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La responsabilità disciplinare del magistrato in relazione all'autonomia e all'indipendenza della magistratura

L’incessante ed annoso dibattito sull’organizzazione interna della magistratura nel nostro Paese prende le mosse dall’esigenza, costantemente avvertita, di ritagliare ad essa spazi di autonomia sempre più estesi e di fortificare efficacemente la linea di confine tra questa e gli altri poteri dello Stato. Il quotidiano confronto tra i rappresentanti delle istituzioni passa, dunque, necessariamente attraverso l’assidua ricerca di un ideale percorso riformistico verso l’effettiva indipendenza ed autonomia della magistratura. Sicché la trasformazione sostanziale dell’organizzazione della giustizia compiuta dai Padri della Costituzione, è strada, ancora oggi, fervidamente battuta dai costituzionalisti.
In altri termini, l’opera compiuta dai Costituenti può essere considerata, senza timore di essere smentiti, come il semplice avvio di un acceso confronto istituzionale ancora in corso. L’effettiva indipendenza ed autonomia della magistratura dal potere politico è esigenza e conquista caratterizzante ogni sistema democratico avanzato. Per cui, a buon diritto le prospettive di riforma elaborate dal legislatore non sfuggono al rigoroso, doveroso e diffuso setaccio istituzionale. La frenetica ricerca del punto di equilibrio tra gli organi titolari dei poteri dello Stato, le censure perentorie e gli animati biasimi indirizzati ai promotori anche della più pallida proposta riformista, dunque, rappresentano, insieme, la cifra autentica della storia della magistratura italiana e il salutare tramestio all’origine dello sviluppo della coscienza politico-istituzionale dei singoli cittadini. Orbene, al fine di procedere, con massimo profitto, all’esame degli attuali sviluppi del dibattito e delle recentissime proposte di riforma, è preliminarmente necessario ripercorrere scrupolosamente le tappe più significative che hanno segnato, nel corso dei decenni, l’evoluzione dell’organizzazione giudiziaria italiana. Occorrerà, dunque, innanzitutto, mettere in luce l’intima contraddizione del periodo liberale, diviso tra la svolta garantista impressa dallo Stato liberale ai principi e agli istituti già noti al liberalismo ottocentesco, da un lato, ed il controllo, particolarmente incisivo ed esteso, esercitato dal potere esecutivo sull’attività dei giudici, dall’altro. Dovrà, poi, procedersi alla congrua disamina degli sviluppi autoritari del regime fascista e dei rovinosi effetti sull’amministrazione della giustizia, prima di passare, finalmente, alla descrizione del modello di magistratura introdotto dalla Costituzione repubblicana e, dunque, all’esame accurato dei principi cui è informato l’ordinamento giudiziario. Occorrerà, infine, esaminare i contenuti della recente riforma della composizione e del sistema elettorale del C.S.M.. - considerato anche l’intenso dibattito che ne ha accompagnato l’entrata in vigore -, i recenti sviluppi del processo di riforma costituzionale e le proposte, de iure condendo, di riforma dell’organizzazione della giustizia.

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I INTRODUZIONE L’incessante ed annoso dibattito sull’organizzazione interna della magistratura nel nostro Paese prende le mosse dall’esigenza, costantemente avvertita, di ritagliare ad essa spazi di autonomia sempre più estesi e di fortificare efficacemente la linea di confine tra questa e gli altri poteri dello Stato. Il quotidiano confronto tra i rappresentanti delle istituzioni passa, dunque, necessariamente attraverso l’assidua ricerca di un ideale percorso riformistico verso l’effettiva indipendenza ed autonomia della magistratura. Sicché la trasformazione sostanziale dell’organizzazione della giustizia compiuta dai Padri della Costituzione, è strada, ancora oggi, fervidamente battuta dai costituzionalisti. In altri termini, l’opera compiuta dai Costituenti può essere considerata, senza timore di essere smentiti, come il semplice avvio di un acceso confronto istituzionale ancora in corso. L’effettiva indipendenza ed autonomia della magistratura dal potere politico è esigenza e conquista caratterizzante ogni sistema democratico avanzato. Per cui, a buon diritto le prospettive di riforma elaborate dal legislatore non sfuggono al rigoroso, doveroso e diffuso setaccio istituzionale. La frenetica ricerca del punto di equilibrio tra gli organi titolari dei poteri dello Stato, le censure perentorie e gli animati biasimi indirizzati ai promotori anche della più pallida proposta riformista, dunque, rappresentano, insieme, la cifra autentica della storia della magistratura italiana e il salutare tramestio all’origine dello sviluppo della coscienza politico-istituzionale dei singoli cittadini. Orbene, al fine di procedere, con massimo profitto, all’esame degli attuali sviluppi del dibattito e delle recentissime proposte di riforma, è preliminarmente necessario ripercorrere scrupolosamente le tappe più significative che hanno segnato, nel corso dei decenni, l’evoluzione dell’organizzazione giudiziaria italiana. Occorrerà, dunque, innanzitutto, mettere in luce l’intima contraddizione del periodo liberale, diviso tra la svolta garantista

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