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La pornografia minorile e le nuove frontiere del diritto penale d'autore

L’obiettivo di questo elaborato è quello di interrogarsi sul delicato settore dei reati in materia di pornografia minorile ed esplorare la compatibilità di alcuni di essi con i principi di rango costituzionale che connaturano l’intero sistema penale.
All’interno dei quattro capitoli di cui si articola il lavoro di tesi, si affrontano le problematiche questioni relative ai diritti dei minori, a come questi vengono garantiti dalle maggiori Convenzioni internazionali e, in particolare, dalle legislazioni dei singoli Stati in una complessa ricerca di un equilibrio tra interessi dei minori e rispetto dei diritti costituzionali garantiti a chiunque risulti essere anche solo indiziato di reati caratterizzati da un alto grado di disvalore, secondo il comune sentire.
Viene condotta un’accurata analisi incentrata sui soli delitti di cui agli articoli 600-ter e 600-quater c.p., rispettivamente rubricati «Pornografia minorile» e «Detenzione di materiale pornografico», dunque, si entra nel vivo della tematica che si intende affrontare col presente elaborato, scegliendo di concentrarsi sul terreno “accidentato” della punizione penale della pedopornografia.
Lo studio del primo articolo, introdotto con la legge del ’98 e riformato dagli altri due provvedimenti, passa necessariamente da un’attenta analisi dell’evoluzione giurisprudenziale sui diversi delitti che in esso sono contemplati, in quanto la formulazione di queste norme non eccelle in chiarezza, generando perplessità relativamente al rispetto del principio di tassatività-determinatezza della fattispecie penale. L’art. 600-ter, nei sette commi di cui consta, fornisce un’ampia tutela dello sviluppo psico-fisico dei minori.
Si prosegue con l’esame del successivo articolo 600-quater, che contempla il delitto di «Detenzione di materiale pornografico», così da completare il quadro di tutela penale del diritto al regolare sviluppo sessuale dei minori, punendo anche i “consumatori finali” del mercato della pedofilia. L’analisi critica di questa incriminazione muove dalla condivisione del pensiero di certa dottrina che ritiene non sussistere, in taluni casi di detenzione, alcuna lesione di interessi dei minori, per cui si tratterebbe di una disposizione priva dei connotati di minima offensività che devono contraddistinguere le fattispecie incriminatrici.
La scelta di trattare il reato di cui all’art. 600-quater.1 nel successivo Capitolo III è stata dettata dal desiderio che creare uno snodo nella trattazione dei reati in materia di pornografia minorile: la chiusura del Capitolo II con la prima incriminazione “tacciata” di vizi di costituzionalità lascia il posto, nel capitolo che segue, ad un delitto decisamente più “a rischio”.
L’articolo in parola, infatti, introdotto con la riforma del 2006, disciplina uno dei reati più singolari e, per questo, problematici dell’intero ordinamento penale italiano, ossia il delitto di «Pornografia virtuale», il quale sanziona, con pena leggermente più lieve, le medesime condotte di cui ai due precedenti articoli, laddove esse abbiano ad oggetto materiale pornografico che consista in «immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse».
Gli enormi dubbi circa la compatibilità di questo reato con i principi costituzionali che sorreggono l’ordinamento penale ne hanno suggerito una trattazione separata; la problematicità del delitto de quo, inoltre, rappresenta la maggiore fonte d’ispirazione del titolo dell’intero elaborato. Se n’è eseguita una ricca ricostruzione dottrinale, tendenzialmente critica nei confronti di un’incriminazione di diritto penale “virtuale”, che sfocia inevitabilmente in forme surrettizie di "diritto penale d’autore", nella lotta al “nemico pedofilo” e si è, inoltre, analizzata l’evoluzione giurisprudenziale: trattandosi di un fenomeno relativamente recente e non troppo diffuso, risulta oggetto di un numero ristretto – ma non per ciò di scarsa rilevanza - di pronunce giurisprudenziali, anche di legittimità.
In seguito, si esegue un’indagine sull’ancora poco esplorato territorio del sexting, una pratica sessuale “a distanza” certamente moderna e largamente diffusa tra i giovani ma che, spesso, di trasforma da mezzo di conoscenza del corpo altrui in attività penalmente rilevante.

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99 incostituzionalità, è necessario apportare delle piccole correzioni, piccoli escamotage terminologici e sistematici ma, in pratica, surrettizi. 3. La situazione in Italia: è la pornografia minorile o il diritto penale ad essere «virtuale»? Dopo aver analizzato la risposta dei principali ordinamento giuridici esteri al pressante allarme sociale legato alla circolazione di materiale pornografico e dopo aver fatto cenno 266 ai due commi di cui si compone l’art. 600-quater.1 del codice penale, è il momento di esaminarne dettagliatamente il contenuto, per comprendere il perché delle apre critiche che tale incriminazione ha ricevuto anche in Italia. In via di premessa, c’è da segnalare un dibattito circa la natura 267 della disposizione de qua: si scontrano infatti le tesi di chi la considera una circostanza attenuante delle condotte di cui agli artt. 600-ter e 600-quater 268 , cui essa fa rinvio e di coloro che, invece, le conferiscono la natura di fattispecie criminosa autonoma 269 , in virtù del differente oggetto materiale, che renderebbe impercorribile un ragionamento sul rapporto genus a specie attinente alle circostanze. Passando, ora, all’analisi contenutistica dell’articolo, balza subito agli occhi, leggendo la disposizione e raffrontandola con quelle di cui agli art. 600-ter e 600-quater, che, all’epoca della riforma del 2006, risultava l’assurdo assetto secondo cui il nostro ogni forma di pedopornografia, vanno, infine, segnalate le prime tre dichiarazioni inserite nella Relazione introduttiva a tali emendamenti, ossia «l’oscenità e la pedopornografia non sono tutelate dal primo emendamento»; «Il governo ha uno stringente interesse a proteggere i minori da coloro che li sfruttano sessualmente, sia gli abusanti, sia i pedopornografi»; «Il governo ha un interesse stringente ad assicurare che i reati di pedopornografia siano applicabili ed efficaci». 266 V. supra, § 2. 267 Come segnalato in L. DI LUCIANO, Lineamenti critici del reato di pedopornografia «virtuale», in Cass. Pen., 2006, p. 2672B. 268 L. GIZZI, La pornografia virtuale, in (a cura di) F. COPPI, I reati sessuali. I reati di sfruttamento dei minori e di riduzione in schiavitù per fini sessuali, Torino, Giappichelli, 2007, p. 419. 269 Per tale orientamento, v. R. RAFFAELLI, La pedopornografia virtuale., cit.; con toni diversi, dacché si esclude la riconducibilità della condotta all’art. 600-quater.1 laddove vi sia coinvolgimento di minori reali, v. A. PECCIOLI, Lotta contro lo sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia. Le norme penali, in Dir. pen. e processo, 2006, p. 947; da ultimo, si segnala, la ricostruzione eseguita in G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, II, I delitti contro la persona, cit., p. 181, in cui si sostiene che, a riprova della natura di ipotesi autonoma di reato, si debba tenere presente anche il riferimento contenuto nell’art. 444, co. 1-bis, c.p.p.: la disposizione, infatti, esclude l’applicazione della pena su richiesta delle parti in relazione alle condotte di produzione e commercio del materiale di cui all’art. 600-quater.1.

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