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Esame di Internet per l'impero di carta. Le strategie dei giornali per evitare il naufragio

Una barca di carta in un mare in tempesta. Oggi, per molti esperti di editoria, i giornali tradizionali evocano questa immagine, che non è affatto rassicurante per un’industria che ha alle spalle quattro secoli di vita. La crescita esponenziale di Internet è il punto focale che ha causato il crollo delle certezze di una fitta schiera di giornalisti ed editori, che vedono le proprie testate annaspare di fronte alla sfida rappresentata dal nuovo mezzo di comunicazione. Con questa tesi mi propongo proprio di analizzare le attuali difficoltà della carta stampata, in particolare dei quotidiani a pagamento, che sono i più colpiti dalle peculiarità della rete.
Nella gran parte dei casi gli editori hanno intuito in ritardo la minaccia incombente, credendo che l’avvento del web fosse assimilabile a una delle tante nuove tecnologie che di volta in volta hanno messo in pericolo l’esistenza della stampa classica (senza mai provocare seri danni nel lungo periodo), salvo poi accorgersi che la natura di Internet è rivoluzionaria rispetto a quella dei mezzi che l’hanno preceduta. La conseguenza è che, adesso, il mondo editoriale è in subbuglio e sta sperimentando un’infinità di soluzioni per scongiurare il declino. L’incessante evoluzione del panorama giornalistico ha avuto i suoi effetti anche su questa tesi, visto che alcuni passaggi sono stati soggetti, giocoforza, a continue riscritture, più di quanto mi aspettassi inizialmente. Se ce ne fosse bisogno, è la riprova che i giornali non hanno alcuna intenzione di scomparire.
Questi stessi motivi hanno fatto sì che per la stesura della tesi sia risultata fondamentale la consultazione quotidiana di una vasta gamma di siti web, da quelli di associazioni sindacali contigue all’universo giornalistico a quelli di testate di fama mondiale, fino ad alcuni blog curati da giornalisti. Proprio per il quadro in costante mutamento, d’altronde, molti dei libri in materia diventano “vecchi” nel giro di pochi mesi e, forse, è anche questa una delle cause per cui in Italia sono rari i testi che fanno il punto sullo stato del settore. In tal senso, l’esempio positivo più recente è "L’ultima copia del «New York Times»" di Vittorio Sabadin, pubblicato nel gennaio 2007 e andato in ristampa dopo appena qualche settimana, anche per effetto del forte interesse suscitato dalle spinte innovatrici che hanno segnato l’editoria giornalistica già dai primissimi mesi dell’anno. Vedremo come da gennaio a oggi il ramo dei quotidiani sia stato scosso da diversi colpi di scena, difficilmente prevedibili perfino dagli addetti ai lavori più sagaci.
Il mio interesse per questi argomenti deriva in buona misura dal tirocinio svolto ad "Ateneonline", la testata telematica dell’Università di Palermo, e in altre redazioni di giornali e agenzie presenti nel capoluogo siciliano. Grazie alla pratica giornalistica ho avuto modo di comprendere meglio meccanismi editoriali e aspetti chiave della professione, di cui avevo una conoscenza esclusivamente teorica.
La tesi si compone di tre capitoli. Nel primo, sono descritti gli stenti di ampie fasce del settore, che in numerose aree dell’Occidente vede diminuire il numero delle copie vendute e il livello della raccolta pubblicitaria. Sono stati esaminati alcuni dei tentativi che i giornali hanno fatto per risolvere la crisi, mettendo in rilievo l’importanza degli investimenti nell’innovazione. Il filo conduttore del secondo capitolo è, invece, l’espansione del web e specialmente dell’informazione online, che ormai può contare su un’audience di massa. Si analizzano, inoltre, gli ultimi progressi della tecnologia che potrebbero dare ulteriore impulso al giornalismo via Internet. Il terzo capitolo è incentrato sui cambiamenti che si stanno verificando nelle redazioni di alcune grandi testate e sul rapporto tra i giornali e il pubblico, che grazie ai new media ha la possibilità di essere protagonista attivo della raccolta, selezione e diffusione delle notizie. Si sottolinea, infine, il ruolo decisivo della pubblicità per le sorti dei giornali e si ipotizzano alcuni possibili scenari futuri.

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1 I Il giornalismo tradizionale all’alba del terzo millennio 1.1 Quotidiani a pagamento, l’impero vacilla Enciclopedie, dischi di musica classica, dvd con i migliori film horror o con i gol dei più grandi giocatori di calcio, collane di romanzi d’avventura, ricette di cucina. No, non abbiamo intenzione di scrivere l’inventario degli oggetti acquistabili presso un qualsiasi centro commerciale. Si tratta semplicemente di un elenco parziale di quei gadget che da anni vengono venduti insieme ai giornali. Li chiamano prodotti collaterali, ma nel panorama dell’informazione cartacea, in realtà, sono il riflesso di un declino che si è tentato di rallentare attraverso espedienti che di giornalistico non hanno nulla. Com’è facilmente intuibile, un’industria in salute non avrebbe alcun motivo per commercializzare beni che risultano estranei alla propria natura aziendale. Un giornale non è un grande magazzino. Ma sembra quasi che lo sia diventato. Grazie all’offerta di accessori a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, gli editori si sono a lungo cullati nella speranza di far fronte alla crisi che da tempo investe la stampa, specialmente quella quotidiana. L’obiettivo di una politica editoriale del genere è infatti evidente: mantenere elevato il livello di copie vendute, per non perdere i cospicui ricavi derivanti dalla raccolta pubblicitaria. Le varie testate, volenti o nolenti, hanno così dato origine a una vera e propria “guerra dei gadget”, in cui l’abilità delle forze in campo sta nel proporre il regalino

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