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Geopolitica dell'Asia Centrale alla luce dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai

L'Asia Centrale costituisce l'anello di congiunzione tra due mondi, un ponte che unisce il continente europeo e le grandi potenze Occidentali con l'Estremo Oriente e le nuove economie emergenti. Già nell'Ottocento il cuore dell'Asia era stata teatro di un latente, quanto imperante, conflitto tra l'Impero Britannico e la Russia zarista che, attraverso sottili giochi diplomatici e mosse strategiche,
si contendevano il dominio della regione centroasiatica. Il “Grande Gioco”, come fu ribattezzato il “conflitto” da Arthur Conolly, agente dei servizi segreti britannici, aveva come principale scenario i territori dell'Afghanistan e delle attuali Repubbliche centroasiatiche. È singolare come dopo quasi due secoli i destini e le prospettive delle grandi potenze mondiali siano tornate a confrontarsi proprio in questa regione.

La nascita ed il rafforzamento dell'Unione Sovietica aveva in qualche modo “congelato” il confronto in Asia Centrale, attraverso il ferreo controllo che Mosca esercitava sulla vita politica ed economica dei paesi di quest'area, infatti la regione centroasiatica era stata per oltre mezzo secolo esclusa dai giochi e dalle strategie geopolitiche mondiali. Il crollo dell'Impero Sovietico e la conseguente nascita di Repubbliche “indipendenti” ha nuovamente lanciato questa regione sul grande palcoscenico internazionale. A partire dagli anni Novanta l'attenzione nei confronti dell'Asia Centrale è cresciuta a tal punto che alcuni osservatori internazionali hanno paventato l'ipotesi della nascita di un “Nuovo Grande Gioco”. Il nuovo confronto vedeva la partecipazione, oltre che delle neonate Repubbliche centroasiatiche, della Repubblica Popolare Cinese, della Federazione Russa e degli Stati Uniti. I cinesi, attratti dalle ingenti risorse energetiche della regione, furono i primi che intervennero a colmare il “vuoto” di potere lasciato dallo sgretolamento del blocco sovietico. Gli Stati Uniti, consci dell'importanza della regione, cercarono, attraverso una politica di penetrazione economica e commerciale, di tessere buone relazioni con le classi dirigenti delle Repubbliche nella speranza di frenare l'imponente avanzata cinese. Sul finire degli anni Novanta, l'azione russa in Asia Centrale riprese vigore, grazie alla politica del presidente Vladimir Putin orientata a riconquistare l'influenza perduta nell'ex spazio sovietico centroasiatico. Il “ritorno russo” portò ad un inevitabile aumento della complessità delle dinamiche geopolitiche nell'area con il conseguente incontro/scontro degli interessi degli attori coinvolti. In questa situazione era forte e plausibile il rischio di un riacuirsi della rivalità tra Mosca e Pechino che avrebbe indubbiamente favorito le posizioni americane. Nonostante le divergenze, le diplomazie dei due Paesi riuscirono a tessere una rete di relazioni e scambi che ha avuto come esito finale la creazione di un'organizzazione per la cooperazione con lo scopo di “regolare” alcuni settori nevralgici della corsa in Asia Centrale.

L'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (giugno 2001) nacque con il preciso scopo di creare un meccanismo che prevedesse delle procedure concertate e condivise tra i paesi membri per affrontare le questioni riguardanti la sicurezza dei confini, la lotta al terrorismo internazionale e la cooperazione economica e militare. L'Organizzazione, nata inizialmente come strumento nelle mani di Mosca e Pechino per estendere e radicare la loro influenza nel cuore dell'Asia Continentale, ha finito per coinvolgere altri soggetti internazionali di primo piano, come l'India, l'Iran ed il Pakistan che ne hanno esteso le sue ambizioni e le sue prospettive. Lungi dall'essere una sorta di “Patto Atlantico asiatico” l'Organizzazione di Shanghai è comunque cresciuta nel tempo fino a diventare il soggetto più rilevante, sia dal punto di vista demografico che strategico, della geopolitica asiatica. Questo lavoro analizza le cause e le vicissitudini storiche e politiche che hanno spinto i singoli Paesi ad aderire a questo organismo internazionale. Nello studio è stato dato particolare risalto alle ambizioni e agli obiettivi internazionali dei paesi coinvolti nell'esperienza di Shanghai nonché alle finalità e alle prospettive future dell'Organizzazione stessa. Durante la ricerca si è cercato di spiegare nel modo più esaustivo possibile tutti gli aspetti inerenti alle politiche e alle strategie dei paesi membri ed osservatori della SCO con la finalità di comprendere al meglio la più grande organizzazione internazionale esistente dopo le Nazioni Unite.

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Con la caduta del muro di Berlino nel novembre del 1989, e il conseguente crollo dell'Impero Sovietico si era diffusa, nei primi anni Novanta, la certezza di essere entrati in una nuova fase della storia contemporanea, con inevitabili stravolgimenti nel sistema delle relazioni internazionali e degli equilibri transnazionali. Nel 1989 l'Unione Europea era un miraggio, un progetto discusso e contestato nei salotti diplomatici del Vecchio Continente, incapace di intervenire per placare il caos che si era venuto a creare nei paesi dell'Est europeo. Le fortissime divisioni sulla politica estera tra gli stati membri 1 costrinsero le cancellerie europee ad elaborare soluzioniche mirassero prevalentemente all'integrazione economica e alla libera circolazione interna degli allora 12 paesi membri delle comunità rinunciando a disciplinare in modo organico e puntuale l'azione europea in politica estera. Il risultato di questo approccio fu una sostanziale mancanza di una politica estera europea in tutte le gravi crisi nelle quali i paesi europei si trovarono coinvolti. Le risposte europee agli avvenimenti geopolitici mondiali furono per tutti gli anni Novanta (e lo sono state anche nel 2 primo decennio del nuovo millennio) contraddittorie e incoerenti; la politica estera dell'Unione fu lasciata in balia delle soluzioni dei governi degli stati membri, dominati da interessi geo- 3 strategici particolari e nazionali. Le incertezze e la mancanza di coesione negli approcci internazionali da parte dell'Unione Europea relegarono il Vecchio Continente, inteso come un unicum politico, ad una posizione defilata nella gestione e nella risoluzione delle grandi crisi che caratterizzarono i paesi del ex blocco sovietico. L'azione più coraggiosa di Bruxelles nei confronti dell'area centroasiatica si registrò nel 1993 quando venne lanciato il “Progetto 4 Traceca” che entrò nella sua fase attiva tra il 1994 e il 1995. L'obiettivo di questo programma di cooperazione economica era quello di tagliare fuori la Russia dalle attività di trasporto, di costruzione e gestione degli oleodotti ed in generale dagli investimenti dell'Europa in Asia Centrale. Questo progetto coinvolgeva e soddisfaceva anche le ambizioni della Turchia, alleato storico degli Stati Uniti e membro della NATO. 1 Soluzioni che vennero istituzionalizzate con la firma nel 1992 da parte dei 12 paesi membri della Comunità Europea del Trattato di Maastricht conosciuto anche come Trattato sull'Unione Europea. http://europa.eu/d ocumentation/legislation/index_it.htm 2 Emblematica in tal senso fu la gravissima spaccatura tra i paesi europei nei confronti della Terza Guerra del Golfo nel 2003: Italia, Gran Bretagna, Spagna, Paesi Bassi e Polonia, infatti, (entrata ufficialmente nell'Unione Europea il 1° maggio del 2004) appoggiarono l'intervento americano con mezzi e uomini, mentre Germania e Francia si schierarono apertamente contro l'intervento armato. 3 A. Ferrari, L’Unione Europea e l’Asia Centrale, in “ISPI Policy Brief”, n. 52, maggio 2007, pp. 5-10. 4 TRACECA è un'organizzazione internazionale di cooperazione economica che mirava alla creazione di un corridoio Caucasico TransEuropeo. http://ec.europa.eu/europeaid/index_en.htm 1 Introduzione

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