II
dinamiche di relazione fra linguaggio e realtà, sottolineando come il primo,
determinando la prospettiva attraverso la quale si osserva la seconda, si
costituisca come un potente strumento di rappresentazione e di creazione di
significati.
Sia che si tratti di linguaggio inteso come parole in un testo, che di interfaccia
come programma computazionale, esso costituisce uno spazio comune di confine
fra due sistemi fra loro eterogenei – quello di chi comunica e di chi interpreta –
che plasma inevitabilmente la comunicazione nel suo complesso, attraverso una
grammatica e un’estetica ben precise. Le modalità di fruizione dell’intero sistema
di conoscenza vengono orientate dai nuovi media secondo un approccio estetico,
sensoriale, affettivo, oppure semplicemente cognitivo, di reperimento di
informazioni: ciò conferma, per l’ennesima volta, come il mezzo sia portatore di
una propria modalità ermeneutica, ovvero, con le parole di McLuhan, “the
medium is the message”.
Ma in che modo la tecnologia aiuta i visitatori a riflettere, ricordare, immaginare,
valutare, comparare e, infine, interpretare il messaggio che sta dietro alla mostra?
I nuovi media possono ampliare, approfondire, arricchire la visita al museo
grazie alla pluralità delle loro funzioni, ma soprattutto al loro carattere di
convergenza (in quanto consentono di manipolare informazione in forma
digitale) e di interattività, consentendo una comunicazione sistemica e reticolare,
piuttosto che lineare di tipo top-down. Essi si caratterizzano, poi, per la loro
multicodalità, consentendo a chi li utilizza un approccio sinestetico (a livello
quanto meno visivo e uditivo, ma nel caso della realtà virtuale anche tattile e
cinestetico), particolarmente appropriato in ambito museale, dove il visitatore
ricerca esperienze sensoriali, emotive, immersive.
Inoltre, la tecnologia non riproduce, ma rappresenta: essa non segue logiche
descrittive, bensì ostensive (restauro virtuale, disponibilità di accesso a enormi
banche dati, accesso all’infinitamente piccolo, grande, lontano…), offrendo
possibilità espressive e strumenti di contestualizzazione che vanno ben oltre
l’esibizione dell’oggetto reale in tutta la sua parzialità e, spesso, incompletezza.
III
Ci si chiede se il visitatore, davanti a queste rappresentazioni, non si senta come
un prigioniero nella caverna di Platone, che vede passare sugli schermi dei
computer ombre (immagini) di oggetti (contenuti reali) che non possono vedere.
In realtà, ciò che si crea con l’ausilio del computer non sono ombre di oggetti
reali illuminati da una luce che ne restituisce un’immagine distorta, bensì oggetti
“altri”, che brillano di luce propria. La finzione è una menzogna solo quando la si
postula come realtà data, ma se le si restituisce la sua funzione di comunicazione,
di rappresentazione, essa si rivela in tutte le sue potenzialità, prima fra tutte
quella di mostrarci la realtà che ci è familiare, quella che ormai non siamo più in
grado di vedere, con occhi nuovi. L’esperienza della finzione diventa, così, più
autentica di un oggetto reale, che ormai ci viene sottratto dalla forza
dell’abitudine.
I nuovi media restituiscono, poi, la componente ludica alla visita al museo, ossia
quella dimensione essenziale per l’elaborazione di una cultura progredita, dove i
singoli abbiano spazio per muoversi in modo creativo, per esprimersi attraverso
cose e idee. “Spazio” per creare significati e continuamente rivisitarli, è ciò che
nella lingua tedesca s’intende con la parola Spielraum. La tecnologia fornisce gli
strumenti per una maggiore espressività, per un movimento creativo più ampio in
questo Spielraum, innestando la dimensione del virtuale in quella del reale come
un piano che s’incunei in una dimensione “altra”, provocando uno slittamento
semantico ed estetico. Si tratta di due dimensioni, queste, che non si escludono
reciprocamente, anzi, si potenziano, in un continuo gioco di allusioni, seduzioni,
tangenze. Reale e virtuale si incontrano e si sottraggono l’un l’altro, e ciò
rappresenta un’importante occasione per un museo, la cui vocazione non è solo
quella di esporre oggetti reali, ma anche di significarli, di far affiorare i discorsi
che scaturiscono dal loro essere immersi in una cultura ben precisa. Cogliere
questa occasione significa, per un museo, comprendere che l’esposizione di un
oggetto nella sua concretezza non comporta automaticamente l’emergenza dei
discorsi che stanno dietro a tale oggetto: essa può, anzi, può rivelarsi una trappola
che usurpa questi discorsi, soffocandoli e attribuendo loro significato estranei.
IV
L’oggetto in mostra dietro una teca, inserito in una determinata sequenza
espositiva, non può parlare di sé e del proprio contesto originario: la realtà cela
una menzogna, l’evidenza concreta degli oggetti si rivela apparato ideologico nel
momento stesso in cui questi vengono collocati in una collezione, ed esposti al
visitatore.
I nuovi media restituiscono all’oggetto la propria collocazione, il proprio
contesto, la propria identità, attraverso un’operazione solo apparentemente
paradossale.
Raccontando la storia delle opere in mostra, ricostruendo il contesto originario in
cui esse si trovavano attraverso la Computer Graphic, ma anche semplicemente
attraverso strumenti informativi come CD-ROM, Portable Digital Assistants
oppure organizzando collegamenti video con luoghi remoti, il museo offre al
visitatore un accesso più autentico al sapere.
Questo accesso serve ad aprire le porte di un percorso personalizzato e
consapevole, dove lo sguardo del visitatore trova un equilibrio tra visione
generale (“glance”) e taglio prospettico (“view”) che privilegia alcune delle voci
espresse dagli strumenti digitali, ma deve anche potersi muovere fra queste voci,
cambiare prospettiva in modo fluido e articolato (non fisso, non
“gaze”).L’informazione va processata, e i mezzi che la veicolano devono
consentire uno spazio di metabolizzazione e selezione, anziché sovraccaricare
cognitivamente l’utente, immagazzinando e spezzettando l’informazione come se
fosse “carne da polpette”, secondo un’immagine usata da von Foerster.
Il terzo capitolo affronta la questione del contributo dei nuovi media
nell’elaborazione di servizi di supporto alla visita, del valore aggiunto che questi
apportano al museo, arricchendone le collezioni, accrescendo il patrimonio
culturale, stimolando la ricerca e fornendo occasioni per la creazione di network,
sia esso inteso come trama che mette in comunicazione il museo con altre
istituzioni culturali, sia come occasione di dialogo in senso esteso fra il mondo
della cultura e dell’industria.
V
Un’istituzione che aspiri a disegni strategici di ampio respiro, che voglia proporsi
come proattiva, piuttosto che adattiva, non può non inserirsi in una filiera
complessa, che comprenda il turismo, l’editoria, le attività commerciali del
territorio cui essa è legata; ciò comporta, da parte del museo, la possibilità di
instaurare trame relazionali con imprese private e nuove occasioni di business
con settori anche lontani dal proprio.
Ciò si traduce, per esempio, nella condivisione di database di immagini da parte
di varie istituzioni culturali – per cui la collezione di ciascun museo risulta
enormemente potenziata dal patrimonio comune, ma anche le scuole e gli istituti
di ricerca ne possono beneficiare – ma anche nella possibilità di sfruttare questo
“deposito di conoscenza” nel settori industriale (si pensi alle potenzialità di un
database sugli abiti di un determinato periodo storico in ambito tessile, della
moda ecc.). Un database multimediale, inoltre, costituisce un’importante
strumento promozionale: un network di istituzioni che offrono le proprie banche
dati non solo alle scuole, ai visitatori e ai ricercatori, ma anche a Tour Operators,
agenzie di viaggi, aziende di trasporti pubblici svolge un’azione integrata di
divulgazione e diffusione in modo efficace e d efficiente.
Gli ambiti di applicazione di un medesimo dato si ampliano enormemente, i
singoli contributi si valorizzano reciprocamente. Allo stesso modo, una
postazione multimediale collocata all’ingresso del museo illustra le opere che
costituiscono la collezione (e rappresenta quindi un’importante strumento di
accesso sia fisico che intellettuale, orientando il visitatore), ma anche le scelte
che hanno determinato il progetto della mostra, nonché il legame fra museo e
contesto cittadino, offrendo al visitatore la possibilità di conoscere l’offerta
turistica in una prospettiva allargata al territorio. Il sistema informativo si
trasforma in sistema strategico, sottolineando la portata culturale dell’offerta
museale, e quindi caratterizzandola in modo unico rispetto alla concorrenza (altre
attività legate allo svago e al tempo libero, con le quali la cultura è costantemente
messa a confronto dai suoi potenziali utenti).
VI
La tecnologia, inoltre, combinando automazione e flessibilità, consente da un lato
un innalzamento degli standard qualitativi (il servizio non è più pesantemente
determinato dalla componente labour intensive, che lo rende variabile), e
dall’altro una maggiore personalizzazione dell’offerta (l’utente interagisce con lo
strumento, sceglie il proprio percorso).
L’automazione della biglietteria, l’aggiornamento in tempo reale dei contenuti, il
restauro virtuale, la maggiore visibilità (in termini di costo contatto) a parità di
investimento promozionale consentita dai nuovi media sono solo alcuni esempi
di come la tecnologia permetta di articolare dei servizi più efficienti, e, di
conseguenza, una migliore allocazione delle risorse.
Oltre ai già citati vantaggi che l’uso dei nuovi media apportano in termini di
trasversalità e personalizzazione dei percorsi, di maggiore visibilità del
patrimonio sommerso (contestualizzazione), di indotto industriale (creazione di
network intersettoriali) oltre che di conservazione dell’opera (restauro virtuale,
monitoraggio continuo della vita dell’opera), non va dimenticato il contributo che
l’utilizzo di tali tecnologie apporta all’incremento del senso di orgoglio nazionale
dei cittadini italiani, all’elaborazione, insomma, della consapevolezza di detenere
un immenso patrimonio culturale che deriva dal passato, ma anche di aver creato,
e di possederne, i relativi derivati elettronici.
Il quarto capitolo è un case study dei laboratori didattici presso il Museo dei
Bambini di Vienna, lo ZOOM Kindermuseum. Nello ZOOMLab i bambini
imparano a conoscere oggetti d’uso quotidiano attraverso nuove prospettive e a
raccontare storie su di essi utilizzando i nuovi media, che si collocano come
strumenti di supporto alla narrazione e alla creatività. Fondamentale per lo
sviluppo di questo progetto è l’idea del museo costruttivista, secondo la quale la
conoscenza di sé e del mondo che ci circonda – in cui gli oggetti d’uso
quotidiano rappresentano una componente fondamentale, in quanto portatori di
significati culturali e personali – si costruisce rielaborando e producendo in
modo creativo nuovi significati. Non autoritaria e univoca trasmissione di
conoscenza dal museo al bambino, dunque, bensì valorizzazione della scoperta
VII
individuale, oltre che interazione e condivisione delle proprie interpretazioni e
percezioni a livello di gruppo.
Sei sono gli obiettivi conseguiti, in questo senso, dallo ZOOMLab:
coinvolgimento fisico motorio e mentale; educazione al gioco; stimolo all’auto-
consapevolezza, responsabilizzazione e auto-stima; focus sul processo di
apprendimento più che sul risultato; incentivo alla collaborazione; esplorazione
multisensoriale di nuovi scenari e territori non familiari, ancorandoli però sempre
al vissuto quotidiano (gli oggetti) del bambino, mettendolo quindi in condizione
di interiorizzare la novità e rinegoziare il proprio mondo interiore (das Innere)
con la realtà esterna.
Lo ZOOMLab offre un’occasione per comprendere come la propria esperienza
personale si collochi in un tessuto culturale di valori condivisi e di apparati di
conoscenza, e di condividere e tramandare agli altri membri della comunità una
parte di se stessi, attraverso ciò che si è creato.
In Appendice, infine, si offre una breve rassegna di casi che illustrano vari aspetti
dell’uso dei nuovi media in ambito museale; ciascuno ne mette in luce una
potenzialità diversa, contribuendo a creare un quadro che, ovviamente, non ha
pretesa di esaustività, proprio perché l’auspicio maggiore è che i nuovi media
aprano alla museologia prospettive sempre nuove, e che ciò che è stato realizzato
finora non sia che l’inizio di un entusiasmante percorso di esplorazione di tali
prospettive.
CAPITOLO I
LA COMUNICAZIONE
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI
NEL MUSEO
2
Introduzione
Definire il concetto di comunicazione in termini teorici comporta
necessariamente operare una scelta semantica precisa, una presa di posizione su
quale aspetto si vada ad affrontare e su quale prospettiva si voglia adottare.
Quello della comunicazione, infatti, � un processo altamente pervasivo, che ci
coinvolge profondamente sia a livello individuale che collettivo e che informa i
pi� svariati ambiti disciplinari: dalla psicologia alla sociologia, dall�antropologia
alla linguistica, alla semiologia, all�economia fino all�informatica e cos� via. Tutti
questi contributi e i loro livelli d�indagine sono a loro volta applicabili all�ambito
museale, e in particolare, per quanto riguarda questo studio, a quello
dell�applicazione della multimedialit� nella comunicazione museale.
Nel tentativo di elaborazione del concetto di comunicazione non � possibile
prescindere da tre assunti basilari:
- essa � in generale un processo permanente nato ed esteso a vari gruppi;
- l�uomo in particolare non pu� prescindere da essa, perch� � condizione
intrinseca al suo essere sociale, il suo modo d�essere, e non uno strumento di
cui decide di fare uso o meno;
- affinch� ci sia trasmissione di informazioni, � necessaria la presenza di
almeno tre entit�: un emittente, un destinatario o ricevente e un messaggio
veicolato dal primo al secondo.
LA COMUNICAZIONE
3
1.1 MODELLI DI COMUNICAZIONE
1.1.1 Modelli lineari di comunicazione
Una prima teoria che ci pu� avvicinare ad una definizione di comunicazione
� quella di R. Jakobson
1
. Essa prevede, oltre alla triade precedentemente
articolata in cui A e B sono due organismi capaci di percepirsi reciprocamente e
C l�oggetto su cui converge la loro attenzione congiunta, la presenza di un
contesto, un canale e un codice. In base a tale modello, la comunicazione pu�
essere sintetizzata come quel processo di trasmissione di una quantit� di
informazioni, codificate in messaggi, tra entit� definite emittenti, cio� coloro che
possiedono e governano l�informazione e che si costituiscono come fonte dei
messaggi, ed entit� definite riceventi, cio� coloro cui il messaggio � �
intenzionalmente o meno � destinato e veicolato tramite un codice e un canale,
che i due devono condividere affinch� la trasmissione abbia buon esito. Il tutto
avviene in un contesto, ovvero un ambiente che, se a livello fisico pu� non essere
condiviso, deve esserlo a livello concettuale, in quanto gioca un ruolo
fondamentale nell�attribuzione di senso del messaggio.
Secondo Jakobson, in base all�entit� su cui viene posto l�accento, la
comunicazione pu� assumere varie funzioni, le quali comunque non si escludono
reciprocamente:
- Funzione referenziale: orientata al contesto, gi� noto a priori; sottolinea la
capacit� del linguaggio di riferirsi ai fatti;
- Funzione emotiva: centrata sul mittente, del quale comunica lo stato d�animo
(interiezioni, ironia, tono della voce etc.);
- Funzione conativa: orientata al destinatario, a modificarne il comportamento
(per esempio: �Andate!�);
- Funzione fatica: condizionata dal canale, il suo scopo � stabilire e controllare
la comunicazione con il destinatario (per esempio, �pronto?�, �mi ascolti?�);
1
R. Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano 1966.
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI
NEL MUSEO
4
- Funzione metalinguistica: orientata al codice (per esempio: la spiegazione di
una parola, del contenuto di un paragrafo etc.):
- Funzione poetica: esalta il ruolo del messaggio, si centra sulle sue
caratteristiche. Il messaggio ha valore non solo perch� portatore di
informazioni, ma anche per la forma in cui � espresso.
Un approccio altrettanto schematizzante, inevitabile tendenza che ogni
modellizzazione tende ad assumere, � quello della comunicazione postale dei due
matematici statunitensi C.E. Shannon e W. Weaver
2
. In esso le parti interagenti
vengono considerate come entit� distinte che agiscono occasionalmente l�una
sull�altra, e le influenze reciproche vengono concettualizzate nei termini di una
sequenza lineare continua di eventi che si svolgono nell�ambito di uno schema
diadico. Shannon e Weaver, proponendo un modello matematico
dell�informazione, definiscono il processo comunicativo come il passaggio di un
segnale (o messaggio) da una fonte (il soggetto emittente) attraverso un
trasmettitore (il suo apparato fonatorio, o mimico, ecc.), lungo un canale (il
mezzo materiale utilizzato) ad un destinatario (il soggetto ricevente) grazie ad un
recettore (organi di senso del soggetto ricevente).
2
C.E. Shannon e W. Weaver, The Mathematical Theory of Communication, Illinois UP, Urbana
1949.
LA COMUNICAZIONE
5
Fig.1. Rappresentazione del processo di trasmissione dell�informazione secondo Shannon e
Weaver.
Una situazione esemplificativa potrebbe essere: �Quando io ti parlo il mio
cervello � la fonte di informazione, il tuo il destinatario; il mio sistema vocale �
l�emittente, e il tuo orecchio costituiscono il ricevente�.
FONTE
MESSAGGIO
ENCODING
TRASMETTITORE
CANALE RUMORE
RECETTORE
DECODING
MESSAGGIO
DESTINATARIO
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI
NEL MUSEO
6
In realt� la situazione non � cos� semplice: nel modello di Jakobson infatti,
come in quello di Shannon e Weaver, ogni entit� sembra agire
indipendentemente, nel determinare il tipo di funzione e finalit� comunicativa nel
primo caso, e nella trasmissione di messaggi da un lato codificati e dall�altro
decodificati nel secondo caso. Ci� che viene qui ignorato � il fatto che coloro che
partecipano allo scambio non si riducono mai a semplici trasmettitori, cos� come
i pensieri non sono pacchetti che possono essere trasferiti da una testa all�altra.
Nonostante un modello matematico come quello di Shannon e Weaver fornisca
indicazioni su vincoli e modalit� di elaborazione di elaborazione e trasmissione
di messaggi codificati, esso rimane astratto e incorporeo: in esso non c�� posto
per il concetto di feedback, inteso come �informazione che ritorna dal ricevente
alla fonte, fornendole la possibilit� di modificare la comunicazione successiva�
3
.
In altre parole � possibile attuare una costante risemantizzazione del messaggio,
che reca con s� una conoscenza che � sempre processo, mai dato di fatto. Le
situazioni comunicative sono il frutto di un percorso che si costituisce in base a
continue ridefinizioni di ruoli e significati. Secondo U.Eco, infatti, al messaggio
viene assegnata una marca semantica sempre diversa, che egli definisce come
�codice di selezioni restrittive che relazionano il messaggi ad un contesto�
4
. Eco
vede in questa marca la modalit� costitutiva della comunicazione semantica (la
dimensione contenutistica, legata al messaggio): �Perch� ci sia significazione,
occorre che al sistema dei significati corrisponda un sistema delle unit� culturali.
Definire, descrivere ed esaurire questo sistema � di fatto impossibile e non solo a
causa della sua vastit�, ma anche perch� nel cerchio della semiosi illimitata le
unit� culturali nella loro correlazione si ristrutturano di continuo�
5
. Se riferiamo
questa affermazione ad una situazione comunicativa semplificata come quella dei
due schemi di Jakobson e di Shannon e Weaver, le �entit� culturali� andranno
interpretate come l�emittente e il destinatario, ma fondamentalmente notiamo
3
L. Anolli e R. Ciceri, Elementi di psicologia della comunicazione: processi cognitivi e aspetti
strategici, LED, Milano 1995, p.32.
4
U.Eco, Segno, Mondadori, Milano 1980, p.150.
5
Ibidem, p.151.
LA COMUNICAZIONE
7
come la modalit� di �continua ristrutturazione� rimanga tale. La parola �
immersa in un universo di relazioni, e i sensi che essa contrae dipendono dal
contesto semantico in cui appare.
Arriviamo cos� al superamento della concezione lineare manifesta nei due
modelli di cui sopra, per scoprire come, secondo A.M. Ronchi, � la dinamica
relazionale dei processi comunicativi faccia s� che in ogni momento sia operante
una particolare configurazione della rete semantica�
6
, e ancora come sussista
�una continua e necessaria negoziazione tra entit� distinte, un patteggiare fra le
parti in gioco che non � mai a-problematico, e che coinvolge processi complessi
di codifica, decodifica e di produzione di senso, sulla base di codici linguistici e
comunicativi, di valori, di intenzionalit� e di comportamenti convenzionalmente
accettati da parte dei membri della comunit� implicati nel processo stesso, dai
quali dipende la comprensione dei messaggi, sia la possibilit� che tali messaggi
hanno di suscitare un qualche effetto�
7
.
1.1.2 La comunicazione sistemica
Il fatto che la comunicazione non sia lineare ma sistemica e reticolare,
comporta una serie di possibili asimmetrie che possono compromettere l�esito
della stessa. Se si considera la diade emittente (A) /destinatario (B), una possibile
asimmetria pu� essere data dal fatto che i messaggi di A diretti a B vengano da
quest�ultimo parzialmente o totalmente fraintesi (vari livelli di incomprensione a
seconda di quanto la sorgente e il destinatario del messaggio non concordino su
quale senso e valore attribuire ad un dato segnale). Nell�indirizzare un messaggio
a B, per esempio, A pu� farlo in modo pi� o meno autoritario, conseguentemente
B verr� sottoposto a processi di sacralizzazione che di solito variano a seconda
del coinvolgimento empatico e
6
A.M. Ronchi, Considerazioni riguardo il presente ed il futuro dei musei virtuali, in �Sistemi
Intelligenti�, 2, 1998, p.170.
7
Ibidem, p.170.
LA MULTIMEDIALIT� PER UN�EFFICACIA COMUNICATIVA NELLA GESTIONE DEI SERVIZI
NEL MUSEO
8
del livello di formalit� del contesto comunicativo. Colui che avvia il processo
comunicativo emettendo un messaggio dunque, pu� esercitare un controllo su di
esso rendendosi consapevole non solo del processo stesso, ma anche degli effetti
che ne conseguono, cio� delle modalit� di ricezione e semantizzazione del
soggetto destinatario. Si � a questo proposito parlato di �possibilit� dei messaggi
di suscitare un qualche effetto�
8
, tuttavia un tale controllo � possibile solo
limitatamente ad alcuni aspetti della ricezione: nella comunicazione, infatti, c��
sempre un�irriducibile ed inalienabile quota di soggettivit�, e non � possibile
prevedere tutte le combinazioni semantiche di un atto comunicativo. La
psicologia sociale del discorso studia appunto come questi processi di
semantizzazione, rappresentazione, categorizzazione e la conseguente produzione
di stereotipi vengano acquisiti, utilizzati e scambiati da individui e gruppi
attraverso testi e conversazione. Essa definisce le modalit� e gli strumenti di cui
l�emittente si pu� servire per controllare e influenzare gli effetti e le ripercussioni
del messaggio sul destinatario.
Anzitutto egli deve individuare le specificit� della situazione comunicativa
e adeguarle al proprio comportamento: le circostanze possono richiedere un
atteggiamento pi� o meno formale, vari livello di familiarit��
In base alla situazione egli dovr� inoltre saper assumere codici comunicativi
(verbali e gestuali) pertinenti; per quanto riguarda il codice linguistico, �
necessario saper utilizzare le potenzialit� della lingua per trovare la formulazione
non solo pi� adeguata, ma anche la pi� efficace. Conoscere e applicare
consapevolmente i codici linguistici, infatti, permette una produzione controllata
di testi dotati di una buona leggibilità (la forma fisica con cui il testo si presenta
al lettore/ascoltatore, per esempio il lettering, la divisione in paragrafi,
capoversi�), comprensibilità e organizzazione logico-concettuale.