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Stati Uniti e Iraq nei documenti del National Security Archive durante l'amministrazione Reagan (1981-1988)

La tesi ripercorre l'andamento delle relazioni politico-diplomatiche, economiche e militari tra Stati Uniti e Iraq nel corso degli anni Ottanta. In particolare vengono prese in esame le misure di assistenza finanziaria e militare promosse dall'amministrazione Reagan a favore del regime di Saddam Hussein, le quali permisero al dittatore iracheno di evitare il collasso economico interno e di resistere all'assedio militare portato da Khomeini nella guerra Iran-Iraq. La difesa d'interessi energetici vitali in un'area strategica come il Golfo persico indusse gli Stati Uniti ad accostarsi gradualmente alla leadership irachena fino a riaprire formali relazioni diplomatiche, eliminare l'Iraq dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo, erogare prestiti ingenti, dispiegare forze militari Usa nell'are in funzione anti-iraniana e, infine, porre il veto su possibili sanzioni economiche verso l'Iraq a seguito dell'uso di armi chimiche contro i curdi da parte di Saddam. Sulla base di un'ampia documentazione originale prodotta dal governo USA, viene così portato alla luce il contributo essenziale fornito dagli Stati Uniti (ma non solo) alla sopravvivenza del rais dal 1981 al 1988: in quegli anni infatti, diversamente dalla fase di conflittualità aperta nel 1990 e conclusasi con l'invasione USA dell'Iraq nel 2003, Saddam era percepito da Washington come un alleato nella lotta all'Iran rivoluzionario e nella salvaguardia della stabilità politica dei paesi arabi moderati produttori di petrolio messa a rischio dal virus fondamentalista-islamico.

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V Introduzione L’andamento dei rapporti diplomatici, politici, economici e militari tra Stati Uniti e Iraq nel corso dei due mandati dell’amministrazione Reagan, benché costellato da periodiche impasse e da taluni momenti di oggettivo imbarazzo da parte americana, fu segnato da un graduale ma continuo miglioramento, tale da superare la tensione latente tra i due paesi negli anni Settanta. L’impiego su larga scala di armi chimiche da parte di Saddam Hussein contro l’esercito iraniano, la riluttanza del Tesoro e della Export-Import Bank a concedere onerosi prestiti all’Iraq (un paese ad alto rischio insolvenza e bisognoso di risollevare le proprie esangui finanze), l’ostilità del Congresso a consentire aperture politiche e commerciali ad un regime, quello baathista, sospettato di finanziare il terrorismo internazionale, nonché le forti riserve venute da ambienti del Pentagono all’esportazione di materiali americano high-tech all’Iraq (causa i legami consolidati di Baghdad con Mosca e le aspirazioni nucleari di Saddam, intatte malgrado la distruzione del reattore di Osirak nel 1981) non indebolirono infatti il processo di graduale avvicinamento tra Washington e Baghdad, né costituirono intralci significativi alle relazioni diplomatiche bilaterali. Queste, interrotte nel 1967, vennero anzi riaperte ufficialmente nel 1984, dopo che nel 1982 il segretario di Stato George Shultz aveva deciso di cancellare l’Iraq dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo, eliminando così il maggiore ostacolo all’ampliamento delle relazioni con l’Iraq: in base alla legislazione americana, la presenza di un paese nella lista comportava limitazioni automatiche alle esportazioni di materiale civile e militare, unitamente al blocco di prestiti e finanziamenti, oltre a rappresentare più in generale un marchio a garanzia dell’isolamento internazionale. A fronte di tutti gli impedimenti prima menzionati, a giudizio di Washington vi erano due ragioni d’importanza strategica fondamentale sulla via dei buoni rapporti con Baghdad: contenere il fondamentalismo rivoluzionario islamico al solo Iran e salvare dal prevedibile tracollo militare l’unico argine caduto il quale il khomeinismo avrebbe dilagato nel cuore del Medio Oriente. Gli Stati Uniti decisero quindi di pianificare una serie di misure di assistenza all’Iraq per evitare che prendesse corpo uno scenario nefasto, manifestando una propensione per l’Iraq sempre più evidente e tradotta infine in atti concreti: alla neutralità ufficiale dichiarata dagli Stati Uniti nella guerra Iran-Iraq non corrispose di conseguenza una politica super partes verso i belligeranti: fin

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