ed altri che invece aiutano a correggere lo sguardo dell'altro (es. Nati due volte di Pontiggia).
Ho mostrato poi come questi modi diversi di rappresentare la disabilità hanno dirette conseguenze sulla cura dei disabili, che quasi sempre ricade sulle donne; un altro importante contributo alla riflessione sul tema, arriva dal confronto di varie teorie filosofiche della giustizia: in particolare mi sono soffermata sulle teorie di Rawls, Sen e Nussbaum. Esse si riflettono poi sulle legislazioni (nazionale, europea ed internazionale).
Ho concluso con un'analisi sulle parole che si usano comunemente per descrivere la disabilità e con un'Appendice dedicata al tema della sessualità.

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Introduzione DISABILITÀ: UNA VICENDA QUOTIDIANA Tutti i dolori sono sopportabili se li si inserisce in una storia o si racconta una storia su di essi (Karen Blixen) Con il presente lavoro mi prefiggo lo scopo di mostrare i fattori che, a mio avviso, influenzano negativamente la percezione che i disabili (in particolare se giovani), hanno del loro futuro. Mi occuperò principalmente di disabilità fisica non grave, perché è quella che conosco più da vicino, vivendola in prima persona e soprattutto perché ritengo che, proprio per la sua scarsa gravità, è più difficile pensare che la quotidianità di chi ne è colpito sia spesso faticosa; sono tuttavia consapevole del fatto che molti dei problemi che tratterò possono riguardare anche se forse in modi diversi, anche i disabili fisici gravi e/o chi ha una menomazione mentale. Nel primo capitolo mi soffermerò sul fatto che la vita dei disabili è spesso guardata dai «normali» in un modo che, secondo la teoria di Edwin Goffman, genera lo «stigma» e la conseguente discriminazione, come enunciato nel saggio Stigma. L'identità negata (1963). Il cinema e la letteratura tendono a confermare questo stato di cose perché spesso mettono in scena disabili che accettano passivamente il punto di vista dell'altro. Per questo motivo li considero «negativi», in contrapposizione a quelli che, in modo costruttivo, si impegnano a modificare la loro immagine. Del primo gruppo di personaggi fanno parte: Arianna, protagonista del film Perdiamoci di vista (Verdone, Italia, 1994), Paul nel romanzo Slow Man di Coetzee, (2005), Klara, personaggio tratto da Heidi . Di quest'ultimo racconto analizzerò quattro versioni; di cui due letterarie di Johanna Spyri, (1880a; 1880b), una cinematografica, dal titolo Zoccoletti olandesi (Dwan, USA, 1937), infine la versione animata di (Miyazaki, Giappone, 1974). Il confronto è interessante perché la vicenda di Klara viene narrata in modi diversi. L'ultima figura «negativa» è Mr. Dick, che compare nel romanzo David Copperfield di Charles Dickens, (1849-1850). In queste ultime due opere ci sono anche personaggi «positivi», rispettivamente la nonna cieca di 1

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