Figure della maternità nella letteratura inglese del secondo Ottocento
''I due modelli della femminilità, apparentemente opposti, elaborati dall’ideologia borghese nel diciannovesimo secolo - angelo puro, o inerme preda delle funzioni corporee - si fondono nel discorso sulla maternità, poiché la missione della donna è di assicurare la sana riproduzione della razza e di garantire la superiorità spirituale della classe borghese. Le contraddizioni insite nella formulazione del ruolo materno non si limitano all’opposizione tra materia e spirito, ma sono in verità innumerevoli.'' (Shires L., ed., Rewriting the Victorians., New York London: Routledge, 1992).
Nella produzione narrativa del secolo diciannovesimo compaiono numerose figure materne. Se il famoso componimento poetico di Coventry Patmore, ‘The Angel in the House’ (1854), delinea e celebra un ideale di femminilità caratterizzato da bellezza e virtù morali, ovvero il prototipo della martire e santa che regna nel santuario domestico, le figure femminili della narrativa, specialmente se madri, non sempre sono conformi al modello binario: ‘la loro natura angelica viene rivelata anche dopo la caduta, infatti esse possono essere eccellenti madri ed infermiere affettuose’ (Shires L. ed., op.cit.).
Se la ricorrenza, nel romanzo vittoriano, delle figure di madri dice l’interesse del momento per una figura così importante, la contraddittorietà della rappresentazione segnala anche la complessità del problema. Investita di aspettative sociali e culturali che tendono ad idealizzarla, la madre narrata si trova a dover misurare questo stereotipo con le problematiche della realtà sociale quali povertà, alti tassi di mortalità materna, prostituzione, sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi. La narrativa dell’Ottocento rivela, con modalità e forme diverse, il volto molteplice di madri numerose che non si possono imbrigliare negli stereotipi.
''Dal sussurro al grido, vado riprendendo la parola, vado raccontando la mia storia senza voce del patriarca, mentre libero la pelle dagli aggettivi con cui mi hanno confiscato la parola, strega, puttana, pazza, peccatrice. Ancora non vi ho detto, ma ora lo farò perché ora io ho la parola''. (Mariama Yonugs Blanco).
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Informazioni tesi
Autore: | Mirella Renoldi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1997-98 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Caroline Patey |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 254 |
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