Il dibattito sul regionalismo italiano nel momento fondativo dello stato unitario
Uno studio critico della prima esperienza (mancata) del regionalismo italiano corrisponde, più che alla imminente ricorrenza celebrativa, alla necessità scientifica di intraprendere un’indagine storico-giuridica della legislazione dell’amministrazione locale, in un momento nel quale il problema della autonomie assume rilevanza nella scienza del diritto pubblico europeo e internazionale, oltre che naturalmente a livello nazionale, attraverso le proposte di sempre imminenti riforme costituzionali. Questa indagine si concentra in particolar modo sul biennio 1859-1861, prendendo come punto di partenza la Legge Rattazzi e sviluppandosi attraverso i tentavi falliti di un suo superamento portati avanti dai ministri Farini e Minghetti con la costituzione della Commissione temporanea presso il Consiglio di Stato per lo studio della legislazione prima, e con la presentazione alla Camera dei deputati dei disegni di legge Minghetti poi. Tale indagine è effettuata attraverso l’analisi dei documenti stessi, quindi le Note dei ministri citati alla Commissione, i verbali delle discussioni in seno alla stessa, gli interventi alla Camera del Minghetti e ancora i verbali della Commissione parlamentare incaricata che ne sancirà l’abbandono. Emergerà costantemente una duplice tendenza: da una parte il riconoscimento della necessità di giungere ad un razionale decentramento dell’amministrazione in nome del riconoscimento delle diversità sociali, giuridico-consuetudinarie e istituzionali; dall’altra un più forte peso politico assunto dall’abuso del concetto unitario che trascina i legislatori verso l’affermazione del collaudato sistema centralista. Fallisce dunque il tentativo minghettiano di separare unificazione politica e unificazione amministrativa pur nell’ambito di un decentramento burocratico compresso nel meccanismo governativo gerarchico. L’ascendente che i pericoli per la fragile unità raggiunta esercitano sulla legislazione inibiscono per decenni l’evoluzione legislativa; a spiegare la natura del rapporto centro-periferia in Italia supplisce un’autorevole dottrina attraverso l’istituto giuridico dell’autarchia, concetto che finisce per giustificare le derive centralistiche nel primato giuridico dello Stato-persona. La critica a questa dottrina accompagna l’indagine verso il periodo costituente e l’abbandono (sofferto) delle categorie autarchiche; attraverso l’analisi degli atti si precisa la collocazione fra i Principi fondamentali dell’art.5 Cost. il quale disegna il “volto della Repubblica” e con l’analisi del suo contenuto se ne mettono a fuoco i tratti. La Costituzione segna la fine della storia negativa dell’autonomia, ma il suo valore come il suo sviluppo non si comprendono se non alla luce del contributo “tradizionale” di legislazione e giuspubblicistica
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Salvi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Trento |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Donata Borgonovo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 229 |
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