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Morire di carcere. Disagio psichico e suicidio nella realtà penitenziaria

Questo elaborato analizza la storia del penitenziario, dalla sua nascita a come si è sviluppato nel corso del tempo, andando a porre il focus su argomenti spesso non abbastanza considerati come la salute (fisica e mentale) nelle carceri ed il suicidio, il quale non riguarda solo i detenuti, bensì anche i sorveglianti. Inizialmente si è, appunto, trattato della parte puramente storica, andando a citare vari autori che, nel corso degli anni, hanno fornito contributi in merito. Successivamente l’analisi è volta nello specifico a ciò che succede ai detenuti all’interno delle quattro mura dei penitenziari, alla contrapposizione tra reclusi e polizia penitenziaria ed alle relazioni che si instaurano e tra detenuti e tra essi e tutte le figure professionali presenti nel carcere, con rimandi a vari autori che, mediante libri o articoli, hanno sempre trattato di temi delicati quali la salute fisica e mentale nelle carceri e gli effetti che tali istituti hanno su reclusi e sorveglianti. Infine questo elaborato si conclude con un focus sullo specifico tema del suicidio, il quale si configura come una scelta disperata successiva alle continue pressioni esercitate sulla psiche di detenuti e secondini da parte del contesto penitenziario.

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23 . CAPITOLO 2 Gli attori del carcere 2.1 La contrapposizione tra i detenuti ed i loro controllori Considerando, dunque, ora nello specifico la prigione, vi sono caratteristiche di essa che è bene evidenziare, come la relazione che si viene ad instaurare tra i suoi attori principali o l'ambivalenza tra l'apparente rigidità dell'istituzione e la discrezionalità che sta a capo di essa. L' istituzione carceraria è contrassegnata, dunque, dalla rigida suddivisione caratterizzante la relazione tra i suoi attori principali: infatti abbiamo da una parte i detenuti (ovvero persone private della propria libertà e sottoposte a continue privazioni), dall'altra le persone che hanno il compito di sorvegliare e controllare i detenuti (le quali sono chiamate ad esercitare rituali di privazione e a dimostrare superiorità nei loro confronti). Il funzionamento dell'istituzione si evince chiaramente da questa suddivisione gerarchica dalla quale, tuttavia, scaturisce una cascata di immagini che portano agli stereotipi che hanno caratterizzato per lungo tempo l' istituzione carceraria: da una parte il condannato, ritenuto pericoloso, imprevedibile e manipolatore; dall' altra il "poliziotto", ritenuto violento, arbitrario e tirannico. Fra gli operatori di polizia penitenziaria sono diffuse diverse rappresentazioni che tendono, appunto, a stigmatizzare e disumanizzare la popolazione reclusa. Tali rappresentazioni da un lato non esauriscono il complesso modo attraverso il quale gli operatori guardano alla popolazione reclusa, dall’altro sono particolarmente diffuse fra la maggior parte del personale. Gli operatori, legandosi a 35 Goffman Erving(1961), “Asylums: Essays on the condition of the social situation of mental patients and other inmates”, p. 44 36 Becker Howard Saul (1963), "Outsiders. Studies in the sociology of deviance", trad. it. "Outsiders. Studi di sociologia della devianza”, Maltemi ed., Roma, 2017

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