II
impressa dallo Stato liberale ai principi e agli istituti già noti al liberalismo
ottocentesco, da un lato, ed il controllo, particolarmente incisivo ed esteso,
esercitato dal potere esecutivo sull’attività dei giudici, dall’altro. Dovrà, poi,
procedersi alla congrua disamina degli sviluppi autoritari del regime fascista e dei
rovinosi effetti sull’amministrazione della giustizia, prima di passare, finalmente,
alla descrizione del modello di magistratura introdotto dalla Costituzione
repubblicana e, dunque, all’esame accurato dei principi cui è informato
l’ordinamento giudiziario. Occorrerà, infine, esaminare i contenuti della recente
riforma della composizione e del sistema elettorale del C.S.M.. - considerato
anche l’intenso dibattito che ne ha accompagnato l’entrata in vigore -, i recenti
sviluppi del processo di riforma costituzionale e le proposte, de iure condendo,
di riforma dell’organizzazione della giustizia.
1
CAPITOLO I
LA MAGISTRATURA DURANTE LA VIGENZA DELLO
STATUTO ALBERTINO (1861-1948)
1.1 Magistratura e potere esecutivo nello Stato liberale
La disciplina contenuta nel titolo quarto della Carta Costituzionale, ancorché
rappresenti l’esito finale di un’evoluzione garantista di principi ed istituti già noti
al liberalismo ottocentesco
1
, segna nel contempo il distacco da quel medesimo
passato per inscriversi all’interno di un tessuto costituzionale informato ad un
pluralismo assiologico sconosciuto alla tradizione statutaria e, ancor di più, al
regime fascista. Era convinzione dell’onorevole Bozzi che ogni giudice, sia esso
ordinario che speciale, avrebbe dovuto necessariamente uniformare la propria
azione ai principi fondamentali, immessi nel tessuto costituzionale, i quali
costituivano un’importante garanzia per assicurare il regolare svolgimento dei
giudizi e la difesa dei diritti dei cittadini
2
. Il Costituente, sin dall’avvio dei lavori
fu infatti impegnato ad inserire nel nuovo testo fondamentale valori e istituti che
rappresentassero una novità rispetto ad una disciplina statutaria
3
, la quale, a
cagione di un’eccessiva duttilità e incapacità di assecondare le profonde
trasformazioni di una società di massa, aveva favorito un’involuzione degli
apparati giurisdizionali in senso decisamente antidemocratico. Questo fenomeno,
certamente esiziale per gli interessi degli individui, che ebbe il suo punto di arrivo
nel regime dittatoriale, rinveniva le sue radici proprio nel declino dello Stato
liberale, di cui il fascismo rappresentò la fisiologica degenerazione. Nel corso del
periodo liberale, nonostante l’esplicita previsione statutaria di alcune garanzie a
1
Cfr. A. PIZZORUSSO, L’organizzazione della giustizia in Italia, Torino, 1990, p. 38.
2
On. A. BOZZI, in Atti Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione, Seconda
Sottocommissione, Seconda Sezione, seduta del 18 Dicembre 1946, p. 1936.Tratto da “La
Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori, Roma, 1970.
3
Cfr. A.M. POGGI, Il sistema giurisdizionale tra “attuazione” e “adeguamento” della
Costituzione, Napoli, Jovine, 1995, p. 133.
2
favore dell’ordine giudiziario, il potere esecutivo arrivò a svolgere un controllo
esteso e particolarmente incisivo sull’attività dei giudici, assolutamente
pregiudizievole per la loro indipendenza, che Calamandrei giudicò priva di
consistenza
4
, alla mercè di gruppi reazionari o nazionali, avvezzi a considerare la
giustizia elusivamente come strumento per la difesa dei loro privilegi
5
. Del resto,
la stessa previsione statutaria di una derivazione della Magistratura dal Sovrano,
nel cui nome avrebbe dovuto amministrare la giustizia (art. 68), induceva i più a
considerare l’ordine giudiziario come una mera articolazione della pubblica
amministrazione, una sua appendice, al cui vertice era posto il Ministro della
Giustizia e non come un “distinto potere dello Stato”
6
. Siffatta accessorietà era
poi, ulteriormente comprovata da una sostanziale dipendenza
7
dei Magistrati, per
tutto quanto concerneva il loro status impiegatizio (dalle nomine, ai
trasferimenti, alle promozioni, ai poteri disciplinari, ecc….), da un organo
politico che, pur rimanendo in teoria estraneo alle funzioni giudiziarie, finiva
sempre per portare l’influsso della corrente politica da lui rappresentata in seno
al governo, fino a condizionare la “vita interna” del corpo giudiziario
8
. A
conferma di quanto precede, la stessa facoltà attribuita al Guardasigilli di
trasferire il giudice, anche senza il suo consenso, “per l’unità del servizio” (art.
199, 2° comma dell’ordinamento giudiziario del 1865
9
), nonché di esercitare
“l’alta sorveglianza su tutte le Corti, i Tribunali e i Giudizi dello Stato”, potendo
anche ammonirli e chiamarli «a sé» per rispondere sui fatti ad essi imputati (art.
4
Cfr. P. CALAMANDREI, Indipendenza e senso di responsabilità del giudice, in opere giuridiche,
a cura di M. Cappelletti, vol. I, Napoli, 1965, p.654.
5
On. P. TOGLIATTI, Per l’indipendenza della giustizia e la dignità della magistratura, in L’Unità,
del 17 luglio 1945, richiamato da F. Rigano, Costituzione e potere giudiziario, Padova, 1982, p. 44.
6
Cfr. S. SENESE, Giudice (nozione e diritto costituzionale), in Dig. Disc. Pubb., vol. VII, Torino
1991, p. 202.
7
In particolare il R.D. 6 dicembre 1865, n. 2626 (ordinamento giudiziario del Regno d’Italia), la
legge Orlando 24 luglio 1908, n. 438 (sul sistema disciplinare), il R.D. 14 dicembre 1921, n. 1978
(sulle promozioni)
8
Relazione introduttiva al progetto presentato dall’ On. G. Patricolo (il potere giudiziario e la
Suprema Corte Costituzionale) alla Commissione per la Costituzione, e discusso durante le sedute
della Sec. Sott. Sez. del 5 e 6 dicembre 1946, in Materiali della Repubblica, Assemblea Costituente,
vol. I, Tomo II, Reggio Emilia, 1991, p.245
9
R.D. 6 dicembre, n. 2626. G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, in Pol. Del Dir. 1972, p.
568
3
216), fu sovente esercitata dai diversi governi per tenere sotto tutela i magistrati
recalcitranti e per influenzare le Corti giudicanti. Frequente, almeno fino al 1890,
fu altresì il ricorso da parte del Governo alla nomina politica e partigiana dei
magistrati, che consentiva la selezione di persone compiacenti, certamente poco
ostili all’indirizzo governativo. Non tralasciando poi di considerare il particolare
ruolo del Magistrato del Pubblico Ministero,collocato, già prima dell’unità, sotto
la direzione del Ministro della giustizia, come suo “rappresentante” presso
l’autorità giudiziaria (art. 129 dell’ordinamento giudiziario del 1865),e del quale
doveva osservare le istruzioni impartite mediante circolari, in grado di
condizionare finanche l’avvio dell’azione penale, oltre ai comportamenti
10
. Da
qui un atteggiamento, giustificato da aspirazioni di carriera, di un diffuso
conformismo che talvolta si confondeva col servilismo da parte di un cospicuo
settore della magistratura nei riguardi dei detentori del potere, tanto da indurre
Calamandrei a rilevare come il nostro ordinamento giudiziario, pur riuscendo a
salvaguardare il giudice « contro le vendette », non era per converso nelle
condizioni di difenderlo da un’arma assai più insidiosa e penetrante, cioè contro i
favori dei governanti
11
. Ma i condizionamenti del potere politico non si
fermavano alla soglia della carriera del magistrato, poiché investivano la stessa
amministrazione della giustizia attraverso una varietà di comportamenti che
andavano dalla preventiva preclusione, al potere giudiziario di intervenire nei casi
in cui la legge l’avrebbe richiesto, fino alla sostituzione del giudice per dirimere
controversie determinatesi tra amministrazione e cittadini
12
.
10
G. NEPPI MODONA, La magistratura e il fascismo, cit. , p. 567
11
P. CALAMANDREI, Governo e magistratura, Discorso inaugurale dell’ Anno Accademico
dell’Università di Siena (1921), in Opere Giuridiche, a cura di M. Cappelletti, vol. II, p. 208. La
contiguità tra magistratura e ambienti politici è evidenziata da G. Neppi Modana, Ruolo della
giustizia e crisi del potere politico, p. 10 sulla base di dati che dimostrano che sino alla fine dell’ 800
i magistrati chiamati a coprire le più alte cariche dell’organizzazione giudiziaria erano in genere di
estrazione politica.
12
On. G. LEONE, A. C. Sec. Sott. Sec. Sez., seduta del 18 Dicembre 1946, p. 1937.
4
1.2 Sviluppi autoritari del regime fascista e suoi effetti
sull’amministrazione della giustizia
Sotto il profilo strutturale, benché il regime fascista non avesse introdotto una
riforma particolarmente significativa dell’ordinamento giudiziario vigente, tanto
da indurre taluno a parlare di una «sostanziale continuità istituzionale e
normativa
13
» con lo Stato ottocentesco, è indubbio che esso portò a maturazione
un’inclinazione autoritaria già presente durante il periodo liberale. Tale
evoluzione, certamente rovinosa per i diritti individuali, procedette in varie
direzioni: attraverso il potenziamento della gerarchia interna della magistratura;
l’amplificazione dei poteri dell’esecutivo, anche ricorrendo all’esercizio di un
controllo indiretto sugli apparati giurisdizionali e diretto sull’ufficio del
Magistrato del Pubblico Ministero, che continuava ad essere alle sue dipendenze;
la moltiplicazione delle giurisdizioni speciali e straordinarie, come il Tribunale
speciale per la difesa dello Stato, a composizione prevalentemente militare,
istituito per perseguire e reprimere gli oppositori politici
14
.
Ciò a conferma di una sistematica erosione dell’ordinamento statutario, già
avviata durante il periodo liberale, che condusse al sostanziale svuotamento delle
esigue guarentigie riconosciute alla magistratura assolutamente incapaci di porre
un argine a possibili avventure costituzionali
15
. Nonostante il regime fascista non
si fosse mai formalmente espresso per la sospensione dello Statuto Albertino, è
indubitabile, tuttavia, che il testo fondamentale dello Stato fu di fatto reso
inoperante per essere stato costretto in una gabbia di leggi fasciste
16
. E così, tra i
primi provvedimenti adottati dal governo Mussolini con la riforma Oviglio del
1923, va ricordata l’abolizione dell’elettività dei componenti del Consiglio
Superiore della Magistratura, con l’effetto di demandare la nomina direttamente
al Guardasigilli sentito il Consiglio dei Ministri, ripristinando in tal modo una
13
Cfr. S. SENESE, Giudice (nozione e diritto costituzionale), cit., p.204.
14
Cfr. C. GUARNIREI, Magistratura e politica in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993, p.86.
15
Cfr. P. POMBENI, La Costituente, Bologna, 1995, p.38.
16
Cfr. U. TERRACINI, Come nacque la Costituzione, a cura di P. Balsamo, Roma, 1978, p. 23.
5
regola risalente al 1902. Lo stesso ordinamento giudiziario introdotto
successivamente dal Ministro Grandi prevedeva un Consiglio Superiore della
Magistratura presso il Ministero di Grazia e Giustizia, cui venivano attribuite
mere funzioni consultive. Il principio del così detto autogoverno della
magistratura appariva, infatti, al Guardasigilli assolutamente incompatibile con il
concetto di Stato fascista. Non era, cioè, ritenuto ammissibile che continuassero
ad esistere organi indipendenti dallo Stato medesimo, o autarchie, o caste
sottratte al potere sovrano unitario, supremo regolatore di ogni pubblica
funzione. Anche se è d’uopo qui ricordare che siffatta torsione della magistratura
ai desideri del governo non sembrò, salvo rare eccezioni, neppure trovare una
particolare resistenza da parte dei diretti interessati a cagione di una loro
sostanziale omogeneità socio/culturale con il potere politico
17
. Almeno nella fase
di avvio dell’esperienza fascista, quando la dittatura non aveva mostrato appieno
le sue potenzialità oppressive e persecutorie, la magistratura venne, infatti,
naturalmente ad allinearsi agli indirizzi del ceto politico governante.
17
Cfr. G. NEPPI MODONA, La magistratura e il fascismo, cit., p. 346.
6
CAPITOLO II
L’ASSETTO COSTITUZIONALE DELLA MAGISTRATURA
2.1. La Magistratura come “potere” nei primi passi della
Costituzione
La magistratura trova tutela costituzionale nella parte II della Carta
Costituzionale, intitolata “Ordinamento della Repubblica”, collocata del titolo
IV, suddiviso in due sezioni: “Ordinamento giudiziario” e “Norme sulla
giurisdizione”.
La sua collocazione dogmatico-sistematica riflette il ruolo stesso della funzione
giurisdizionale, come forma di Stato di diritto
18
. Secondo la definizione, in cui al
primo comma dell’art. 104 della Costituzione, “la magistratura costituisce un
ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere”. Ma è proprio su tale
comma che si sono avute, e si hanno tuttora le più accese discussioni, poiché
pone un dubbio circa la reale natura della magistratura, individuata come un
“ordine” o un “potere”, e tale incertezza è ulteriormente acuita dalla seconda
parte del comma 1 dell’art. 104 Cost., che sottolinea l’indipendenza della
magistratura non dai poteri, ma dagli altri poteri dello Stato, dove l’aggettivo
“altri” non è pletorico, ma usato esplicitamente per evidenziare la peculiare
posizione della magistratura fra le istituzioni statali
19
.
Nell’assemblea costituente, Piero Calamandrei, attribuiva una fondamentale
importanza, con Meuccio Ruini, presidente della “Commissione dei
settantacinque”, ai principi dello Stato di diritto e democratico, del quale la
magistratura è fondamento indispensabile, e la sua indipendenza corollario
dell’uguaglianza davanti alla legge nel quadro istituzionale della separazione dei
18
AMATO – BRUNO, La forma di governo italiana. Dalle idee dei partiti all’Assemblea
costituente, in Quaderni costituzionali, 1981, pag. 33, ss.
19
G. VERDE, L’ordinamento giudiziario, Milano, Giuffrè, 2003, pag.4
7
poteri
20
. La commissione dei settantacinque si era proposta, non solo di
trasfondere nella Costituzione, le basi di una radicale inversione di tendenza
rispetto alla fase storica precedente, dove il regime fascista aveva accentuato
oltremodo, il carattere autoritario e illiberale dello Stato, ma anche di determinare
consistenti progressi rispetto al livello di attuazione del principio di legalità e di
civiltà
21
.
L’assemblea costituente percepisce, nel contenuto effettivo del nuovo patto
costituzionale una linea di profonda trasformazione istituzionale, sociale e
politica del nostro paese. Il costituente italiano in ragione dell’esperienza
autoritaria e totalitaria del fascismo, è consapevole dell’impatto che determinerà
la Costituzione, tanto che si parlerà poi, di “uno stato di congelamento” della
Costituzione per la difficile attuazione delle norme di natura precettiva, in esse
contenute
22
.
Aldo Moro parlerà della vera e propria “funzione educativa” che le disposizioni
costituzionali avrebbero dovuto svolgere , per cui successivamente affermerà che
“la Costituzione nasce in un momento di agitazione e di emozione. Quando vi
sono scontri di interesse e di intenzioni, nei momenti duri e tragici, nascono le
Costituzioni, e portano di questa lotta dalla quale emergono il segno
caratteristico”
23
. Ma queste affermazioni facevano parte di un discorso più
ampio, nel quale Moro ricordava che l’intesa costituzionale di fondo era derivata
dalla comune opposizione alla “lunga oppressione fascista dei valori della
personalità umana e della solidarietà sociale”, allora, concludeva Moro, “guai a
noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra
Costituzione da una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa
sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica
20
P. CALAMANDREI, Scelte della Costituente e cultura giuridica, Il Mulino, 1980, pag. 15, ss.
21
V. FALZONE-F. PALERMO-F. COSENTINO, La Costituzione della Repubblica nei lavori
preparatori dell’Assemblea costituente, Milano, 1976, pag. 72.
22
Cfr. Relazione del Presidente della Commissione al progetto di Costituzione della Repubblica
italiana, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea costituente,
Camera dei Deputati, 1970, vol. I, pag. LXXXIIM
23
M. POMBERI, La Costituente, Il Mulino, 1995, pag. 68