Il viaggio immobile: corpi, schermi e realtà virtuali
Il mercato della Realtà Virtuale sta conoscendo una sorta di seconda giovinezza. Dopo più di un trentennio di tentativi e fallimenti, il lancio di prodotti ed interfacce dedicati a questo tipo di esperienze sta diventando abituale. Attraverso l’uso di visori e vari accessori si aprono nuove possibilità di esperienza. L’utente può essere trasportato lontano dalla fisicità del presente, visitare luoghi e strutture reali o immergersi in mondi completamente fantastici. Inoltre persone lontane possono essere fisicamente vicine e compartire vissuti, cambiando il concetto di socialità ed interazione.
Il virtuale è un concetto che comincia ad essere usato a partire dagli anni Settanta , coincidendo con lo sviluppo di simulazioni immateriali generate attraverso l’uso del computer. Nonostante il termine venga comunemente usato come sinonimo di falso, la virtualità descrive processi reali che non sono ancora passati in atto: virtuale è qualcosa che esiste in potenza, che è possibile ma non ancora attuale.
Attraverso l’uso di elaboratori si possono creare degli spazi artificiali dove l’utente può proiettare la propria fisicità ed agire. Questo spazio, per quanto fantastico ed immateriale, è costruito in maniera simile allo spazio fisico e come esso risponde all’interazione dell’utente. Con l’uso di interfacce varie si permette la esteriorizzazione e la proiezione delle funzioni corporali che agiscono in un luogo diverso e lontano da quello reale e dove producono effetti quantificabili.
Le tecnologie virtuali trasportano i sensi dell’utente altrove permettendo una sorta di viaggio immobile, senza muoversi dal proprio posto. Il formato digitale velocizza ancor di più questo processo trasformando la struttura verticale della comunicazione in un flusso interattivo, ipertestuale e navigabile. Inoltre, in quanto tecnologia e quindi macchina, rispondono al bisogno dell’essere umano di contrapporsi alla natura e di creare uno spazio artificiale e sicuro che ne permetta la sopravvivenza.
Generano una espansione e disseminazione del corpo nel mondo e nelle reti digitali ed al tempo stesso tendono a contrarre il mondo nello spazio privato e fisico dell’utente rendendolo disponibile.
Lo stesso doppio movimento si ritrova nel cinema. Sin dagli albori le immagini in movimento e le storie che attraverso esse sono raccontate permettono allo spettatore di compiere un viaggio verso posti e situazioni altrimenti irraggiungibili, soddisfacendo un bisogno di evasione dalla realtà costrittiva ed alienante. Questo viaggio avviene attraverso la superficie dello schermo, interfaccia tra il mondo reale e quello cinematografico. Lo spettatore si proietta nello spazio abitabile che si genera al di là dello schermo ed inizia a partecipare attivamente al racconto. Nonostante lo scambio informativo sia principalmente a livello oculare ed auditivo, la percezione avviene con tutta la corporeità e con tutti i sensi.
Le tecnologie virtuali trasformano lo schermo cinematografico in un visore e lo trasportano a pochi centimetri dagli occhi. Rispondono così al bisogno di immergere completamente lo spettatore nell’universo diegetico, superando e cancellando i limiti dello schermo stesso.
Il cinema riorganizza il reale creando mondi possibili e situazioni in cui lo spettatore può immergersi e risolvere conflitti e sentimenti. Può inoltre creare mondi fantastici, lontani da quello reale. La rivoluzione digitale permette creare immagini prive di referente fisico dando finalmente libero sfogo alla fantasia. Con l’avvento della computer graphic si possono generare scenari e personaggi completamente artificiali dove trasportare lo spettatore. Molte produzioni cinematografiche, sotto l’etichetta di fantascienza, hanno sfruttato questa possibilità. Alcuni film come Tron ed Il tagliaerbe descrivono l’immersione in dei mondi elettronici creati attraverso il computer. La macchina riveste ancora un ruolo demoniaco e, seppur potenziando le facoltà umane, allontana dal concetto di umanità trasformando i soggetti. Le creazioni virtuali vengono inoltre descritte come delle prigioni in cui gli esseri umani sono intrappolati. In Matrix la creazione virtuale è il reale stesso, costruito per ingannare. La virtualità e lo sguardo mediato che offrono le tecnologie cancellano i confini della realtà, portando gli umani a chiedersi cosa sia effettivamente reale e vero.
Il connubio tra uomo e tecnologia si ha con Avatar. Qui la macchina è descritta come una opportunità, che riporta il corpo umano ad avere un controllo diretto sul mondo e sull’esperibile.
La virtualità ripropone una esperienza appagante e, in un certo senso, primitiva riconsegnando al corpo il ruolo di controllo sulla realtà.
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Leone |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Silvia Leonzi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 71 |
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