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Multimedialità nei servizi museali

Il tentativo di comprendere le modalità con cui da un lato il museo comunica il proprio sapere e dall’altro il visitatore vive l’esperienza della conoscenza, percorre vie che sono per molti aspetti affini a quelle di chi analizza un testo ed il modo in cui esso viene interpretato e significato dal lettore.
Il museo stesso è, in realtà, un testo: un insieme di segni coordinati retti da un’intenzionalità comunicativa che li rende messaggi. Se il museo è il luogo dove non si raccolgono solo cose, ma anche segni, allora chi ne percorre gli spazi ascoltando le voci delle opere dislocate lungo gli stessi è sì un visitatore, ma anche un lettore che crea continuamente nuovi significati a partire da queste voci.
Per questo motivo si è scelto, nel primo capitolo, di affrontare la questione dell’utilizzo della multimedialità nella creazione dei servizi che confluiscono nell’offerta del museo al visitatore privilegiando il punto di vista della comunicazione. Dato il presupposto che il processo di veicolazione di un messaggio non sia mai banale trasmissione di informazioni da un emittente ad un destinatario, bensì un processo comunicativo che avviene in un determinato contesto culturale, attraverso uno o più canali, e che s’avvale di linguaggi (codici) specifici che ne influenzano l’esito, nella prima parte del primo capitolo si osservano i vari aspetti che contribuiscono a modellare il messaggio. Nella seconda parte del primo capitolo si sottolinea il ruolo del Lettore, ossia di chi ascolta le “storie” degli oggetti in mostra, interpretandole e significandole in base al proprio vissuto personale, alle proprie categorie mentali (script, frames), modalità cognitive (simbolico-ricostruttiva, psico-motoria), alla cultura in cui è immerso. Ciò comporta una continua ridefinizione delle proprie categorie ermeneutiche, dei propri orizzonti interpretativi, e una costante creazione di nuove storie, nuove trame, nuovi tessuti culturali, nuovi discorsi.
Se già nel primo capitolo si era già accennato all’importanza del linguaggio nella realizzazione di un common domain, di uno spazio simbolico dove questo scambio di conoscenza possa avvenire, nel secondo capitolo si approfondiscono dinamiche di relazione fra linguaggio e realtà, sottolineando come il primo, determinando la prospettiva attraverso la quale si osserva la seconda, si costituisca come un potente strumento di rappresentazione e di creazione di significati.
Sia che si tratti di linguaggio inteso come parole in un testo, che di interfaccia come programma computazionale, esso costituisce uno spazio comune di confine fra due sistemi fra loro eterogenei – quello di chi comunica e di chi interpreta – che plasma inevitabilmente la comunicazione nel suo complesso, attraverso una grammatica e un’estetica ben precise. Le modalità di fruizione dell’intero sistema di conoscenza vengono orientate dai nuovi media secondo un approccio estetico, sensoriale, affettivo, oppure semplicemente cognitivo, di reperimento di informazioni: ciò conferma, per l’ennesima volta, come il mezzo sia portatore di una propria modalità ermeneutica, ovvero, con le parole di McLuhan, “the medium is the message”.
Ma in che modo la tecnologia aiuta i visitatori a riflettere, ricordare, immaginare, valutare, comparare e, infine, interpretare il messaggio che sta dietro alla mostra?
I nuovi media possono ampliare, approfondire, arricchire la visita al museo grazie alla pluralità delle loro funzioni, ma soprattutto al loro carattere di convergenza (in quanto consentono di manipolare informazione in forma digitale) e di interattività, consentendo una comunicazione sistemica e reticolare, piuttosto che lineare di tipo top-down. Essi si caratterizzano, poi, per la loro multicodalità, consentendo a chi li utilizza un approccio sinestetico (a livello quanto meno visivo e uditivo, ma nel caso della realtà virtuale anche tattile e cinestetico), particolarmente appropriato in ambito museale, dove il visitatore ricerca esperienze sensoriali, emotive, immersive.
Inoltre, la tecnologia non riproduce, ma rappresenta: essa non segue logiche descrittive, bensì ostensive (restauro virtuale, disponibilità di accesso a enormi banche dati, accesso all’infinitamente piccolo, grande, lontano…), offrendo possibilità espressive e strumenti di contestualizzazione che vanno ben oltre l’esibizione dell’oggetto reale in tutta la sua parzialità e, spesso, incompletezza.
Ci si chiede se il visitatore, davanti a queste rappresentazioni, non si senta come un prigioniero nella caverna di Platone, che vede passare sugli schermi dei computer ombre (immagini) di oggetti (contenuti reali) che non possono vedere.

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I INTRODUZIONE Il tentativo di comprendere le modalità con cui da un lato il museo comunica il proprio sapere e dall’altro il visitatore vive l’esperienza della conoscenza, percorre vie che sono per molti aspetti affini a quelle di chi analizza un testo ed il modo in cui esso viene interpretato e significato dal lettore. Il museo stesso è, in realtà, un testo: un insieme di segni coordinati retti da un’intenzionalità comunicativa che li rende messaggi. Se il museo è il luogo dove non si raccolgono solo cose, ma anche segni, allora chi ne percorre gli spazi ascoltando le voci delle opere dislocate lungo gli stessi è sì un visitatore, ma anche un lettore che crea continuamente nuovi significati a partire da queste voci. Per questo motivo si è scelto, nel primo capitolo, di affrontare la questione dell’utilizzo della multimedialità nella creazione dei servizi che confluiscono nell’offerta del museo al visitatore privilegiando il punto di vista della comunicazione. Dato il presupposto che il processo di veicolazione di un messaggio non sia mai banale trasmissione di informazioni da un emittente ad un destinatario, bensì un processo comunicativo che avviene in un determinato contesto culturale, attraverso uno o più canali, e che s’avvale di linguaggi (codici) specifici che ne influenzano l’esito, nella prima parte del primo capitolo si osservano i vari aspetti che contribuiscono a modellare il messaggio. Nella seconda parte del primo capitolo si sottolinea il ruolo del Lettore, ossia di chi ascolta le “storie” degli oggetti in mostra, interpretandole e significandole in base al proprio vissuto personale, alle proprie categorie mentali (script, frames), modalità cognitive (simbolico-ricostruttiva, psico-motoria), alla cultura in cui è immerso. Ciò comporta una continua ridefinizione delle proprie categorie ermeneutiche, dei propri orizzonti interpretativi, e una costante creazione di nuove storie, nuove trame, nuovi tessuti culturali, nuovi discorsi. Se già nel primo capitolo si era già accennato all’importanza del linguaggio nella realizzazione di un common domain, di uno spazio simbolico dove questo scambio di conoscenza possa avvenire, nel secondo capitolo si approfondiscono

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Gelmini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2001-02
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: Andrea Macchiavelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 261

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