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La Costituzione e i problemi del ''fine vita''

Nell'elaborato sono esposte, in primo luogo, delle riflessioni giuridiche e filosofico-giuridiche intorno al tema dell'esercizio del diritto al rifiuto delle cure, ex art. 32 della Costituzione, e le implicazioni che esso comporta sotto un profilo strettamente penalistico. Successivamente, è illustrata un'analisi delle vicende giudiziarie relative casi "Welby ed Englaro". Infine, viene affrontato l'attuale e scottante argomento del possibile riconoscimento, nell'Ordinamento italiano, del cd. "testamento biologico", de iure condito e de iure condendo.

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1 L'ingresso del dibattito bioetico nell'interpretazione e applicazione delle disposizioni costituzionali Gli ordinamenti giuridici del presente si trovano a operare in un contesto che si caratterizza sostanzialmente per almeno due profili. In primo luogo, per l’enorme progresso e le straordinarie potenzialità che le nuove conoscenze e applicazioni mettono a disposizione degli uomini (o almeno di chi è in condizione di usarne). Nuovi scenari si schiudono in ogni campo del vivere e l’intuizione baconiana – scientia est potentia – diviene tangibile verità1. Ciò che l’uomo è oggi in grado di fare «e, nell’irresistibile esercizio di tale facoltà, è costretto a continuare a fare, non ha uguali nell’esperienza passata»2. Per la prima volta egli è in grado di determinare «non solo come deve vivere, ma che cosa deve costitutivamente essere»3. In secondo luogo – ed è questo il novum davvero radicale – quest'epoca storica si caratterizza per il fatto che il progresso della tecnica avviene in concomitanza con la «fine delle grandi narrazioni morali»4 e con lo sgretolarsi delle comunità monoetiche di un tempo, nelle quali esisteva una sola idea di bene per tutti i membri. La realtà nuova con cui fare i conti è la società multietica abitata da «stranieri morali», tali che quel che per alcuni è giusto, per altri è riprovevole. È la relativizzazione di ogni assoluto; il politeismo dei valori; la desacralizzazione della morale. È – in una parola – la secolarizzazione5. Questi i caratteri dell’età della tecnica, che con i suoi portati incide grandemente sul diritto e sul ruolo di cui viene investito: l’uomo postmoderno, infatti, vedendo moltiplicate e potenziate le sue possibilità, si rivolge al diritto non solo perché riconosca spazi di libertà sempre maggiori ed elimini divieti percepiti come obsoleti e inadeguati, ma anche e soprattutto perché tracci limiti all’invadenza dell’agire tecnico, per evitare che esso possa rivelarsi distruttivo di altre libertà e di altri diritti. 6 Insieme al fascino della nuova libertà, dunque, l’uomo avverte fortemente il pericolo che può derivare dalla sua incapacità di gestirla e, a fronte dell’imperativo tecnologico: «Quel che tecnicamente è possibile fare sarà fatto!», vede risorgere in lui l’interrogativo umano per eccellenza: «Tutto ciò che è possibile fare deve, per ciò solo, essere fatto? 7 ». 1 Cfr. Bacon F., La grande instaurazione. Parte seconda, trad. it., Novara, De Agostini, 2001, p. 50 ss. 2 Jonas H., Il principio di responsabiltà. Un'etica per la civiltà tecnologica, trad. it. Torino Einaudi, 1990 p. 27 3 Jonas H., Problemi attuali dell'etica in una prospettiva ebraica, in Jonas H., Dalla fede antica all'uomo tecnologico, trad. it. Bologna, il Mulino, 1991, p. 265 4 Engelhard H.T., Manuale di bioetica, trad. it. Milano, in Il Saggiatore, 1999, p. 37 5 Dalla Torre G, Bioetica e diritto, Torino, Giappichelli, 1993, p. 16 6 Tripodina C., Dio o Cesare? Chiesa cattolica e Stato laico di fronte alla questione bioetica, in www.costituzionalismi.it, 15 gennaio 2007, p. 1 7 Idem supra

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