Sanzioni sostitutive e scopo della pena
Il raccordo tra le sanzioni sostitutive e lo scopo della pena è tale da coinvolgere una gamma vastissima di problematiche attuali.
Le sanzioni sostitutive a cui ci si riferisce sono la semidetenzione, la libertà controllata e la pena pecuniaria che, introdotte nel nostro ordinamento con la L. 689/1981, derivano dall’esigenza, profondamente avvertita anche grazie all’ondata del c.d. Movimento internazionale di riforma, di trovare delle misure idonee a sostituire la pena detentiva nei casi di minore allarme sociale e, quindi, di non particolare gravità.
Gia il codice Zanardelli aveva articolato una serie di sanzioni non detentive al fine di trattare la “piccola criminalità”, ma esse, vincolate a troppi presupposti processuali, ebbero scarsa fortuna e furono eclissate dalla condanna condizionale della pena, poi ribattezzata sospensione condizionale della pena.
L’impellente esigenza di configurare validi strumenti alternativi alla pena detentiva breve è riconducibile alla consapevolezza della crisi della pena detentiva e alla maggior validità dei trattamenti sanzionatori differenziati, da attuarsi, cioè, in relazione alla gravità del reato e all’indole del reo, rispetto ad una risposta punitiva rivolta a tutti allo stesso modo, per il sol fatto di essere etichettati come “criminali”.
Più dettagliatamente, gli obiettivi perseguiti dalla politica criminale attraverso l’impiego delle sanzioni sostitutive si ricollegano all’urgenza di smaltire il carico giudiziario, alle drammatiche condizioni del carcere attuale e alla critica che, da molto più di un secolo, viene rivolta alla detenzione breve.
Procedendo per ordine, il sovraccarico degli uffici giudiziari, compromettendo la tempestività del giudizio, si ripercuote sull’efficacia della sanzione. Tale problema impone che la pena detentiva sia riservata ai casi più gravi, affinché il diritto penale si riappropri della sua efficienza nel sovrintendere ai conflitti sociali.
Per quanto concerne la pena detentiva, essa stessa ha rappresentato una sorta di misura sostitutiva a pene disumane (per citare la nostra Costituzione, a “trattamenti contrari al senso d’umanità”), quali la pena di morte, eseguita spesso con la più efferata crudeltà, i lavori forzati, e le pene corporali. I comportamenti meramente vendicativi sono stati abbandonati conseguentemente alle influenze illuministiche, mediante le quali si è affermato il concetto della libertà dell’uomo come bene da tutelare e da sottrarre al reo al duplice fine di risarcire la società del danno subito e di disincentivare i consociati da ulteriori reati.
Tuttavia, gli effetti negativi del carcere furono rilevati già dalla dottrina successiva, tra i cui esponenti ruolo particolare ebbe Bentham, al quale si deve l’ideazione del Panopticon, colossale struttura carceraria.
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Informazioni tesi
Autore: | Claudia Avenia |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Salvatore Ardizzone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 154 |
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