Licenziamento collettivo per riduzione del personale
Il licenziamento che, come ben sappiamo, è il recesso dal contratto di lavoro da parte del datore di lavoro, diviene collettivo nel momento in cui coinvolge, in linea di massima, più dipendenti.
Sicuramente esso è uno dei fenomeni più attuali, data la crisi economica che stiamo vivendo, e più drammatici del diritto del lavoro .
Rispetto ai licenziamenti individuali, il licenziamento collettivo ha sicuramente caratteri peculiari, dati gli interessi non solo privati ma anche pubblici che vengono coinvolti, da qui l’esigenza primaria di salvaguardare il più possibile l’ occupazione.
Essenzialmente la differenza tra i due istituti risiede nel fatto che mentre nell’ ambito dei licenziamenti individuali il datore di lavoro non è sottoposto ad obblighi procedurali rigidi ma è sostanzialmente vincolato dalla necessità di giustificare in maniera dettagliata il licenziamento stesso, nell’ ambito invece dei licenziamenti collettivi il datore di lavoro è più libero nella decisione di effettuare i licenziamenti, ma è sottoposto a maggiori vincoli procedurali .
Nel quadro dei licenziamenti collettivi vediamo in contrapposizione l’imprenditore, il cui interesse primario è di tutelare la propria attività aziendale, e il lavoratore, sicuramente la parte più debole e quindi la più bisognosa di tutela, che trae dal proprio lavoro i mezzi necessari per vivere e per sostenere i propri familiari.
Con la legge n. 223 del 1991, introdotta in seguito a due condanne da parte della Corte di Giustizia per la mancata attuazione della direttiva n. 129/1975, lo Stato Italiano ha finalmente regolamentato la materia in questione che precedentemente era disciplinata, esclusivamente, dagli accordi interconfederali.
La legge 223/1991 si occupa in primo luogo di definire l’ambito di applicazione della stessa, definendone i presupposti, in secondo luogo disciplina i criteri di scelta, che sicuramente rappresentano l’aspetto più problematico e delicato della normativa in esame e infine dispone una procedura precisa e dettagliata che deve essere eseguita in ogni sua parte, pena l’inefficacia dei licenziamenti effettuati, previa impugnazione del licenziamento stesso da parte del datore di lavoro.
Il legislatore, attraverso la normativa suddetta, ha cercato di tutelare maggiormente il lavoratore imponendo al datore di lavoro il rispetto dei principi di correttezza, buona fede e non discriminazione, soprattutto per ciò che concerne la determinazione e l’applicazione dei criteri di scelta e l’osservanza di obblighi procedurali ben definiti.
Tuttavia, nonostante i buoni propositi, molteplici sono le problematiche, di natura interpretativa, sollevate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, rinvenibili all’interno delle disposizioni contenute nella legge 223/1991.
Il dibattito più acceso, che verrà naturalmente affrontato dettagliatamente in seguito, riguarda la nozione stessa di “licenziamento collettivo” e l’univocità o meno della disciplina.
I dubbi a tal proposito sorgono in relazione agli art. 24 e 4 della legge 223/1991, l’uno disciplinante i licenziamenti collettivi per riduzione del personale e l’altro la mobilità, aventi presupposti completamente diversi tra di loro.
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Informazioni tesi
Autore: | Lina Di Iorio |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi del Molise |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Maria Novella Bettini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 221 |
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