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Pregiudizio o accoglienza? I media e l'immigrazione

I dati forniti dal Censis dimostrano che la presenza degli immigrati nei media sembra limitata più o meno esclusivamente ai fatti di cronaca.
Sarebbe troppo ottimistico pensare che questa associazione tra cronaca e immigrazione sia innocua, poiché si tratta di una ghettizzazione mediatica talmente massiccia e unidirezionale da portare gran parte della società (la classa politica in primis) a credere che questa rappresentazione deviante coincida effettivamente con la realtà di questo fenomeno.
In generale, l’immagine che si desume da quanto visto in televisione o letto sui giornali oscilla necessariamente dal “povero immigrato”, vittima di una gamma di possibili fatti negativi come atti criminosi, discriminazione, errori giudiziari, ritardi o malfunzionamenti burocratici, allo straniero violento o criminale. Gli studi di content analysis svolti sulla rappresentazione degli sbarchi sulle coste italiane hanno confermato questa visione ambivalente: il successo di uno o più sbarchi porta i media ad adottare la simbologia dell’invasione, mentre l’insuccesso di un viaggio verso le nostre coste (a causa delle cattive condizioni del mare) porta gli stessi media ad una rappresentazione pseudo-compassionevole verso la vicenda, i cui protagonisti sono definiti dei “disperati” in cerca di un futuro migliore.

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24 CAPITOLO 2 I media e l’immigrazione 2.1. Pregiudizi e stereotipi Il pregiudizio è un giudizio di valore che viene assunto a priori, senza che ci si preoccupi di verificarne la reale credibilità. Applicando questa generale definizione al contesto immigratorio, ci può venire incontro Allport il quale dà questa definizione di pregiudizio etnico: «un atteggiamento di rifiuto o di ostilità verso una persona appartenente ad un gruppo, semplicemente in quanto appartenente a quel gruppo, e che pertanto si presume in possesso di qualità biasimevoli generalmente attribuiti al gruppo medesimo». 22 Una frase come “gli zingari sono tutti delinquenti”, pur essendo un pensiero negativo individuale, si basa su un pensiero negativo collettivamente riferito ad un determinato gruppo. Non è certamente compito di questa tesi indagare sulla natura antropologica e/o psicologica di questo atteggiamento, ma è necessario sottolineare che gran parte della nostra identità sociale si basa proprio sulla distinzione tra il gruppo di appartenenza (ingroup) e altri gruppi (outgroup). Gli studi condotti in quest’area 23 dimostrano che costruire una valorizzazione positiva del proprio ingroup rispetto all’outgroup (“il gruppo di cui faccio parte è migliore di quello di cui non faccio parte”) nasce dal bisogno di valorizzare e difendere una debole identità. In altre parole, quanto più si considera negativo l’outgroup, tanto più si considera positivamente il proprio gruppo di appartenenza. 22 G. Allport, La natura del pregiudizio, Firenze, La Nuova Italia, 1973, p. 10 23 D. Capozza e R. Brown (a cura di), Social identity processes, London, Sage Publications, 2000

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