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Il recupero delle funzioni cognitive nei soggetti colpiti da stroke

L’ictus cerebrale rappresenta la prima causa di invalidità a livello mondiale, con un rilevante impatto individuale, familiare, sociosanitario ed economico. Un fattore che ha, certamente, dato impulso alla trattazione dell’argomento è il mio interesse verso tale patologia, nonché il suo costante aumento nel tempo.
L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età, per cui il costante aumento della popolazione anziana di età superiore ai 65 anni comporterà l’aumento di tale patologia. Nel corso degli anni si sono sviluppate, nell’ambito della riabilitazione neuropsicologica, diverse proposte di trattamento volte al ripristino delle capacità cognitive danneggiate dall’ictus. La riabilitazione neuropsicologica è essenziale per permettere al paziente di riacquistare autonomia nelle normali attività di vita quotidiana, nonché per il suo reinserimento socio-lavorativo.
Nella parte iniziale, questo contributo si prefigge lo scopo di fornire una visione complessiva delle conoscenze attuali sulla patologia ictale. In particolare, si cercherà di effettuare una trattazione più completa possibile di tale patologia, dal punto di vista epidemiologico, neurobiologico e clinico, con l’obiettivo di dare vita a un testo di facile consultazione.
Nella parte centrale si fornirà una panoramica ampia del concetto di plasticità, cioè la straordinaria capacità del nostro cervello di adattarsi e di modificarsi quotidianamente, da un punto di vista funzionale e anatomico, in seguito a esperienze, apprendimenti e ad eventi patologici, come l’ictus. Le lesioni del SNC si accompagnano spesso a gravi e irreversibili alterazioni delle funzioni senso-motorie e cognitive superiori, tuttavia, grazie alla plasticità è possibile un recupero delle capacità funzionali del paziente. Sarà descritto in modo particolare il processo di recupero funzionale dell’ictus e le fondamenta biologiche di neuroplasticità sulle quali si basa.
Nella parte conclusiva sono esposte brevemente le diverse tecniche di intervento riabilitativo mirate al recupero delle principali funzioni cognitive compromesse dopo ictus. Viene posta una particolare attenzione al contributo che le varie metodiche di stimolazione offrono al paziente dal punto di vista riabilitativo. È possibile generare modificazioni durature dell’attività neurale e della connettività del sistema nervoso attraverso metodologie elettriche e/o elettromagnetiche, con l’obiettivo di giungere ad un’attivazione, inibizione, modifica e/o regolazione dell’attività cerebrale.
Saranno approfondite, in particolar modo, la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e la stimolazione elettrica transcranica (tES), i loro meccanismi d’azione e le applicazioni cliniche e terapeutiche.
Tali metodiche, tuttavia, non vanno concepite come un’alternativa alla terapia comportamentale, in quanto se applicate in assenza di terapie tradizionali non sembrano offrire grandi vantaggi terapeutici. Un approccio integrato sembra, ad oggi, il trattamento d’elezione per i pazienti affetti da stroke.
L’ultima parte della mia trattazione, è incentrata sul contributo in riabilitazione delle nuove tecnologie. Fra i più importanti avanzamenti tecnologici del settore riabilitativo cognitivo: la realtà virtuale (RV), le interfacce cervello-computer (Brain-Computer Interface, BCI) e le piattaforme digitali di teleriabilitazione.
La possibilità di raggiungere con strumenti accessibili a tanti (app, smartphone, tablet) anche il domicilio del paziente fa dell’uso della medicina digitale e robotica, nel settore riabilitativo, uno degli scenari di sviluppo più dirompenti. Lo scopo non è quello di sostituire i tradizionali servizi riabilitativi, ma anzi di potenziarne l’efficacia ed il mantenimento nel tempo, garantendo continuità di cura nel tempo, al fine di assicurare il benessere psico-fisico e sociale del paziente.

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29 2.4 Abilità specifiche e plasticità neuronale - Linguaggio e plasticità neuronale Lo sviluppo del linguaggio dipende dall’integrità di circuiti neurologici specifici e dal contatto con altri parlanti in un periodo critico che si colloca tra la prima infanzia e la pubertà. I soggetti esposti al linguaggio fin dalla nascita e dalla prima infanzia mostrano livelli di competenza linguistica più alti, nel caso, invece, di mancato contatto verbale si configura un marcato deficit di sviluppo. Un importante contributo si deve agli studi di Broca e Wernicke, i quali hanno dimostrato che il linguaggio è una facoltà biologica dotata di uno specifico substrato anatomico e funzionale. Tale nozione si deve allo studio fatto su pazienti affetti da un disturbo specifico del linguaggio (afasia), limitato prevalentemente alla produzione (afasia di Broca) o alla comprensione (afasia di Wernicke), conseguente a una lesione cerebrale, nella maggior parte dei casi a carico dell’emisfero sinistro (Denes, 2016). Grazie ai progressi delle metodiche di neuroimaging funzionale, che permettono di rilevare in vivo le aree cerebrali attive durante le operazioni linguistiche, è stato possibile confermare la correttezza del modello di Wernicke – Lichtheim secondo il quale nell’area di Broca (o 44 di Brodmann), collocata anteriormente all’area motoria primaria, sono depositati i programmi motori importanti per l’articolazione delle parole, mentre nell’area di Wernicke (area 22 di Brodmann), posta nella parte posteriore della circonvoluzione superiore temporale sinistra, avviene il processo di decodificazione e comprensione del linguaggio. La connessione fra le due aree si realizza grazie al fascicolo arcuato, che consente una connessione stabile fra le due aree (Denes, 2016). La dominanza dell’emisfero sinistro per il linguaggio si sviluppa solo se l’esposizione al linguaggio avviene nel periodo critico. Se tale processo è ostacolato, l’emisfero destro sostituisce il controlaterale ma in maniera meno efficace, con una certa difficoltà di elaborazione delle strutture grammaticali. Inoltre, in letteratura

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Parole chiave

recupero
realtà virtuale
riabilitazione
plasticità
ictus
stroke
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