99
incostituzionalità, è necessario apportare delle piccole correzioni, piccoli escamotage
terminologici e sistematici ma, in pratica, surrettizi.
3. La situazione in Italia: è la pornografia minorile o il diritto penale ad essere
«virtuale»?
Dopo aver analizzato la risposta dei principali ordinamento giuridici esteri al pressante
allarme sociale legato alla circolazione di materiale pornografico e dopo aver fatto
cenno
266
ai due commi di cui si compone l’art. 600-quater.1 del codice penale, è il
momento di esaminarne dettagliatamente il contenuto, per comprendere il perché delle
apre critiche che tale incriminazione ha ricevuto anche in Italia.
In via di premessa, c’è da segnalare un dibattito circa la natura
267
della disposizione de
qua: si scontrano infatti le tesi di chi la considera una circostanza attenuante delle
condotte di cui agli artt. 600-ter e 600-quater
268
, cui essa fa rinvio e di coloro che,
invece, le conferiscono la natura di fattispecie criminosa autonoma
269
, in virtù del
differente oggetto materiale, che renderebbe impercorribile un ragionamento sul
rapporto genus a specie attinente alle circostanze.
Passando, ora, all’analisi contenutistica dell’articolo, balza subito agli occhi, leggendo
la disposizione e raffrontandola con quelle di cui agli art. 600-ter e 600-quater, che,
all’epoca della riforma del 2006, risultava l’assurdo assetto secondo cui il nostro
ogni forma di pedopornografia, vanno, infine, segnalate le prime tre dichiarazioni inserite nella
Relazione introduttiva a tali emendamenti, ossia «l’oscenità e la pedopornografia non sono tutelate dal
primo emendamento»; «Il governo ha uno stringente interesse a proteggere i minori da coloro che li
sfruttano sessualmente, sia gli abusanti, sia i pedopornografi»; «Il governo ha un interesse stringente ad
assicurare che i reati di pedopornografia siano applicabili ed efficaci».
266
V. supra, § 2.
267
Come segnalato in L. DI LUCIANO, Lineamenti critici del reato di pedopornografia «virtuale», in
Cass. Pen., 2006, p. 2672B.
268
L. GIZZI, La pornografia virtuale, in (a cura di) F. COPPI, I reati sessuali. I reati di sfruttamento dei
minori e di riduzione in schiavitù per fini sessuali, Torino, Giappichelli, 2007, p. 419.
269
Per tale orientamento, v. R. RAFFAELLI, La pedopornografia virtuale., cit.; con toni diversi, dacché
si esclude la riconducibilità della condotta all’art. 600-quater.1 laddove vi sia coinvolgimento di minori
reali, v. A. PECCIOLI, Lotta contro lo sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia. Le norme
penali, in Dir. pen. e processo, 2006, p. 947; da ultimo, si segnala, la ricostruzione eseguita in G.
FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, II, I delitti contro la persona, cit., p. 181, in cui
si sostiene che, a riprova della natura di ipotesi autonoma di reato, si debba tenere presente anche il
riferimento contenuto nell’art. 444, co. 1-bis, c.p.p.: la disposizione, infatti, esclude l’applicazione della
pena su richiesta delle parti in relazione alle condotte di produzione e commercio del materiale di cui
all’art. 600-quater.1.
100
ordinamento non prevedeva una definizione di pornografia minorile (giunta solo sei
anni dopo, con la L. 172/2012), ma prevedeva un’incriminazione basata su un doppio
livello definitorio nel quale era presente la seconda nozione («immagini virtuali»), ma
non la prima e, concettualmente, la più importante, tant’è che, tra i primi indirizzi
dottrinali sul punto, s’era fatta avanti l’idea che si trattasse di una fattispecie «di
difficile, se non di impossibile applicazione», per ragioni, appunto, di estrema
vaghezza
270
.
È proprio questo il primo punto da cui partire per osservare le varie criticità cui questa
norma presta il fianco: l’indeterminatezza, nell’ambito di una fattispecie criminosa, è
causa di difficoltà applicative, di rischi di arbitrio, di dubbi di costituzionalità
271
.
Infatti, tale norma risulta una delle più problematiche, da questo punto di vista, nel
nostro ordinamento; ci si chiede, infatti, come si possa capire se un’immagine «la cui
qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali» possa essere
distinta da un’immagine che raffiguri persone reali e rientri, pertanto, nel materiale di
cui agli artt. 600-ter e 600-quater: a chi spetta un giudizio tecnico di questo tipo?
272
Un’altra palese lacuna della normativa, strettamente legata all’interrogativo appena
formulato e che impone di porsene un altro, attiene a concetti già affrontati nell’analisi
degli ordinamenti stranieri
273
, ossia: l’art. 600-quater.1 prevede l’incriminazione di
tutte le forme di pornografia virtuale, dunque, anche quella «apparente» o «totalmente
virtuale», o solo quella parzialmente virtuale, ossia quella realizzata «utilizzando
immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse»? Dunque, non potrà essere
sufficiente una mera lettura della fattispecie, ma servirà un’integrazione con le fonti
sopranazionali
274
.
270
M. MONTELEONE, Lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia nella l. 6 febbraio
2006, n. 38, in Giur. Merito., 2007, p. 2196B.
271
Sul punto, v. M. CAVINO. Corte Costituzionale e certezza del diritto, in Giurisprudenza italiana,
1999, pp. 2359-2361; per un recente contributo sul punto, v. C. IASEVOLI. L'imprevedibilità degli esiti
interpretativi, in Arch. Pen., 2018, pp. 589-609; D. BIANCHI, Discrezionalità giudiziaria e legislazione
penale. un rapporto da rivisitare nella teoria del reato e nel sistema sanzionatorio, in Riv. It. Dir. e
Proc. Pen., 2019, p. 1431.
272
È uno dei “caustici” interrogativi posti in M. MONTELEONE, Lo sfruttamento sessuale dei bambini e
la pedopornografia nella l. 6 febbraio 2006, n. 38, cit.
273
Per cui si vedano i §§ 2.1 e 2.2.
274
Come sostenuto in B. SCARCELLA, La pornografia virtuale e la lotta al “nemico” in rete. il
discrimine tra diritto penale del fatto e diritto penale d’autore, in A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A.
MANNA, M. PAPA, Cybercrime, cit., p. 545-565; M. BIANCHI, sub art. 600-quater.1 c.p., in A. CADOPPI,
Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, cit., p. 244.
101
Il problema, come si è sostenuto, è relativo al minore o, addirittura, inesistente grado
di disvalore che connota le due forme di pornografia minorile della cui riconducibilità
all’art. 600-quater.1 si discute
275
.
Ed è proprio da questo punto che prende forma l’analisi sull’individuazione – invero,
assai problematica – del bene giuridico che la norma si propone di tutelare.
Innanzitutto, conviene leggere attentamente il secondo comma dell’art. 600-quater.1,
il quale, nel fornire una definizione delle immagini virtuali penalmente rilevanti, fa
riferimento al ricorso a «tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in
parte a situazioni reali».
Dunque, se per quanto riguarda la seconda forma di pornografia ivi indicata e
generalmente rientrante sotto la definizione di pornografia «parzialmente virtuale»
esiste, nell’immagine in questione, un elemento riconducibile al mondo reale
276
poiché
si riesce a riconoscere un determinato minore e, infine, si può individuare il bene
giuridico nel corretto sviluppo psico-fisico
277
dello stesso, altrettanto agevole non è
tale individuazione in relazione alla pornografia «totalmente virtuale», che rappresenta
la forma più critica di pornografia minorile e una delle più problematiche
incriminazioni dell’intero sistema penale
278
.
Nel caso della pornografia «parzialmente virtuale», il minore ivi raffigurato potrebbe
affrontare difficoltà nel relazionarsi con il mondo esterno e nel costruire rapporti,
anche di amicizia, poiché sopraffatto dallo shock e dal timore di pregiudizi
279
, in una
275
M. BIANCHI, Pornografia virtuale e la recente normativa europea (art. 600-quater.1 c.p.), in (diretto
da) A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di Diritto penale, Parte generale e parte
speciale, cit., pp. 781-784, in cui si sottolinea, a seguito della Convenzione di Lanzarote e della Direttiva
2011/93/UE, che la considerazione del principio di offensività acquista nuova linfa. Il principio, infatti,
pur non essendo contemplato a livello UE, risulta potenzialmente salvaguardabile dai singoli Stati
mediante la scelta discrezionale, di cui si è parlato nel § 2, di procedere o meno all’incriminazione delle
forme di pedopornografia più discusse, ossia quella apparente e totalmente virtuale, a riprova della
considerazione riservata ai principi di diritto interno da parte delle fonti sovranazionali.
276
Sia esso il volto di un minore o una parte del corpo inequivocabilmente riconducibile a una persona
esistente.
277
Intendendosi, con ciò, un’ampia gamma di valori sottesi, ossia la tutela della sfera fisica, psichica,
morale, affettiva, come sostenuto in F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale. I delitti contro la
persona, Padova, CEDAM, 2016, p. 465.
278
V. MUSACCHIO, La nuova normativa penale in materia di sfruttamento sessuale dei bambini e
pedopornografia a mezzo internet, in Riv. pen., 2006, p. 399.
279
Come esposto in R. RAFFAELLI, La pedopornografia virtuale., cit.; in S. DELSIGNORE, Art. 600 ter-
Pornografia minorile, in (diretto da) A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di
diritto penale, Parte speciale, VIII, I delitti contro l’onore e la libertà individuale, Torino, UTET, 2010,
pp. 409-410 si sostiene che la pornografia virtuale operi una lesione della dimensione esteriore della
personalità del minore, ovvero quella delle relazioni interpersonali, potendosi determinare l’ulteriore
rischio che, «laddove il minore venisse a conoscenza della produzione e divulgazione a terzi di tali
102
siffatta forma di pornografia minorile esiste, infatti, un legame diretto con una persona
realmente esistente e può configurarsi, pertanto, una compromissione della sua
crescita.
Nella forma «totalmente virtuale» di pornografia, invece, l’assenza di un «minore in
carne ed ossa» da un lato esclude la lesione dello sviluppo fisico di chicchessia,
dall’altro stride con la collocazione sistematica della norma e con l’origine della L.
38/2006 che tale reato ha introdotto
280
, tant’è che si era anche pensato di collocarla tra
i reati contro la moralità pubblica
281
.
La netta differenza di contenuto tra le due forme di pornografia virtuale si riverbera
sulle diverse interpretazioni che la dottrina ha cercato di fornire a questa norma.
Se è vero che la condotta è lesiva dello sviluppo psico-fisico del minore solo laddove
se ne riesca a ricostruire l’identità dalle parti di immagini reali utilizzate, allora
dovrebbe discenderne che, laddove tale identità non sia individuabile, si avrà
un’ipotesi di pedopornografia «parzialmente virtuale» equiparabile, per mancanza di
un minore reale offeso, a quella «totalmente virtuale» e, di conseguenza, esulare
dall’ambito del penalmente rilevante, come sostenuto dalla dottrina maggioritaria
282
.
Tuttavia, come osservato da altra dottrina
283
, così operando, si determinerebbe una
sorta di interpretatio abrogans dell’art. 600-quater.1, in contrasto non solo con l’art.
11 delle Preleggi, ma anche con la ratio sottesa all’intera normativa euro-unitaria in
materia.
immagini egli potrebbe pervenire ad una minor considerazione del proprio valore sociale e della propria
sessualità».
280
Ossia la «libertà individuale» e la «personalità individuale» che denominano il Capo e la Sezione del
c.p. in cui è inserito il delitto de quo e «la lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini», materia in
cui la L. 38/2006 ha legiferato.
281
Si veda Senato della Repubblica, seduta del 16 novembre 2005, emendamento n. 4500, in M.
BIANCHI, sub art. 600-quater.1 c.p., in A. CADOPPI, Commentario delle norme contro la violenza
sessuale e contro la pedofilia, cit., p. 259, da cui si evince anche la prospettazione di una pena più lieve
rispetto a quella, oggi, in concreto, irrogabile, soluzione che, come sostenuto in R. RAFFAELLI, La
pedopornografia virtuale., cit., avrebbe avuto il pregio di essere molto più coerente con l’intero sistema
penale, sotto i profili dell’offensività e, di riflesso, della proporzionalità; anche in A. PECCIOLI, Reati
contro la libertà personale, in F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale I, 16a ed. a cura
di C. F. GROSSO, Milano, Giuffrè, 2016, p. 210.
282
Vedansi S. DELSIGNORE, Art. 600 ter-Pornografia minorile, in (diretto da) A. CADOPPI, S.
CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di diritto penale, Parte speciale, VIII, I delitti contro
l’onore e la libertà individuale, Torino, UTET, 2010, pp. 401 e ss.; G. COCCO, Può costituire reato la
detenzione di pornografia minorile?, cit., p. 889; M. MONTELEONE, Lo sfruttamento sessuale dei
bambini e la pedopornografia nella l. 6 febbraio 2006, n. 38, cit., p. 2196B; S. MUGNAINI, La nuova
disciplina in tema di prostituzione e pornografia minorile: testi e contesti, in Leg. pen., 2008, p. 195.
283
O. DI GIOVINE, sub art. 600-quater.1, in T. PADOVANI (a cura di), Codice penale, 5ª ed., Milano,
Giuffrè, 2011, II, p. 4205.
103
L’articolo, infatti, prevede l’incriminazione di ambedue le forme di pedopornografia,
non potendo l’interprete, di fatto, espungerne un inciso, pur mosso dalla nobile
aspirazione a far rispettare principi costituzionali.
Inoltre, circoscrivere la rilevanza penale al solo materiale realizzato utilizzando minori
reali determinerebbe, comunque, un passo indietro dal punto di vista normativo,
giacché tale materiale era già riconducibile all’alveo del delitto di «produzione di
materiale pedopornografico», di cui all’art. 600-ter, co. 1, n. 1)
284
.
Tuttavia, questo secondo orientamento presta il fianco a una facile critica, dacché esso
pone le proprie basi su di un’evidente fallacia concettuale.
Infatti, secondo tale dottrina, ogni forma di pedopornografia virtuale sarebbe sempre
penalmente rilevante in quanto, trattandosi di immagini «realistiche», sarebbe insita
nelle stesse una potenziale spinta verso l’incremento del rapporto domanda-offerta,
all’interno del mercato illegale della pornografia minorile
285
, alimentando l’interesse,
in capo ai pedofili, verso i minori «in carne ed ossa» e ingenerando il c.d. «grooming
effect», elemento, peraltro, assai controverso nelle letterature giuridica e scientifica
che si sono sviluppate negli anni
286
.
Il precipitato di tale ragionamento è che il bene oggetto di tutela non è la figura del
singolo minore (anche perché non esistono minori reali raffigurati), ma l’intera
categoria dei minori, in sé considerata
287
.
284
L. PICOTTI, I delitti di sfruttamento sessuale dei bambini, la pornografia virtuale e l’offesa dei beni
giuridici, la pornografia virtuale e l’offesa ai beni giuridici, in (a cura di) M. BERTOLINO, G. FORTI,
Scritti per Federico Stella, Napoli, Jovene, 2007, pp. 1300-1302; A. PECCIOLI, Lotta contro lo
sfruttamento sessuale di minori e la pedopornografia, cit.
285
In ordine a tali asserti di veda, peraltro B. SCARCELLA, La pornografia virtuale e la lotta al “nemico”
in rete, in A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Cybercrime, cit., p. 553, ove si sostiene,
richiamando anche G. COCCO, Può costituire reato la detenzione di pornografia minorile?, cit., p. 873,
che si tratti di una tesi basata su inconsistenti elementi di sospetto, in quanto non scientificamente
verificati e dai quali si fa discendere una pericolosità intrinseca, senza alcuna valutazione in concreto
della personalità dell’autore.
286
L’ipotesi è difesa in A. J. WASSERMAN, Virtual.Child.Porn.Com: Defending the constitutionality of
the criminalization of computer-generated child pornography by the child pornography act of 1996,
cit., p. 245 e ss.; D. S. ARMAGH, The fate of the 1996 CPPA, in 23 Cardozo l. rev., 2002, p. 1993 e ss.
cui anche la dottrina italiana si richiama; contra, invece, v. G. COCCO, Può costituire reato la detenzione
di pornografia minorile?, cit. p. 863 e ss.; G. FIANDACA, Problematica dell'osceno e tutela del buon
costume, Padova, CEDAM, 1984, p. 125; IDEM, Laicità del diritto penale e secolarizzazione dei beni
tutelati, in Studi in memoria di Pietro Nuvolone, vol. I, Pietro Nuvolone: profili in memoriam. Studi di
parte generale, contributi per la storia dei sistemi penali, Milano, Giuffrè, 1991, pp. 192-193, in cui si
parla di un possibile effetto «catartico» del materiale pornografico virtuale sui pedofili, i quali si
accontenterebbero e potrebbero risultare soddisfatti dalla fruizione di un materiale non lesivo di alcun
bene giuridico; D. D. BURKE, The criminalisation of Virtual Child Pornography: cit., p. 464.
287
L. PICOTTI, I delitti di sfruttamento sessuale dei bambini, cit., p. 1303.
104
Ed ecco subito spiegata la fallacia poc’anzi menzionata: un orientamento di questo
genere fa assumere rilevanza assoluta – e, probabilmente, non superabile
288
– al valore
della dignità
289
di ogni minore in quanto tale; tuttavia, tale fine viene utilizzato in
maniera non propriamente corretta, nell’ottica penalistica, dal momento che la dignità
non va, qui, intesa come «insieme delle qualità personali riferibili ad un soggetto[,
b]ensì nel più astratto senso di qualità “umane”» che possono venir lese da
«comportamenti che si rivelano, in sostanza, privi di altro contenuto offensivo per i
beni personali»
290
diversi. Un carattere, appunto, astratto che renderebbe possibile la
tutela non del singolo ma, indistintamente, di ogni fanciullo
291
.
Si tratta, certamente, di un scopo nobile, ma i rischi di tutelare un principio così alto e,
al contempo, così rarefatto e mutevole nel tempo attraverso gli strumenti offerti dal
diritto penale sono enormi e insostenibili poiché, attraverso il riparo dietro lo scudo di
un generico ricorso al concetto di dignità, si possono nascondere tendenze politico-
criminali con cui aprire le porte della punibilità di qualsivoglia condotta, nei casi in
cui non si riesca ad individuare un bene giuridico sotteso: vista in quest’ottica, la
dignità rischia «di tradursi in uno “spazio libero dal diritto”»
292
.
288
Ciò per via della difficile, se non impossibile, soccombenza del principio di dignità nel bilanciamento
con altri beni giuridici. Da ciò potrebbe derivare un’illimitata criminalizzazione di qualsiasi condotta
entri, anche lontanamente, in conflitto con essa, come osservato in G. DE FRANCESCO, Una sfida da
raccogliere, in (a cura di) S. VINCIGUERRA, S. DASSANO, Scritti in memoria di Giuliano Marini, cit., p.
289; G. FIANDACA, Considerazioni intorno a bioetica e diritto penale, tra laicità e post-secolarismo, p.
558, ove si sostiene che la dignità, così operando, si traduce in uno strumento «potenzialmente
disponibile a fungere da deus ex machina per la giustificazione di ogni incriminazione, rispetto alla
quale non si sia in grado di identificare quale oggetto di tutela un bene giuridico più specifico».
289
Si tratta di un principio al centro di un importante, storico dibattito. Non si mette in dubbio la sua
enorme pregnanza e il rilievo che essa ha assunto in Italia e in Europa, ma il rischio che si corre nel suo
utilizzo come giustificazione della criminalizzazione di condotte innocue è proprio quello di svuotarla
di significato. Per riflessioni sull’evoluzione di tale principio, si vedano A. TESAURO, Riflessioni in tema
di dignità umana, bilanciamento e propaganda razzista, Torino, Giappichelli, 2013; M. RUOTOLO,
Sicurezza, Dignità e Lotta alla povertà. Dal “diritto alla sicurezza” alla “sicurezza dei diritti”, Napoli,
Editoriale Scientifica, 2012; D. FALCINELLI, Il diritto penale della vittima del reato, Roma, Dike, 2017,
p. 18 e ss.; a proposito di beni giuridici caratterizzati da vaghezza o indeterminatezza, v. V. MANES, Il
principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio ermeneutico, parametro
di ragionevolezza, Torino, Giappichelli, 2005, p. 79 e ss.
290
F. PALAZZO, Tendenze e prospettive nella tutela penale della persona umana, in (a cura di) L.
FIORAVANTI, La tutela penale della persona. Nuove frontiere, difficili equilibri, Milano, Giuffrè, 2001,
p. 409.
291
L. PICOTTI, I delitti di sfruttamento sessuale dei bambini, cit., pp. 1303-1304; similmente, G. TRIOLO,
La legge sugli abusi sessuali contro l'infanzia: ragionevoli esigenze punitive e principio di offensività,
in Leg. pen., 2008, p. 205.
292
L. BRIZI, La nozione di “pornografia virtuale”: verso un dominio della pericolosità sul fatto?, cit.;
G. DE FRANCESCO, Beni offesi e logiche del “rischio” nelle fattispecie a tutela dell'integrità sessuale
dei minori: tra presente e futuro, in Leg. pen., 2008, p. 210.
105
Il semplice, quasi banalizzato, rinvio alla tutela di beni supremi e incontestabili
avrebbe, inoltre, lo svantaggio di piegare il diritto penale e di svuotarlo dei principi
fondamentali su cui esso è incardinato, tra i quali, non si può non segnalare quello
della sussidiarietà, che vede la risposta penale dello Stato come extrema ratio, e quello
dell’offensività minima che ogni condotta deve, concretamente, portare in sé.
Ci si trova, evidentemente, in un problematico “limbo”, nel quale il diritto penale, lato
sensu considerato, assurge a mezzo educativo della moralità dei singoli cittadini,
finendosi per punire la mera pericolosità degli stessi o, peggio ancora, la loro
perversione; ma non è e non deve diventare questa la sua funzione: punendo condotte
inoffensive, si genererebbe un’inaccettabile forma di diritto penale d’autore
293
, perché,
fondamentalmente, è proprio il tipo di persona che viene punito, non ciò che questa
fa
294
.
Per concludere sul punto, bisogna osservarsi come serva un ulteriore passo di
specificazione del bene oggetto di tutela perché la relativa fattispecie incriminatrice
possa andare esente da vizi di illegittimità costituzionale; servirà, di volta in volta, una
sorta di specificazione dell’accezione di dignità che si fornisce, allo scopo di conferirle
tangibilità
295
.
293
Così, M. DONINI, Il principio di offensività. Dalla penalistica italiana ai programmi europei, in Dir.
pen. cont.- Riv. trim., 2013, p. 17 ss.; M. GALLO, Niente cappello di Gessler, in Critica del diritto, 2011,
pp. 14-20, ove si evidenzia il difetto di fondo che contraddistingue una norma incriminatrice, laddove
manchi «una carica di disvalore, più o meno intenso a seconda della entità dell'aggressione realizzata
contro l'interesse o gli interessi che l'ordinamento intende salvaguardare»; R. PALUMBIERI, I delitti
contro lo sviluppo psicofisico dei minori, Generalità, in (diretto da) A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A.
MANNA, M. PAPA, Trattato di diritto penale, Parte speciale, cit., p. 301 e ss.
294
L’intera ricostruzione qui operata vede concorde la maggior parte della dottrina, come si può
constatare in G. FIANDACA, Considerazioni intorno a bioetica e diritto penale, tra laicità e post-
secolarismo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2007, p. 559; M. DONINI, “Danno” e “offesa” nella c.d. tutela
penale dei sentimenti, cit., p. 83; C. E. PALIERO, L’autunno del patriarca. Rinnovamento o
trasmutazione del diritto penale dei codici?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, p. 1220 ss., ove si evidenzia,
inoltre, nell’art. 600-quater.1 una enorme anticipazione della soglia di punibilità, volendosi evitare non
già il danno ma addirittura la messa in pericolo del bene giuridico sotteso; similmente, v. F. STELLA,
Giustizia e modernità. La protezione dell'innocente e la tutela delle vittime, Milano, Giuffrè, 2003; in
C. DE MAGLIE, Punire le condotte immorali?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2016, p. 956 si parla dell’art.
600-quater.1 come di una fattispecie «eticizzante»; da ultimo, si segnala che la tesi di chi vede in tale
norma una fattispecie con cui si incriminano «condotte solo potenzialmente criminogene», nell’ipotesi
in cui siano poste in essere da soggetti «irresponsabili» e moralmente perversi, in L. BRIZI, La nozione
di “pornografia virtuale”: verso un dominio della pericolosità sul fatto?, cit.; A. MANNA, F. RESTA, I
delitti in tema di pedopornografia, alla luce della legge 28/2006. Una tutela virtuale?, in Dir. Internet,
2006, p. 232; T. PADOVANI, Fatto e pericolosità, in (a cura di) M. PAVARINI, E. DOLCINI, Pericolosità
e giustizia penale, Bologna, Bononia University Press, 2013, p. 130; IDEM, Dieci anni di lotta alla
pornografia minorile tra realtà virtuale e zone d'ombra, in Guida dir., 2009, p. 13.
295
G. DE FRANCESCO, Una sfida da raccogliere: la codificazione delle fattispecie a tutela della persona,
in (a cura di) S. VINCIGUERRA, S. DASSANO, Scritti in memoria di Giuliano Marini, Napoli, ESI, 2010,
106
Analizzati questi aspetti problematici, bisogna, ora, interrogarsi su un’altra questione,
quella relativa alla categoria di reato nella quale ricondurre l’art. 600-quater.1.
Sembrerebbero, infatti, non convincenti, seppur superficialmente allettanti, le
soluzioni che vorrebbero tale reato tra quelli di pericolo astratto (o indiretto) o tra i
reati-ostacolo
296
sulla base dell’anticipazione della soglia di punibilità che porta ad
evitare, nel primo caso, l’esclusione del pericolo, nel secondo, l’esclusione del
«pericolo del pericolo»
297
.
Tralasciando il dibattito che queste due categorie di reato suscitano ancora oggi
298
, si
deve escludere che il delitto di pornografia minorile virtuale, quantomeno nella sua
forma «totale», possa rientrare nell’una o nell’altra
299
; e ciò, sulla base delle difficoltà
che si incontrano nell’individuazione del bene giuridico effettivamente tutelato
dall’art. 600-quater.1, nel quale manca, peraltro, il riferimento all’elemento dello
sfruttamento (oggi, utilizzazione) che connota le fattispecie di cui agli artt. 600-ter e
p. 288, ove, con interessante dialettica, si constata il sostanziale utilizzo del concetto di dignità come
una specie di «involucro o di “sintesi categoriale”, la quale, per sostanziarsi di contenuti, ha bisogno di
essere nutrita, implementata, “modellata” con lo scalpello della tipicità»; in G. FIANDACA,
Considerazioni intorno a bioetica e diritto penale, tra laicità e post-secolarismo, cit., invece, si teme
che la dignità sia utilizzata come «bene-ricettacolo delle reazioni al panico morale».
296
V. Relazione al d.d.l. 4599, disponibile su www.senato.it.
297
Cfr. F. MANTOVANI, Diritto Penale, parte generale, Padova, CEDAM, 1992, p. 222.
298
Osservandosi, in questa sede, solo l’asserita incompatibilità dei reati di pericolo astratto e dei reati-
ostacolo con i principi del diritto penale italiano. Come sostenuto in G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Corso
di diritto penale, vol. 1. Le norme penali: fonti e limiti di applicabilità. Il reato: nozione, struttura e
sistematica, Milano, Giuffrè, 2001, p. 562, ove si afferma che nei reati di pericolo astratto rientrano
anche previsione delle quali è difficile individuare anche un minimo grado di offensività. È, infatti, il
Legislatore a prevedere, preventivamente e sulla base di canoni di esperienza, che determinate condotte
serbano un grado di disvalore che coincide con la messa in pericolo di un bene giuridico, sollevando il
giudice da questo compito; invece, in M. GALLO, I reati di pericolo, in Foro Pen., 1969, p. 8, si afferma
che, attraverso i reati di pericolo astratto, si tende a punire la mera disobbedienza a un comando
legislativo o un mero sintomo di pericolosità sociale. In relazione ai reati ostativi, invece, si è detto che
si tratta di reati «senza offesa», a differenza di quelli di pericolo, che rientrerebbe tra i reati nei quali
un’offesa, sebbene a livello di messa in pericolo, esiste. Dunque si tratterebbe di una categoria di reati
che implica un’anticipazione della punibilità a una fase c.d. «preoffensiva». Sul punto, v. G.
MARINUCCI, E. DOLCINI, Corso di diritto penale, vol. 1., cit., p. 442; F. MANTOVANI, Diritto Penale,
parte generale, cit., p. 223.
299
Non a caso, come sostenuto in C. PIERGALLINI, Danno da prodotto e responsabilità penale: profili
dommatici e politico-criminali, Milano, Giuffrè, 2004, p. 523, un modello d’incriminazione come quello
dell’art. 600-quater.1 sarebbe necessario per punire le condotte de quibus, una sorta di «illecito di
rischio», che non può essere ricondotto a nessuna delle categorie esistenti; tuttavia, in G. COCCO, Può
costituire reato la detenzione di pornografia minorile?, cit., p. 863, pur non entrandosi nel merito della
questione relativa alla categoria di reato, si osserva come una fattispecie mediante la quale si realizza
una tutela solo eventuale e, in quel caso, meramente indiretta, debba essere connotata da un ancor
maggiore rigore nell’osservanza dei principi di precisione, determinatezza e colpevolezza, a differenza
di ciò che si è sciaguratamente verificato.
107
600-quater
300
. Nei reati di pericolo astratto e in quelli ostativi, per quanto sia discussa
la loro compatibilità con il sistema penale italiano, è comunque individuabile un pur
flebile nesso con un bene giuridico da proteggere; cosa che, invece, pare assente nel
delitto de quo.
Un ulteriore passo nell’analisi dell’art. 600-quater.1 richiede di incentrarsi sul
materiale pornografico rilevante, allo scopo di capire non tanto quali condotte –
giacché per queste vi è un rinvio integrale agli artt. 600-ter e 600-quater – ma quali
immagini e quali files possono rilevare nel perfezionamento del reato de quo.
Tale indagine si rende necessaria poiché la disposizione fa riferimento a termini tecnici
e concetti informatici - come le «immagini virtuali» e le relative parti, le «tecniche di
elaborazione grafica» con cui si fanno «apparire come vere situazioni non reali» - dei
quali è necessario chiarire il significato, al fine di circoscrivere l’estensione applicativa
della norma.
Come si è ricordato, tra il 2006 e il 2012 si è vissuto un periodo di vacatio della
definizione di pornografia minorile, che rendeva necessario, in absentia, rifarsi alla
normativa sopranazionale; la previsione della nozione di materiale pornografico
introdotta con la L. 172/2012 ha colmato questa lacuna, spiegando i propri effetti anche
sull’incriminazione de qua, aiutando a ridurne, pur solo in parte, i profili di vaghezza.
Dunque, stando anche all’orientamento prevalente in dottrina, pare ragionevole
intendere che il materiale pornografico qui rilevante debba, in primis, superare un
vaglio contenutistico, dovendo il giudice operare una valutazione in concreto
dell’offensività della condotta e degli «scopi sessuali» per i quali il materiale sia stato
realizzato
301
.
In un secondo momento – solo cronologico, rilevando in maniera eguale nel giudizio
finale – si dovrà valutare la «qualità di rappresentazione» tale da «far apparire come
vere situazioni non reali», in base alla quale andrebbero escluse tutte quelle
rappresentazioni grossolane, approssimative, di qualità tanto scadente da apparire
300
Per tale esito v. L. DI LUCIANO, Lineamenti critici del reato di pedopornografia «virtuale», in Cass.
Pen., 2006, p. 2672B; R. RAFFAELLI, La pedopornografia virtuale., cit., pag. 0781B; M. BIANCHI, sub
art. 600-quater.1 c.p., in A. CADOPPI, Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la
pedofilia, cit., p. 269.
301
G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, cit., p. 172, G. COCCO, La lotta senza
esclusione di colpi contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Le
questioni dell’error aetatis e del concetto di pornografia minorile, in Resp. civ. e prev., 2013, p. 1811.
108
come rudimentali prodotti artificiali, come possono essere dei fumetti o dei cartoni
animati non realistici
302
.
Si può, dunque, sostenere che riguardo al ruolo delle tecniche di elaborazione grafica
vengono in rilievo due ordini di problemi: l’uno di tipo quantitativo, l’altro, invece,
qualitativo
303
.
Il primo problema si concreta nel “grado” - inteso come percentuale non
numericamente misurabile - di “virtualità” che un’immagine deve avere per essere
considerata penalmente rilevante. Ritorna, dunque, la questione sulla differenza tra
pornografia «parzialmente» o «totalmente» virtuale; il problema di tipo qualitativo,
invece, implica un ragionamento sul livello di elaborazione grafica richiesto, dovendo
concludersi, come sostenuto poc’anzi, per l’esclusione dal perimetro applicativo
dell’art. 600-quater.1 delle rappresentazioni c.d. «grossolane».
Si tratta di considerazioni di grande rilevanza, innanzitutto, pratica, dal momento che
la conoscenza esatta del momento in cui una condotta lecita sfocia nell’illecito – e, in
questo caso, il più grave – permette al cittadino di capire entro quale limite possa
muoversi: laddove i contorni di una norma siano sfocati e confusi, si incorre nel
pericolo che la percezione del superamento del limite sia rimessa a mere valutazioni
di intuito, di sensibilità, dei singoli fruitori, determinandosi un grado ancora maggiore
di incertezza
304
.
302
L. PISTORELLI, Art. 600 quater.1, in (diretto da) E. DOLCINI, G. L. GATTA, Codice penale
commentato, Tomo II, Milano, Ipsoa, 2015, p. 257; B. SCARCELLA, La pornografia virtuale e la lotta al
“nemico” in rete, in A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Cybercrime, cit., p. 554;
relativamente alla dibattuta figura del materiale virtuale sì pornografico ma che abbia anche una
rilevanza artistica, si veda M. BIANCHI, Pornografia virtuale e la recente normativa europea (art. 600-
quater.1 c.p.), in (diretto da) A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di Diritto
penale, Parte generale e parte speciale, cit., pp. 784-786; ; M. BIANCHI, sub art. 600-quater.1 c.p., in
A. CADOPPI, Commentario delle norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, cit., p. 292 e
ss., in cui ci si riferisce alla nota sentenza Ashcroft v. Free Speech Coalition pronunciata dalla Corte
Suprema degli Stati Uniti, nella quale si cita l’esclusione della rilevanza penale laddove esso risulti non
osceno, secondo i canoni enucleati nell’altro leading case, Miller v. California, attraverso il richiamo al
più recente caso New York v. Ferber; da ultimo, sul punto, in G. COCCO, Può costituire reato la
detenzione di pornografia minorile?, cit., si ribadisce con fermezza che «non possono essere penalmente
sanzionati i materiali che costituiscono espressione della libertà di pensiero (ancorché vizioso) se non
nella misura in cui sia necessario per la protezione dei bambini e con modalità che garantiscano i diritti
inviolabili del cittadino».
303
F. MAZZACUVA, I delitti contro lo sviluppo psico-fisico dei minori, in (a cura di) A. CADOPPI, P.
VENEZIANI Elementi di diritto penale. Parte speciale, vol. II, t. II, I reati contro la persona, Padova,
CEDAM, 2014, p. 189.
304
Sul punto, v. M. TRAPANI, Creazione giudiziale della norma penale e suo controllo politico.
Riflessioni su Cesare Beccaria e l'interpretazione della legge penale 250 anni dopo, in Arch. pen. Web,
2017, p. 29 ss., (disponibile su www.archiviopenale.it).