Il tempo nel cinema orientale contemporaneo
Il presente elaborato nasce dal tentativo di tracciare un sentiero teorico, almeno in parte, finora inesplorato. Nel suo significato più ovvio, il sentiero indica un via da percorrere, senza intoppi, verso una meta prestabilita. Nella costruzione di un’argomentazione, partire da assunti imprescindibili, ci pone nella confortante situazione teorica di giungere a conclusioni ovviamente deducibili e sensate. Il percorso tracciato nelle pagine seguenti si svilupperà in maniera diversa. Nessuna verità assoluta, nessuna pretesa di fornire risposte ultime alle questioni sollevate, poichè il dato “a-prioristico” dell’indagine è sostanzialmente uno: il cinema e il tempo, protagonisti teorici del presente elaborato, si definiscono nel loro carattere aleatorio, nella loro capacità di manipolazione-costruzione del reale; pertanto non possono essere ingabbiati in rigidi schemi teorici. Piuttosto essi si prestano alla creazione di sentieri teorici “interrotti”, percorsi inediti in cui perdersi per poi ritrovarsi. Ecco il senso del sentiero “temporale” che costruiremo tra Oriente ed Occidente. Qui, percorrere una via, significherà lasciare spazio all’immaginazione, forzare talvolta la mano, creare rimandi e co-implicazioni suggestive e inedite. Piuttosto che offire una meta, una tesi ultima, il senso di queste pagine andrà cercato nella capacità di rimandare a sensi molteplici, visioni cangianti, in un’ ottica di scambio proficuo tra filosofia e cinema, tra Oriente ed Occidente.
Lo statuto ontologico del cinema è sempre sfuggito ad una declinazione univoca che permettesse di collocarlo all’interno di un ambito noetico specifico. E’ possibile infatti riflettere su di esso e attraverso di esso. In che modo? Ponendo il dispositivo cinematografico ora come soggetto dell’analisi (è il cinema che attraverso il suo linguaggio riflette su un ambito diverso da esso) ora come oggetto della stessa (la filosofia, la psicoanalisi, la letteratura utilizzano le loro teorie per interpretare il cinema). La sfida teorica sta proprio in questo. Parlare di cinema attraverso ciò che cinema non è, tentare di percorrere sentieri inesplorati, creare tassonomie inedite che consentano di creare legami di senso.
Il presente elaborato riflette tre essenziali obiettivi: il primo è quello di fare un “uso” filosofico del cinema, cercando di unire il sistema di pensiero occidentale e orientale al testo filmico, ponendo in secondo piano le caratteristiche prettamente tecniche delle singole pellicole e puntando sull’interpretazione filosofica; secondo obiettivo, chiaramente nato all’interno del precedente, è leggere il cinema attraverso una categoria che costituisce uno dei cardini della riflessione filosofica fin dalle sue origini, il tempo. Partiremo dal presupposto che esso, all’interno del dispositivo cinematografico è presente in due declinazioni: tema esibito o celato e modalità di strutturazione a livello narrativo. E’ noto che la riflessione occidentale ha sempre inseguito l’illusione di poter racchiudere il concetto del tempo in un ambito del tutto specifico ma si è puntualmente scontrato con l’impossibilità di definirlo in maniera univoca, accontentandosi di spezzettarlo in forme, immagine, proiezioni. Al contrario la filosofia orientale ha pensato il tempo nella sua concretezza, nel suo “farsi quotidiano”, privilegiando una concezione temporale secondo cui l’esistenza umana non è un altro che un ciclo ininterrotto di morti e rinascite.
Arriviamo al terzo obiettivo che in qualche modo riflette il senso più ampio dell’intero lavoro. Riflettere sul tempo nel cinema. Il cinema che nasce nell’ estremo Oriente e che spesso rimane inedito per gli spettatori italiani.
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Informazioni tesi
Autore: | Ylenia Meliti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi della Calabria |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Teoria della prassi comunicativa e cognitiva |
Relatore: | Roberto De Gaetano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 123 |
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FAQ
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