Il Mediatore Europeo
Con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, viene sancito il “diritto ad una buona amministrazione” (art.41), e viene innalzato tale obbligo-diritto a rango di diritto fondamentale garantito ad ogni individuo, anche se appare ancora incerta la sua effettiva efficacia giuridica. I rimedi previsti sono il ricorso per annullamento dell’atto amministrativo e, dove è contemplato, il controllo di legittimità sugli atti da parte della Corte, o altrimenti il cittadino comunitario può rivolgersi al Mediatore europeo. Questa figura, che è stata istituita dal Trattato di Maastricht e ispirata dai difensori civici scandinavi, ha il compito di perseguire i casi di “cattiva amministrazione”.Pare che l’espressione “cattiva amministrazione” sia stata mutuata dal diritto inglese e in particolare dall’ombudsman dell’Irlanda del Nord, che definendo in cosa consistesse un’amministrazione “impropria” faceva riferimento all’utilizzo di arbitrarietà, discriminazione, ritardi, non solo al semplice dolo. Quindi non bisogna pensare all’attività del Mediatore come ad un’azione legalistica, ma ad un’azione pragmatica, nel rispetto dei principi giuridici, compresi i diritti fondamentali, che vuole implementare le garanzie di un servizio e di un trattamento adeguato al cittadino, cioè equo, imparziale ed entro un termine ragionevole. Non a caso si deve infatti sottolineare l’aspetto dell’informalità nel lavoro dell’ombudsman che risponde sia ad un’ipertrofia normativa, sia ad un eccesso di formalismo, nonché ad un sovraccarico delle corti e all’esigenza sociale di riduzione dei tempi di risoluzione dei processi o dei conflitti in genere. L’informalità diviene allora una risposta ai problemi quotidiani, che permette la partecipazione del soggetto coinvolto e facilita allo stesso tempo l’accesso alla giustizia; il ricorso all’ombudsman può essere visto come metodo di Alternative dispute resolution, ove le parti coinvolte sono in questo caso da un lato soggetti di diritto privato e dall’altro pubbliche amministrazioni, senza che vengano meno le tradizionali forme di tutela giurisdizionale e senza limitazioni al diritto di azione giurisdizionale.
La maggior parte delle denunce che l’ombudsman comunitario riceve hanno come oggetto l’operato della Commissione europea ed in particolare il comportamento dell’istituzione alla luce dei poteri conferiti dall’art.226 TCE: la Commissione dispone infatti di un potere discrezionale sia per quanto riguarda l’avvio di una procedura d’infrazione e sia per quanto riguarda l’eventuale ricorso alla Corte, possibilità che è prevista già dall’avvio del ricorso. Qui si esplica così il potere discrezionale dell’esecutivo comunitario, che secondo il Mediatore si sostanzia anche nella mancanza di comunicazioni “pubbliche” in merito ad ogni aspetto della procedura, in ritardi segnalati come ingiustificati, in omissioni di motivazioni. In realtà la questione è più complessa, dietro ci sono problemi politici-diplomatici, per cui la Commissione non informa mai e non a caso, gli Stati membri (estranei), i cittadini, il Mediatore e il Parlamento, e i responsabili politici non coinvolti nell’infrazione. Il ritardo è perciò ponderato: si vuole evitare il ricorso alla giustizia e bisogna che la Commissione si chieda sempre se vi è un interesse legittimo a rivelare le tappe dell’investigazione.
La mancanza di vincolatività delle decisioni del Mediatore incontra quindi anche l’ostacolo politico, ma in realtà è proprio la mancanza di vincolatività che permette di caratterizzare l’attività dell’ombudsman come volta al controllo non contrassegnato dall’intento sanzionatorio, ma dall’ apprendimento. Attraverso le sue decisioni, le sue esortazioni e segnalazioni, le relazioni annuali il Mediatore diventa una fonte di norme di soft law, specialmente quando ricorre allo strumento delle indagini di propria iniziativa, che spesso si originano dalle denunce pervenute in merito “ad un problema che si ripresenta di frequente” con l’amministrazione comunitaria. Tale pratica, come hanno già dimostrato le esperienze del difensore civico svedese e in parte di quello danese, aumenta così le possibilità di acquiescenza da parte delle amministrazioni e permette agli organi politici di rendersi conto di quali sono le problematiche e gli aspetti oscuri che caratterizzano la pubblica amministrazione, donando l’input per un’eventuale azione correttiva.
Il vero problema irrisolto in realtà è quello della scarsa conoscenza della figura del Mediatore e di quali sono i poteri a lui conferiti. Un veicolo per cercare di far conoscere gli strumenti della difesa civica ed ampliarne lo spettro d’azione è la rete, quale strumento di collaborazione e cooperazione tra i diversi difensori civici nazionali, dato che l’intento di migliorare l’amministrazione è molto nobile, gli strumenti soprattutto informali ci sono, ma manca spesso la consapevolezza dell’utente di tale possibilità di ricorso.
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Informazioni tesi
Autore: | Alessia Monica |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze delle pubbliche amministrazioni |
Relatore: | Diana-Urania Galetta |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 115 |
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