Ordinamento sportivo ed ordinamento statale: spunti critici sulle possibili forme di interconnessione
Si può convenzionalmente definire lo sport come “ogni attività ludica organizzata le cui regole sono universalmente accettate e ritenute vincolanti da coloro che la praticano” . Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali e l’ottenimento di risultati sempre lealmente migliorabili in competizioni di tutti i livelli.
La nozione, appena descritta, non risulta, oggi, corrispondere a realtà: il fenomeno sportivo ha conosciuto un’evoluzione, che lo ha allontanato da quelli che erano (e dovrebbero essere) i suoi tratti caratteristici. Questo mutamento ha naturalmente determinato il sorgere di nuovi e maggiori problemi, in quanto sono coinvolti interessi di ogni genere: economici, politici e sociali.
Il recente c.d. “scandalo calciopoli”, che ha coinvolto il “sistema calcio”, è l’esempio più clamoroso di quanto il mondo dello sport (e soprattutto quello del calcio) si stia allontanando da quei valori che, invece, dovrebbero rappresentare le fondamenta su cui costruire lo stesso.
A questo si deve aggiungere che - da ormai un quindicennio - il principio dell’assoluta autonomia della giustizia sportiva (c.d. “domestica”), in passato affermato senza rilevanti contestazioni, ha trovato smentita in ripetute “incursioni” della magistratura dello Stato, in particolare di quella amministrativa, in ragione della c.d. “sovranità e supremazia” dell’ordinamento statuale; valgano, come esempio, i numerosi casi di radiazione di società o di mancata iscrizione delle stesse ai campionati, portati all’attenzione del Giudice statale.
Proprio le “incursioni” più incisive del Giudice statale nella “giustizia domestica” dello sport (il c.d. “caso Catania”, nell’estate 2003) sono state determinanti affinché il Legislatore statuale intervenisse al fine di dirimere il conflitto tra gli organi di giustizia sportiva e quelli statali, individuando le materie di competenza di quest’ultimi.
Tuttavia, ancora oggi, nonostante l’emanazione della l. 280/2003, il conflitto tra gli organi di giustizia, sportiva e non, è tutt’ altro che risolto, stante la continua diatriba in merito a ciò che è rilevante per l’ordinamento generale, e ciò che invece non lo è.
All’interno del sistema di giustizia sportiva si possono rinvenire quattro aree diverse di esercizio della giustizia sportiva, ciascuna con le proprie caratteristiche: ci riferiamo a quella tecnica, a quella economica, a quella disciplinare e, infine, a quella amministrativa.
È nell’ambito della giustizia disciplinare che si consuma il contrasto più acceso fra l’ordinamento sportivo e quello statale: il primo “rivendica” la propria autonomia, in ragione della sua specialità; il secondo esclude che tale autonomia possa definirsi assoluta, riconoscendo, come legittimo, l’intervento del Giudice statuale, in virtù della “supremazia” dell’ordinamento generale (ordinamento statale) su quello particolare (ovvero quello sportivo).
La complessità è determinata, non solo, dalla tendenza di club ed atleti, eventualmente non soddisfatti dalle decisioni adottate dagli organi di giustizia sportiva, di ricorrere sempre di più alla giustizia statale, per la tutela dei propri interessi, ritenendo insufficienti le garanzie procedurali fornite dal sistema di giustizia sportiva, rispetto a quanto previsto nell’ambito dell’ordinamento statale.
Ma anche, e soprattutto, dal fatto che il soggetto dell’ordinamento sportivo è, allo stesso tempo, anche soggetto dell’ordinamento statale e, quindi, come tale, portatore di diritti soggettivi ed interessi legittimi.
Non è possibile, perciò, disconoscere in capo a tale soggetto la facoltà di ricorrere ad un Giudice statale, in virtù degli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione, laddove lamenti una lesione della sua sfera giuridica. Né è accettabile l’idea che diritti soggettivi ed interessi legittimi, tutelabili rispettivamente dinanzi al Giudice ordinario e al Giudice amministrativo, possano essere conosciuti solo dagli organi di giustizia sportiva.
Quella tra ordinamento sportivo e ordinamento statale sembra una lotta
senza fine. Il primo rivendica continuamente la propria autonomia, tentando di affermare la sua immunità dal diritto e dalla giurisdizione statale; il secondo la propria supremazia.
Sarebbe opportuno un nuovo intervento da parte del Legislatore affinché “riveda” e perfezioni la legge n. 280/2003, riconoscendo un maggior dominio al Giudice statale, e da parte della Corte Costituzionale, al fine di risolvere definitivamente il problema della legittimità costituzionale della “pregiudiziale sportiva” che, ex art. 3 della l. 280/2003, spesso ostacola la piena attuazione del diritto di azione/difesa giurisdizionale, sancito costituzionalmente.
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Informazioni tesi
Autore: | Fiorenza Setaccioli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Saverio Sticchi Damiani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 173 |
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