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Le agenzie amministrative europee e nazionali: un fenomeno di strumentalità nell'organizzazione dei pubblici poteri

Si è tentato di fornire una sistemazione omogenea, a livello europeo, del modello dell’agenzia amministrativa, evitando parallelismi con agency americane ed enti pubblici strumentali. Da tali similitudini infatti nasce il disagio della dottrina che “sacrifica” molte agenzie ritenendole istituti ibridi o errori terminologici. Tuttavia ut res magis valeat quam pereat: si presuma che i legislatori s’esprimano ragionevolmente
Il punto di partenza dell’analisi è costituito dalla affermazione che l’agenzia è un’alternativa al tradizionale modello organizzativo delle PP.AA.: quello centrale e funzionale dei Ministeri.
Tale definizione dell’agenzia è incompleta poiché non precisa un modello in positivo. La maggior funzionalità dell’agenzia deriva, in particolare, dall’essere un’amministrazione di scopo. Però è contestabile una “polifunzionalità” della stessa, dato che un'amministrazione di scopo ha obiettivi da realizzare tramite varie attività, le quali però sono secondarie e strumentali allo scopo.
L’agenzia si discrimina non per contenuti del potere, ma perché ha assegnate non funzioni ma obiettivi con cui ogni agenzia s’identifica spesso terminologicamente. Pertanto si configurano delle entità strumentali che, contrariamente all'ente pubblico, si rivolgono a più soggetti cointeressati all’obiettivo. Tali legami di cointeressenza formano attorno all'agenzia una struttura reticolare, che talora è istituzionalizzata tal’altra no, ma è comunque esistente e funzionale allo scopo.
Tale “strumentalità a rete” ha decretato il successo dell'agenzia, perché utile a debellare (o nell’UE evitare) l’ipertrofia dello stato sociale, come sintetizzato da “to cut back government and his spending”.
Alla luce di queste considerazioni si può rivisitare l’istituto.
A livello italiano l’agenzia può inquadrarsi nella strategia di risoluzione del’incepparsi della macchina statale tramite esternalizzazione di compiti ministeriali; d’altronde tale chiave di lettura – con le conseguenze in materia di distinzione dagli enti pubblici – è avvalorata dalle simili esperienze estere.

L’analisi delle agenzie europee evidenzia l'importanza della sussidiarietà tramite cui le esse operano quali centri di reti paneuropee. Anzi, intrinsecamente, le agenzie operano secondo sussidiarietà. L'essere enti strumentali, e in rete con i cointeressati i comuni obiettivi, postula che i cointeressati coordinino le attività, di modo che agisca chi sia al livello territoriale idoneo a realizzare lo scopo. Pertanto gli Stati UE sono ‘rassicurati’ dalle agenzie, perché partecipano alle decisioni comunitarie attraverso quei propri enti (agenzie generalmente) creati quali “interfacce dal punto di vista operativo delle agenzie europee”.

Nella microanalisi dei livelli europeo ed italiano si procede, altresì, a distinguendo tra agenzie ed authority.
La differenza si individua perché le agenzie non necessitano di piena autonomia relazionale, al contrario delle authority che svolgono regolano ampi settori in modo “indipendente”. Invece le agenzie, in relazione agli specifici obiettivi, necessitano di mera autonomia operativa.

Grazie all'esame comparato delle agenzie si individua una nuova dinamica di circolazione di istituti tra gli ordinamenti.
In tali rapporti il Cassese individuava influenze verticali e orizzontali e cc.dd. “trapianti”. Sulla strada della metafora botanica si è incamminata la dottrina disquisendo di fenomeni di ‘ibridazione’.
L’esperienza delle agenzie tuttavia suggerisce una dinamica di circolazione più complessa, che ricorda il feedback keynesiano: come la valuta bancaria certi istituti nazionali sembrano moltiplicarsi attraverso retroazione, la quale è possibile grazie all’inglobamento che di essi fa il diritto comunitario.
Nel caso delle agenzie l’istituto ha origine in ordinamenti nazionali (Svezia Inghilterra); il modello è stato poi mutuato dall'UE, e, per retroazione, l'istituto è infine ritornato al livello degli ordinamenti nazionali, per influenza sia ‘orizzontale’ – cioè imitazione di esperienze nazionali – sia ‘verticale’ –poiché il diritto comunitario ha imposto l’istituzione di agenzie nazionali.
Tale dinamica espansiva ha oggi una forte valenza politica. Essa produce un ulteriore avvicinamento degli ordinamenti nazionali, laddove la tradizionale armonizzazione non funziona più. D'altronde ciò è uno degli aspetti della globalizzazione dei modelli di gestione, che l'economia sperimenta da decenni. Tramite la generale circolazione i modelli dell'economia pubblica e privata tendono sempre più a coincidere, e tramite processi di retroazione che affinano la ricerca di soluzioni sempre più rispondenti ad efficacia, efficienza ed economicità.

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3 CAPITOLO I – Prima indagine comparata 1. Premessa Dall’esame delle varie teorie sviluppate dalla più autorevole dottrina italiana a proposito del termine agenzia risulta un quadro molto poco omogeneo, anzi talora si riscontra una tale difformità di vedute da far temere che il termine sia come una coppa nella quale ognuno versi il vino che preferisce, ovvero, fuor di metafora, si potrebbe pensare ad una mera moda terminologica 1 . Basti notare che in un luogo nel quale ci si aspetterebbe di trovarne una definizione, ovvero nella Enciclopedia Giuridica, Arena rinuncia a dare sia un’unica formula descrittiva dell’istituto che una ricostruzione unitaria dello stesso, salvo a voler sacrificare buona parte delle entità chiamate dal legislatore “agenzie” quali istituti ibridi, o, peggio, errori terminologici. Dando, poi, un primo sguardo comparato all’istituto a livello europeo, la detta opinione sembrerebbe rafforzata al punto da pensare all’agenzia come una polisemia libera, riempita dai significati più vari secondo le aspirazioni dell’Amministrazione di turno. E altrettanto dispersiva sarebbe l’analisi della dottrina a tale livello. 1 Cfr. Arena, in Agenzia Amministrativa, p. 8. L’Autore ricorda l’osservazione di Santi Romano a proposito del ‘decentramento’, termine il quale aveva (ed ha) larga fortuna proprio a cagione della sua genericità, circostanza la quale consentiva ad ognuno di attribuire il “significato che meglio credeva”. Nello stesso senso anche Rossi G.P., in Introduzione al diritto amministrativo, p. 196, per cui “la formula [di agenzia] ha molta fortuna soprattutto nel linguaggio politico anche perché, essendo di significato incerto, ciascuno può attribuirgli quello che preferisce”. Al momento bastino queste osservazioni, anche perché seguire l’intera quèrelle in dottrina rivela una tale dispersione d’opinioni da non riuscire a rintracciare vere correnti di pensiero in tema, rinviandosi al dibattito sulla natura di ente pubblico di cui al capitolo terzo.

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