Introduzione DISABILITÀ: UNA VICENDA QUOTIDIANA Tutti i dolori sono sopportabili
se li si inserisce in una storia o si racconta una storia su di essi (Karen Blixen)
Con il presente lavoro mi prefiggo lo scopo di mostrare i fattori che, a mio avviso, influenzano
negativamente la percezione che i disabili (in particolare se giovani), hanno del loro futuro. Mi
occuperò principalmente di disabilità fisica non grave, perché è quella che conosco più da vicino,
vivendola in prima persona e soprattutto perché ritengo che, proprio per la sua scarsa gravità, è più
difficile pensare che la quotidianità di chi ne è colpito sia spesso faticosa; sono tuttavia consapevole
del fatto che molti dei problemi che tratterò possono riguardare anche se forse in modi diversi,
anche i disabili fisici gravi e/o chi ha una menomazione mentale.
Nel primo capitolo mi soffermerò sul fatto che la vita dei disabili è spesso guardata dai
«normali» in un modo che, secondo la teoria di Edwin Goffman, genera lo «stigma» e la
conseguente discriminazione, come enunciato nel saggio Stigma. L'identità negata (1963).
Il cinema e la letteratura tendono a confermare questo stato di cose perché spesso mettono in
scena disabili che accettano passivamente il punto di vista dell'altro. Per questo motivo li considero
«negativi», in contrapposizione a quelli che, in modo costruttivo, si impegnano a modificare la loro
immagine.
Del primo gruppo di personaggi fanno parte: Arianna, protagonista del film Perdiamoci di vista
(Verdone, Italia, 1994), Paul nel romanzo Slow Man di Coetzee, (2005), Klara, personaggio tratto
da Heidi . Di quest'ultimo racconto analizzerò quattro versioni; di cui due letterarie di Johanna
Spyri, (1880a; 1880b), una cinematografica, dal titolo Zoccoletti olandesi (Dwan, USA, 1937),
infine la versione animata di (Miyazaki, Giappone, 1974). Il confronto è interessante perché la
vicenda di Klara viene narrata in modi diversi. L'ultima figura «negativa» è Mr. Dick, che compare
nel romanzo David Copperfield di Charles Dickens, (1849-1850).
In queste ultime due opere ci sono anche personaggi «positivi», rispettivamente la nonna cieca di
1
Peter e Mrs. Mowcher Nel secondo capitolo parlerò delle biografia e dell'autobiografia. Esse, narrando la vita dei
disabili, sembrerebbero essere ottimi strumenti per combattere lo stigma. Mostrerò che però ciò
avviene assai di rado in E li chiamano disabili. Storie di vite difficili coraggiose stupende , la
raccolta di biografie, scritta dall'ex giornalista sportivo Candido Cannavò (2005), mentre invece si
verifica più spesso nel romanzo Nati due volte di Giuseppe Pontiggia (2000), fino ad arrivare alle
testimonianze per eccellenza che sono appunto le autobiografie.
Quelle che analizzerò sono: Il mio piede sinistro di Christy Brown (1954), Sotto l'occhio
dell'orologio di Christopher Nolan (1987), Sirena (Mezzo pesante in movimento) di Babrara
Garlaschelli (2004).
Il terzo capitolo è diviso in due parti: la prima dedicata alla cura dei disabili e la seconda al modo
in cui le teorie della giustizia affrontano tale questione.
I testi principali che userò saranno: Diventare persone. Donne e universalità dei diritti di Martha
Nussbaum (2000), per la nozione di preferenza adattiva, Aiutare i carer. Il lavoro sociale con i
familiari impegnati nell'assistenza di Christine Heron (1998), e Diversabilità. Storie e dialoghi
nell'anno europeo delle persone disabili curato da Andrea Canevaro e Dario Ianes (2003), per il
ruolo che la società assegna alla famiglia nella cura.
Seguirà una riflessione sul fatto che questa cura anche quando essa venga considerata
indispensabile per l'uomo, implica comunque una grossa fatica, come spiega Emanuel Lévinas in
Altrimenti che essere o al di là dell'essenza (1978).
Nella parte dedicata alla giustizia rivolgerò particolare attenzione al confronto tra la teoria
contrattualista, enunciata in Una teoria della giustizia di John Rawls (1971) con la filosofia delle
capacità esposta in Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di
specie di Martha Nussbaum (2006) e con il pensiero economico descritto in Scelta, benessere,
equità di Amartya Sen (1982) e in La diseguaglianza. Un riesame critico, opera dello stesso Autore
(1992). Altro tema di confronto con Rawls riguarda il ruolo della donna nelle pratiche di cura. Su
questo punto i testi di riferimento saranno: Love's Labor: Essays on Women Equality, and
Dependency di Eva Kittay (1999) e La pratica dell'aver cura di Luigina Mortari (2006).
In seguito sosterrò che la teoria di Rawls non è così negativa né per i disabili, né per chi si
prende cura di loro.
A conclusione del capitolo, analizzerò il modo in cui viene trattata la giustizia nella legislazione
nazionale, con la Legge 104 del 5 febbraio 1992
1
, europea, con le Pari opportunità per le persone
1
Cfr. Legge 104 del 5 febbraio 1992 , in
http://www.pariopportunita.gov.it/images/stories/nuova_normativa_nazionale/legge_5febbraio1992_n104.pdf (Data
ultima consultazione: 26/05/2010).
2
con disabilità: un piano d'azione europeo (2004-2010)
2
ed internazionale, con la Convenzione sui
Diritti delle Persone con Disabilità dell'ONU
3
, con particolare attenzione alle possibilità che
vengono offerte al disabile per la progettazione autonoma del futuro.
L'Appendice infine sarà dedicata a due particolari modi di narrare la sessualità dei disabili. Essi
saranno tratti dai romanzi Il Padiglione d'oro di Yukio Mishima (1956) e La contea dei ruotanti di
Franco Bomprezzi (1999).
Una caratteristica comune alla gran parte delle fonti che ho preso in considerazione in questo
lavoro è il fatto che esse sono scritte da «propri», coloro che sono colpiti dallo stesso stigma
(Goffman 1963, p. 41), da «saggi» coloro che lavorano, a vario titolo, nel campo della disabilità (p.
55), o ancora «da chi è in contatto con lo stigmatizzato attraverso la struttura sociale» (p. 56), per
esempio i genitori del disabile (ivi) o da studiosi. In tutti e tre i casi poi, non si può dire che le loro
opere siano così conosciute dal grande pubblico.
Questa situazione, a mio parere, fa sì che, nonostante esse siano particolarmente importanti per
alimentare il dibattito sulla disabilità, esso resti un dialogo tra esperti.
2
Cfr. Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d'azione europeo (2004-2010) , in
http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/disability_and_old_age/c11414_it.htm (Data
ultima consultazione: 26/05/2010).
3
Cfr. Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità , in
http://www.provincia.torino.it/cid/leggi/Convenzione_diritti_persone_con_disabilit__int.pdf (Data ultima
consultazione: 26/05/2010).
3
Capitolo 1
STIGMA: LO SGUARDO DELL'ALTRO 1.1 Cos'è lo stigma Nel saggio Stigma. L'identità negata Edwin Goffman identifica lo stigma con
«[...] quei segni fisici che caratterizzano quel tanto di insolito e criticabile della
condizione di chi li ha» (Goffman 1963, p. 15).
Goffman individua poi tre tipi di stigma legati rispettivamente a particolari difetti
fisici, ad «aspetti criticabili del carattere», nonché all'appartenenza tribale, nazionale
e religiosa (pp. 19-20). In tali situazioni l'identità sociale virtuale (ciò che la società
si aspetta da un individuo) non trova corrispondenza nell'identità sociale attualizzata
ovvero in ciò che egli/ella 4
realmente è (p. 17). Si tratta in sostanza di uno sguardo
dell'altro che crea lo stigma.
A tal proposito, Matteo Schianchi 5
, ne La terza nazione del mondo. I disabili tra
pregiudizio e realtà , scrive:
Da anni studiosi di scienze sociali [...] sostengono che la causa iniziale
dell'emarginazione di chi è disabile non è l'handicap, la menomazione in quanto
tale, ma lo sguardo che posiamo, a livello individuale e collettivo, sulla
disabilità (p. 14).
Lo stigma si manifesta principalmente quando la persona disabile 6
entra in
4
D'ora in poi, per non compromettere la scorrevolezza del testo, darò per scontata la doppia
declinazione di genere (maschile e femminile), pur utilizzando solo il primo.
5
Matteo Schianchi «[...] ha partecipato agli Europei e ai Mondiali di nuoto con la nazionale sport
disabili» (cfr. quarta di copertina ). Quindi, dal punto di vista della teoria di Goffman, egli rientra
nella categoria dei «propri» ovvero di coloro che sono colpiti dal medesimo stigma (cfr. Goffman
1963, p. 41).
6
A tal proposito Rosalba Perrotta dice che parlare di «persona disabile» anziché semplicemente di
«disabile» contribuisce a smorzare l'effetto dello stigma (cfr. Perrotta 2009a, p. 108). È la persona
incaricata dal Cinap ( Centro per l'Integrazione attiva e partecipata ), all'Università di Catania, di
«[...] prendere in considerazione, cercare di risolvere e/o riferire al Centro , problemi degli studenti
4
relazione con i «normali» ovvero con coloro che non hanno alcuno stigma (Goffman
1963, p. 20) attraverso i contatti misti (p. 31).
Durante questi incontri lo sguardo maggiormente invasivo credo sia quello
dell'altro generalizzato ovvero «la gente [che] ci fornisce indicazioni importanti sul
nostro modo di essere e sul nostro valore» (Perrotta, 2009b, p. 169) e spesso investe
anche chi semplicemente trascorre del tempo con dei disabili. Posso portare a questo
proposito una testimonianza personale. A una mia amica è capitato che:«un sabato
pomeriggio di qualche anno fa, mentre ero ai giardini con lei, si sia avvicinata una
signora e le abbia chiesto: «Ma tu, così giovane, non hai altro da fare che portare in
giro una come lei?» Qualcosa di molto simile avviene quando si parla di sessualità perché, come
osserva Goffman, «[...] di chi sposa uno stigmatizzato si dice che ha “sprecato la sua
vita”» (p. 174, nota 17
7
).
A tal proposito Sandro, il compagno di Ileana Argentin, donna che soffre di una
gravissima disabilità che le impedisce totalmente l'uso di gambe e braccia, racconta
così un weekend a San Gimignano con la stessa Ileana:
[...] «Avevo prenotato una stanza matrimoniale, precisando che c'era bisogno
dei servizi per una disabile. Mi fecero trovare due letti separati. E quando mi
ribellai, il direttore dell'albergo si difese: “Sa, con una disabile...” [...]»
(Cannavò 2005, p. 117)
8
.
Lo stesso Cannavò, curatore del volume da cui è tratta questa testimonianza,
sembra guardare alla sessualità con l'occhio dell'«altro generalizzato» in più d'una
occasione. Per esempio quando, sempre riguardo a Ileana, scrive: «Ho sempre un
certo imbarazzo a proporre un tema così intimo a una persona nel suo stato» (p. 115);
disabili [...]» (cfr. Fober Veutro 2009, p. 26. Corsivi dell'Autrice). Per il lavoro che svolge, Perrotta
può essere considerata una figura molto simile a quella del «saggio» dal punto di vista della teoria
di Goffman, come vedremo tra breve.
7
Virgolettati dell'Autore.
8
Schianchi, a tal proposito, nota che «crediamo alla favola de “la bella e la bestia”, ma rompiamo
velocemente l'incanto e, per esempio, quando incontriamo coppie “miste” (disabile+normale) ci
chiediamo se, in fondo, quei due si amino davvero» (cfr. p. 17. Virgolettati dell'Autore).
Diametralmente opposta invece, l'esperienza di vissuta da Claudio Imprudente a Bologna, la sua
città dove, per mostrare diversi livelli d'integrazione, si finge fidanzato di Alessandra, la sua
assistente (Cannavò 2005, p. 42). Imprudente descrive la scena così: «[u]n disabile grave
ultraquarantenne e una dolce ragazza in piena salute si presentano come prossimi sposi. Il
massimo della sfida. La recita funziona. Nessuno è svenuto dinnanzi a quella coppia così strana,
diseguale e provocatoria. Buon segno» (p. 43).
5