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Martiri palestinesi sulla stampa italiana, tra prima e seconda Intifada. La narrazione del conflitto e le reazioni pubbliche della politica italiana

Nel corso della storia, la percezione generale di molti conflitti è stata influenzata dai diversi punti di vista assunti dai mass media internazionali riguardo gli eventi, e l’Intifada è un chiaro esempio di come una copertura giornalistica favorevole possa aiutare a conseguire dei successi simbolici, spendibili successivamente in termini politici. Questo fu sicuramente il caso dei due conflitti dell’Intifada, in cui i news media globali si rivelarono una lama a doppio taglio per i contendenti: gli israeliani e i palestinesi. Nel corso della prima Intifada, infatti, le immagini prevalenti dello scontro, diffuse in tutto il mondo, raffigurarono ragazzi palestinesi, detti “Shahid” o “Martiri”, che fronteggiavano i mezzi pesanti e le armi dell’esercito israeliano lanciando pietre. La resistenza degli Shahid, ed il clima di ostilità internazionale alle risposte di Israele, diedero una spinta decisiva verso gli storici accordi di Oslo. Le stesse dinamiche non si riproposero tuttavia nella seconda Intifada, quando ad una sollevazione popolare palestinese si era sostituita una rivolta armata gestita da gruppi paramilitari ed islamisti, mentre la neonata Autorità Palestinese governata da Arafat, manteneva un atteggiamento ambiguo nei loro confronti. Questo atteggiamento aiutò gli israeliani nel pianificare una strategia basata sulla declassificazione di Arafat, da uomo di stato a sostenitore del terrorismo, soprattutto dopo il fallimento dei negoziati di Camp David e dopo gli attentati dell’11 settembre, creando un clima generale loro favorevole. Nella seconda Intifada una maggiore ostilità internazionale fu infatti percepita nei confronti dei palestinesi e degli Shahid, che da “ragazzi con le pietre” si erano trasformati in “martiri suicidi”.
Obiettivi dell’analisi:
Il principale intento della mia tesi è di dimostrare, attraverso uno studio comparato sulla stampa italiana, con quale forza il contesto politico, l’immagine dei martiri palestinesi, le risposte del governo israeliano, abbiano influito, nella prima e nella seconda Intifada, sulla narrazione dei due conflitti, evidenziando le differenze nella copertura delle due crisi. Nello specifico, mi sono concentrato su tre differenti piani di analisi, utilizzando una prospettiva comparata sia tra i tre livelli di studio, che tra i periodi di copertura esaminati:
• Il livello della copertura giornalistica effettuata dai mass media internazionali:
- L’influenza del contesto politico sulla narrazione del conflitto.
- L’effetto di feedback dei media globali sui combattenti.
• Il livello della copertura giornalistica effettuata dai quotidiani italiani.
• Il livello della copertura giornalistica inerente alle reazioni pubbliche dei politici italiani agli eventi descritti.
Per approfondire i diversi piani di analisi, ho utilizzato il concetto di “media frame” definito dagli studi di Robert Entman, come un processo che “consiste nel selezionare alcuni aspetti di una realtà percepita e renderli più salienti in un testo comunicativo, in modo da promuovere la definizione di un problema, un’interpretazione, una valutazione morale, una raccomandazione”.
Gli esiti dell’analisi sono stati sorprendenti. In primo luogo è stato possibile dimostrare attraverso uno studio teorico sulla letteratura, ed uno pratico sui quotidiani, una corrispondenza elevata tra il contesto politico della prima Intifada e quello mediatico, sia internazionale che italiano. Infatti, gli eventi descritti dai media, le istanze politiche sollevate, gli obiettivi dello scontro, furono rappresentati dai mass media internazionali e dai quotidiani italiani in maniera analoga. In secondo luogo, è stato possibile dimostrare l’importanza di un effetto di feedback della stampa internazionale sui combattenti, sia nella prima che nella seconda Intifada. In terzo luogo, è stata notata, soprattutto nel corso della seconda Intifada, una forte peculiarità dei quotidiani italiani nella descrizione degli eventi, molto spesso più influenzati da direttive partitiche, preconcetti ideologici, linee editoriali, che dal contesto politico generale di riferimento. Ciò è stato notato perché, nonostante il cambiamento nell’approccio internazionale e politico al conflitto, e nonostante il cambiamento dirompente nelle azioni degli Shahid, quotidiani come l’Unità e Il Manifesto, hanno proseguito su una linea di sostegno ai palestinesi, mentre il Corriere della Sera si è mantenuto su posizioni neutrali. Infine è stata evidenziata un’evoluzione nell’atteggiamento dei politici nei confronti della stampa: con la progressiva crescita di importanza dei news media, sempre più politici hanno rilasciato dichiarazioni ai quotidiani analizzati, adottando stili comunicativi sempre più elaborati, cercando di soddisfare le aspettative dell’elettorato, e conferendo ai giornali un ruolo di stimolo al dibattito interno sul conflitto.

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5 1. Introduzione metodologica: il concetto di frame 1.1 Il giornalismo obiettivo Pur richiamandosi alla nozione di giornalismo obiettivo, che dovrebbe condurre sia le news organisations sia i singoli giornalisti a rappresentare i fatti correnti attraverso una lente analitica attenta e distaccata, risulta difficile definire le notizie come un prodotto neutrale ed oggettivo. Vi è infatti un consenso unanime tra i giornalisti, tra i diversi codici SURIHVVLRQDOL H DQFKH WUD JOL DFFDGHPLFL VXOO¶REEOLJR GL YHULGLFLWj FKH spetta ai giornalisti. Tuttavia, il problema si pone quando i giornalisti stessi devono fornire una propria versione dei fatti, ed allo stesso tempo informare fedelmente il destinatario: a questo proposito sorse la regola GHRQWRORJLFD GHOO¶RELHWWLYLWj /¶RELHWWLYLWj JLRUQDOLVWLFD q XQD UHJROD professionale che ha definito il giornalismo anglosassone ed europeo per ROWUH FHQW¶DQQL ULFKLDPDQGRVL DOO¶LPSDU]LDOLWj DOOD ³IDFWXDOLW\´ HG DOOD ³QRQSDUWLVDQVKLS´ HVLJHQGR XQD IHGH FRVWDQWH QHL IDWWL HG XQ ULILXWR QHL valori, che devono essere messi da parte nella fase di scrittura delle notizie, per offrire un resoconto attinente alla realtà (Gaitano 2004, 405). Nel corso degli anni tuttavia, e soprattutto in età recente, la veridicità di questo concetto è stato ripetutamente oggetto di critiche, che lo definivano come una scusa dietro la quale i giornalisti si nascondevano, nel condurre analisi superficiali, nel trasmettere acriticamente le fonti ufficiali e governative, nel divenire oggetto di manipolazioni (Vaccari 2007, 117)1. Il giornalismo contemporaneo, ha sviluppato dunque uno stile più critico nei confronti della realtà, e la stampa si è posta sempre più frequentemente in maniera 1 &RQO¶DIIHUPD]LRQHGHLPH]]LGLFRPXQLFD]LRQHGLPDVVDFRPHXQLFRFDQDOHSHUWUDVPHWWHUHLOSURSULR messaggio ai cittadini, i politici hanno messo a punto nel corso degli anni tutta una serie di strategie, che FRQVHQWDQRORURGLLPSRUUHODSURSULDDJHQGDGLHOXGHUHTXHVWLRQLGHOLFDWHH LQGLUL]]DUHO¶LQIRUPD]LRQH VHFRQGROHORURHVLJHQ]H'DOO¶DOWURODWRLJLRUQDOLVWLVLUHQGRQRFRQWRGLHVVHUHYLWWLme di questi tentativi GL PDQLSROD]LRQH H FHUFDQR GL UHSOLFDUH FRQ OD VWUDWHJLD GHOOR VPDVFKHUDPHQWR H GHOO¶LQWHUSUHWD]LRQH (Vaccari 2007, 117).

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