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Il danno biologico

Il presente lavoro ha ad oggetto l'analisi del cosiddetto danno biologico, dunque lo studio della nozione e delle caratteristiche di una tipologia di danno non patrimoniale che, nel corso degli anni, è stata oggetto di numerose indagini che, non sempre, hanno manifestato uniformità di vedute fra gli studiosi e la giurisprudenza che della materia de qua si sono occupati.
L'indagine ha, così, richiesto, anzitutto, un excursus dei principali orientamenti susseguitisi nella dottrina più autorvole, nonché nella giurisprudenza maggioritaria in materia di "danno alla salute", espressione, attraverso cui, suole riferirsi alle situazioni in cui un soggetto subisca una lesione alla integrità psicofisica, per poi, consentire la disamina di quelle che, ad oggi, rappresentano le diverse sfaccettature o tipologie di danno alla persona riconosciute, se non tutte a livello normativo, dalla copiosa giurisprudenza e dottrina esistente in materia. Si tratta delle figure del danno morale, del danno esistenziale e del danno biologico, rispetto alle quali, nel primo capitolo del lavoro che si intende presentare, si sono analizzati i tratti predominanti e caratteristici, nonché i rapporti intercorrenti fra le diverse voci di danno in questione.
Nel secondo capitolo, l'indagine è proseguita con una analisi particolareggiata della figura del danno biologico, evidenziandosi come, al di là delle limitate ipotesi in cui, la stessa abbia ricevuto riconoscimento e disciplina normativa (il riferimento è all'art. 13, d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, recante "Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144" e, laddove il danno alla salute sia, invece, derivato da un sinistro stradale, causato da veicoli soggetti all'obbligo dell'assicurazione della r.c.a., agli artt. 138, comma 2, lettera a), e 139, comma 2, d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209, "Codice delle assicurazioni"), si debba, essenzialmente, alla giurisprudenza esistente in materia il merito di averne dettato la nozione, ricostruendone i caratteri principali e ricorrenti, e definendone le tecniche e le modalità di risarcimento. E' proprio in materia di risarcimento, o meglio, di liquidazione del danno biologico che si sono, infatti, registrate le maggiori problematicità causate dalla mancanza di una adeguata ed esaustiva normativa di settore, rendendosi, conseguentemente, necessario, per i giudici, tanto di legittimità, quanto di merito, intervenire al riguardo e fornire, attraverso la risoluzione delle fattispecie concrete di volta in volta sottoposte alla loro attenzione, criteri e linee guida indispensabili agli interpreti per sopperire alle lacune legislative fonte, ad oggi, di continui dubbi e perplessità in una materia così particolarmente delicata.
Il lavoro volgerà al termine con uno sguardo alla particolare figura del danno tanatologico, ovvero al danno derivante dalla morte di un soggetto in conseguenza di un fatto illecito altrui, con l'intento di esaminarne i profili di problematicità rilevati, tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, in riferimento al riconoscimento o meno della sua risarcibilità, dunque della sua trasmissibilità agli eredi della vittima.

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-3-   CAPITOLO I IL DANNO NON PATRIMONIALE SOMMARIO: 1. Il danno alla salute: origini ed evoluzione. – 2. Le diverse voci di danno non pa- trimoniale: brevi cenni. – 2.1. Il danno morale. – 2.2 Il danno biologico. – 2.3. Il danno esisten- ziale. – 3. I rapporti tra le singole voci di danno non patrimoniale. 1. Il danno alla salute: origini ed evoluzione. Con l’espressione danno alla persona si fa riferimento alle situazioni in cui un soggetto subisce una lesione alla integrità psicofisica 1 . Per lungo tempo solo il danno alla persona che incidesse sul patrimonio fu considera- to rilevante 2 , essendo diffusa la tendenza a limitare il risarcimento unica- mente alle spese sostenute e alla diminuzione dei redditi, oltre ai danni mo- rali nei limiti dell’art. 2059 c.c. Nessun rilievo, dunque, veniva attribuito all’integrità psicofisica di per sé considerata e, per liquidare il risarcimento, si faceva esclusivo riferimento al reddito da lavoro, alla percentuale di in- validità ed all’età del danneggiato. Tuttavia, come autorevolmente evidenziava Gentile, “i valori umani non si esauriscono nel guadagno, essi attingono la loro poliedrica consi- stenza ai superiori elementi del dover essere dell’uomo, rivolti a soddisfare le esigenze di quello spirito che ne costituisce l’essenza” 3 . Ciò che soddisfa queste esigenze, costituisce il complesso dei beni psichici dell’uomo: la perdita o la menomazione di questi beni si qualifica nella terminologia del codice civile, come danno non patrimoniale, che in alcun modo riguarda il patrimonio. Prima di affrontare le svariate problematiche derivanti, principalmen- te, dalla difficoltà di procedere alla valutazione del danno non patrimoniale, che, naturalmente, deve essere effettuata in denaro, è bene soffermarsi sulle                                                                                                                           1 Cfr. M.V. DE GIORGI, voce: Danno alla persona, in Enc.Giur.Trecc., Vol. X. 2 Cfr. FLAMINI, Il danno alla persona, Napoli, 2009, pp. 1 ss; Cfr. E. BONVICINI, Il danno alla persona, Milano, 1971, pp. 879 ss.; F. MASTROPAOLO, Il risarcimento del danno alla salute, Napoli, 1983, pp. 7 ss.; M. PARADISO, Il danno alla persona, Milano, 1981, pp. 47 ss. 3 Così G. GENTILE, voce: Danno alla persona, in Enc. Dir., Vol. XI, Giuffrè, Milano, p. 663.

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