Il ciclismo e la morsa del doping – Da Coppi all’Operaciòn Puerto, storie di scandali in un mondo malato al suo interno
Il ciclismo è uno sport duro, forse il più duro. Allenarsi anche dici ore al giorno, sia con 40° che sotto tremendi temporali non è semplice per nessuno, né per i campioni né per i gregari. Anche l’indimenticato Pantani diceva spesso:”Io vado forte in salita per abbreviare la mia agonia!”.
Purtroppo però la storia di questo sport è costellata di scandali di doping. Una tesi di laurea in Scienze della Comunicazione (“Il ciclismo e la morsa del doping – Da Coppi all’Operaciòn Puerto, storie di scandali in un mondo malato al suo interno”) traccia un’analisi di questo gravissimo fenomeno, cercando di mettere in luce le difficoltà che questo sport ha nel fare chiarezza nelle sue questioni più “nere”. Il ciclismo infatti è ancora un mondo in cui c’è troppa omertà, basti considerare i ciclisti che veramente hanno confessato tutte le loro responsabilità.
Le colpe della situazione in cui si trova adesso il ciclismo, però, non sono imputabili solamente ai corridori, bensì ci sono molte altre categorie che hanno enormi responsabilità. La prima categoria sono sicuramente i politici poiché, come è stato dettagliatamente descritto nella tesi non è ammissibile che, mentre in alcuni stati come Francia e Germania si attua una dura lotta al doping, in altri non esista nemmeno il reato. Il caso più eclatante è proprio quello dell’Operación Puerto, in cui in Spagna, all’epoca dei fatti, non esisteva nemmeno una legge che puniva il doping.
Un’altra categoria che ha enormi responsabilità è quella dei dirigenti. Non è molto credibile infatti che i direttori sportivi delle squadre non sappiano nulla delle pratiche illecite dei loro tesserati. Non è credibile ad esempio che, il signor Bjarne Riis,vincitore di un Tour de France che gli regalò il soprannome di “Mr.60%”, livello di ematocrito riscontrato in lui che per sua stessa ammissione era dovuto all’uso di EPO, non sapesse nulla delle pratiche illecite che Ivan Basso, capitano e leader della sua formazione, attuava con il dott.Fuentes.
Una terza categoria che ha notevoli colpe è quella dei medici. I ciclisti non possono procurarsi le sostanze dopanti da soli, bensì hanno bisogno di un esperto. Alcuni medici tristemente famosi nel mondo del ciclismo sono analizzati dettagliatamente all'interno della tesi, in cui sono stati messi in luce diversi documenti che attestano le reali responsabilità di questi medici ed i loro contatti con i ciclisti, molti dei quali sono nomi di primissimo piano.
Anche i magistrati penali e sportivi hanno colpe. Spesso hanno sottovalutato
il problema o, come descritto dettagliatamente nella tesi, nel caso di Giampaolo Caruso hanno erroneamente condannato ciclisti, contribuendo a creare uno stato di tensione in questo mondo.
L’ultima categoria che ha enormi responsabilità è sicuramente quella dei media. Qui entriamo in un ambito estremamente ampio e complesso. Proprio per questo è utile analizzare i singoli casi di cui si è maggiormente a conoscenza. Tentiamo quindi di analizzare principalmente le “nostre” responsabilità. All’interno della stampa sportiva italiana esistono giornalisti che parlano chiaramente e volutamente di doping nel ciclismo, ed altri che, per diversi motivi che chiariremo in seguito, spesso si soffermano solamente sull’aspetto romantico di questo sport. Esistono quotidiani importanti (La Gazzetta dello Sport o La Repubblica) che al loro interno hanno giornalisti estremamente chiari ed informati in materia di doping, che non hanno mai aggirato il problema preferendo all’amicizia ipocrita del campione la chiarezza. Non si può quindi generalizzare accusando tutto il giornalismo italiano di collusione con il problema doping. Bisogna notare però, che, nel mondo del ciclismo, l’impatto maggiore ce l’ha sicuramente la televisione. E’ proprio qui che servirebbe una ricerca della verità che purtroppo in questo momento non c’è. In televisione infatti, molto spesso, intervengono proprio le persone imputate, senza che a loro vengano fatte domande che permetterebbero una maggiore conoscenza dei fatti. I problemi di chi racconta questo mondo possono essere di tre tipi: ignoranza, complicità e malafede.
Nella tesi sono spiegati dettagliatamente, mettendo in luce le reali responsabilità di alcuni giornalisti. Il giornalismo sportivo, in questo momento, ha la grande occasione di assumere il ruolo che realmente dovrebbe avere, cioè quello di fare chiarezza in questo mondo così complicato.
Il giornalismo ed i media in generale dovrebbero finalmente mettere da parte l’ipocrisia ed iniziare,
allo stesso modo con cui raccontano ed enfatizzano le imprese e le vittorie, a mettere in luce anche le molte difficoltà e contraddizioni che caratterizzano questo sport. I nomi di coloro che sbagliano devono uscire allo scoperto e, soprattutto, devono essere allontanati dal ciclismo, altrimenti questo eroico e romantico sport rischia di collassare su sé stesso.
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Informazioni tesi
Autore: | Antonio Massariolo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Raffaele Fiengo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 78 |
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