In (t)his world. Linee tematiche nell'universo cinematografico di Michael Winterbottom
15 titoli in una dozzina d’anni, quelli che vanno dal 1995 di “Butterfly kiss” al 2007 di “A mighty heart”: il ritmo realizzativo tenuto da Michael Winterbottom fin dagli inizi della sua carriera ha pochi eguali, non solo a livello britannico ma anche europeo. Non è però questo l’unico tratto peculiare della sua attività a saltare immediatamente agli occhi. Vi va aggiunto anche un raro eclettismo, che lo ha portato nel corso degli anni a mettersi alla prova sul terreno di generi assai diversi tra loro: dal citato thriller on the road dell’esordio al dramma in costume (“Jude”); dal western (“Le bianche tracce della vita”) al film-nel-film (“A cock and bull story”); dal noir (“I want you”) alla commedia leggera (“With or without you”); dal docu-drama (“Cose di questo mondo”) alla fantascienza (“Codice 46”)... Ed il catalogo potrebbe continuare.
Eppure, nel caleidoscopio in costante aggiornamento di questo regista è possibile individuare alcune dicotomie costanti, afferenti sia all’aspetto stilistico che a quello tematico delle sue pellicole: “documentario/finzione, realismo/stilizzazione, narrativo/non-narrativo, storia/mito, eredità/modernità e piacere/sconforto, tra gli altri”, per citare Deborah Allison (“Michael Winterbottom”, in Senses of cinema, maggio 2005, https://www.sensesofcinema.com/contents/directors/05/winterbottom.html - trad. mia). Tuttavia queste ricorsività, interne ad un percorso di continua esplorazione delle possibilità del cinema, spesso non sono state riconosciute ed ancor più raramente, dopo un’iniziale infatuazione, hanno riscontrato l’apprezzamento della critica. E se è indubbio che nel prosieguo della carriera egli non sia riuscito sempre a riconfermarsi ai livelli di freschezza di "Butterfly kiss" o di qualità formale di "Jude", ritengo altresì che titoli come "Wonderland" abbiano avuto meno fortuna di quanto avrebbero meritato. Per non dire poi di due dei quattro film che non hanno raggiunto le sale italiane, "24 hour party people" e "A cock and bull story" (gli altri due sono "I want you" e "9 songs"): esperimenti metacinematografici che richiedono allo spettatore una disponibilità non comune ad addentrarsi nei meandri di una narratività autoreferenziale e giocata su più livelli. Non per questo, però, presuntuosa e snob: anzi, piuttosto ironica (ed anche autoironica).
La mia idea, in sostanza, è che ci si trovi di fronte ad un regista spesso sottostimato da critica ed addetti ai lavori: portare alla luce i motivi d’interesse e di coerenza delle sue opere – sia quelle note al pubblico nostrano sia quelle, a maggior ragione, non distribuite in edizione italiana – è quindi lo scopo di questa trattazione. Una trattazione che cercherà di soffermarsi sull’aspetto contenutistico delle pellicole di Winterbottom, con particolare riferimento agli elementi tematici. Ma, allo stesso tempo, un lavoro che non vuole semplicemente confermare il catalogo di opposizioni stilato da Allison: anzi, semmai se ne discosta e lo dimentica (almeno in parte) per cercare nuove rotte. Parafrasando quello che lo scrittore Javier Marías diceva dei romanzieri, Sergi Sánchez, autore dell’unica monografia esistente dedicata al cineasta ("Michael Winterbottom. El orden del caos", San Sebastián, Festival internacional de cine de San Sebastián e Filmoteca vasca, 2002), scrive nell’introduzione del suo libro che esistono registi con mappa e registi con bussola. Ed include il 46enne inglese nella seconda categoria. Bene, coerentemente con questa attribuzione di metodo, anche questo mio breve studio – come peraltro già quello di Sánchez – è proceduto più con una bussola che con una mappa: c’erano naturalmente dei punti di partenza (banalmente, quei 15 titoli ed una certa mole bibliografica), ma la destinazione era in partenza ignota e l’approdo incerto.
A conti fatti, però, ritengo che il lavoro fatto sia valso per lo meno a comprendere meglio una coerenza di visione che, come un fiume carsico, riemerge qua e là nei film, tenendo spesso a braccetto l’impulso al cambiamento del regista.
Buon Winterbottom!
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Informazioni tesi
Autore: | Piervittorio Vitori |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | master universitario di I livello in Scritture per il cinema (sceneggiatura/critica)|
Anno: | 2007 |
Docente/Relatore: | Roy Menarini |
Istituito da: | Università degli Studi di Udine |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 129 |
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