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La tortura nel diritto penale interno ed internazionale

Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti, approvata dall’Assemblea Generale il 10 dicembre 1984.
Dalle tale convenzione e dagli strumenti europei di repressione della stessa emerge il vincolo per gli Stati di criminalizzare la tortura. Nonostante ciò,non esiste nell’ordinamento italiano una norma che recepisca tale obbligo,per cui,attualmente condotte che rientrerebbero nella definizione di tortura dell’art.1 della Convenzione vengono sanzionate sulla base di fattispecie comuni: questo dà vita ad un sistema di tutela frammentato e per molti versi totalmente inadeguato che pone il giudice nella condizione di riportare una condotta,come la tortura,che aggredisce beni giuridici fondamentali,nell’ambito applicativo di figure di reato infinitamente meno gravi,creando un vulnus nella tutela.
L’esigenza di introdurre un reato specifico di tortura fu sentita già negli anni immediatamente successivi alla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite,ma l’attività parlamentare in materia si intensificò a partire dalla XIII legislatura,quindi a metà degli anni 90: vennero presentate diverse proposte di legge e un disegno di legge di iniziativa governativa.In nessun caso si arrivò però ad un’approvazione in Parlamento.
Durante la XIV legislatura,dopo il dibattito in Commissione giustizia alla Camera venne proposto e calendarizzato in aula un testo di legge unificato,a firma dell’on.Pecorella.L’approvazione di un emendamento proposto da due deputati e l’esigenza di rimettere il testo in discussione bloccò però l’iter legislativo.Tale emendamento introduceva nella definizione l’elemento della reiterazione delle violenze e delle minacce,che andava ad aggiungersi a quello della gravità di queste ultime,già contemplato dalla versione precedente del testo.Tale formulazione rischiava di introdurre una sorta di ‘tolleranza’ della tortura quando questa si fosse tradotta in un unico episodio,una tolleranza ritenuta inammissibile,vista l’inderogabilità del divieto di tortura sancita da tutti gli strumenti internazionali.
Durante la XV legislatura,le quattro proposte di legge presentate alla Camera furono unificate in un unico testo,approvato dall’Assemblea il 13 dicembre 2006.
Lo svolgimento di un’analisi più approfondita su questa norma,l’ultima presa in esame e votata quasi all’unanimità dalla Camera,ha consentito di individuare quali siano,allo stato attuale,le più significative questioni penalistiche che la definizione di un reato di tortura nel nostro ordinamento pone.
Un primo profilo è quello della collocazione sistematica della norma: il reato di tortura viene inserito all’art.613 – bis,dunque nell'ambito dei delitti contro la libertà morale.
Altro profilo riguarda la scelta operata relativamente al soggetto attivo del reato e,in particolare,la configurazione della tortura come reato comune,stabilendo che la qualifica del reo come agente pubblico costituisca una semplice circostanza aggravante.
Il testo configura la norma come reato a condotta vincolata,nel senso che le forti sofferenze fisiche o mentali ovvero i trattamenti crudeli,disumani o degradanti devono essere inflitti con violenza o minacce gravi.
Sotto il profilo soggettivo,viene richiesto il dolo specifico: in conformità a quanto previsto dall’art.1 della Convenzione,la condotta all’origine dell’evento deve essere sorretta dal fine specifico di ottenere informazioni,ovvero da finalità intimidatorie,repressive o discriminatorie.
Per quanto riguarda la pena,essa viene individuata nella reclusione da tre a dodici anni,con circostanze aggravanti previste in particolari casi.Vengono inoltre fissate specifiche disposizioni relativamente al criterio giurisdizionale e al regime delle immunità.
Il disegno di legge approvato alla Camera nel dicembre 2006,è passato al Senato,ma subito dopo la sua calendarizzazione in Aula è arrivata la crisi di governo e la chiusura anticipata della legislatura.
La XVI legislatura si è aperta ad aprile 2008: ad oggi,risultano presentati tre disegni di legge al Senato e due alla Camera,ma ancora non è possibile prevedere l’evoluzione di tali atti.Ciò che conta è che,ancora una volta,l’intero iter – dall’esito incerto – andrà ripetuto,mentre il nostro Paese resta ancora inadempiente rispetto ai propri impegni,perpetrando il suo ritardo rispetto agli altri Stati europei: prendendo in esame le legislazioni straniere,si è verificato infatti che la maggior parte di esse contemplano nei codici penali il reato di tortura,introducendo ovviamente definizioni più o meno aderenti a quella prevista dalla convenzione dell’84.

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2 INTRODUZIONE In tutti gli accordi internazionali e regionali sui diritti umani è riconosciuto il diritto a non subire torture o altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. La pratica della tortura ha origini lontane e presuppone il superamento di uno stadio processuale in cui sentenze e condanne erano fondate su tutta una serie di prove irrazionali, designate col nome di ‘ordalie’. A partire dal XVIII secolo molti giuristi condannarono, con dovizia di argomentazioni, l’utilizzo della tortura alla quale facevano ricorso tutti gli Stati europei e, nel diritto della Chiesa, l’Inquisizione. 1 Sono ormai passati quasi duecentocinquanta anni da quando, nel 1764, Cesare Beccaria definiva la tortura “una crudeltà consacrata dall'uso nella maggior parte delle nazioni” 2 ed oggi la proibizione di essa appare come una conquista consolidata della società contemporanea, dal momento che gli Stati che hanno firmato anche uno solo degli accordi che la proibiscono si sono impegnati nei confronti degli altri Stati a garantirne il rispetto. Leonardo Sciascia scriveva: “non c’è Paese al mondo, credo, che ormai ammetta nelle proprie leggi la tortura: ma di fatto sono pochi quelli in cui polizie, sottopolizie e criptopolizie non la pratichino”. 3 Quest’analisi non va molto lontano dalla verità, se è vero che, nel 2007, Amnesty International ha documentato casi di tortura o altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti in almeno ottantuno Paesi. 1 Per una dettagliata ricostruzione storica della tortura, PANSOLLI, voce Tortura, in Novissimo digesto italiano, diretto da A. Azara ed E. Eula, UTET, Torino, 1973, v. XIX, pp. 424 ss. 2 BECCARIA C., Dei delitti e delle pene, - par. XVI, Della tortura, 1764 3 Citazione in AA.VV. Torture nel Bel Paese : dal mobbing al microchip / ricerca a cura di Romano Nobile – Roma, Malatempora , 2006

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Informazioni tesi

  Autore: Marianna Cocca
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi del Molise
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Stefano Fiore
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 166

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