4
In realtà questo quadro disomogeneo è frutto, spesso, di un errore
metodologico di fondo nell’esame del fenomeno. Ed invero l’analisi delle agenzie
solo da determinati punti di vista giustifica pienamente il caos dottrinario
accennato
2
. Ma, come dice il brocardo, ut res magis valeat quam pereat, si deve
cioè presumere che il legislatore faccia un uso ragionevole delle espressioni e che,
quindi, vi sia un significato ben determinato che porta il termine agenzia, e grazie
al quale si possano superare le definizioni meramente a contrario che abbondano
in dottrina
3
. Cioè si può accettare l’affermazione secondo la quale l’agenzia è
un’alternativa al tradizionale modello organizzativo della pubblica
Amministrazione in Europa occidentale, ovvero a quello ministeriale.
Quest’ultimo secolare modello risulta basato su un’architettura centrale e
“funzionale” del potere, cioè con una assegnazione dei compiti per grosse aree di
competenza. Il modello dell’agenzia fa, invece, apprezzare le sue differenze non
tanto per i contenuti e la natura del potere – trattandosi pur sempre di pubblici
poteri e di pubblici servizi – bensì per il modo di affrontare i compiti, per i quali
sono assegnati non ‘funzioni’ bensì ‘obiettivi’, con i quali la singola agenzia
s’identifica. E’ proprio a causa di tale immedesimazione che, spesso, nascono le
difficoltà nell’individuare comuni denominatori tra le varie agenzie.
Per rintracciare questi caratteri comuni, infatti, non pare sia adeguato guardare
ai contenuti dei singoli obiettivi, ma, appunto, al fatto stesso dell’essere il corpo
amministrativo in esame un’amministrazione per scopo. Per tale motivo, e
2
Soprattutto se questi punti di vista hanno poco a che fare col diritto positivo, essendo, più che
altro, legati alla volontà di collocare le agenzie entro certe categorie già elaborate in passato.
3
Sin dalla riforma del D.Lgs. n. 300/99 in Italia la dottrina è stata concorde su pochi punti, e uno
di essi è l’alternatività del modello organizzativo costituito dalle agenzie rispetto a quello
ministeriale. Tuttavia ridurre l’istituto ad un fenomeno ineffabile, a parere di chi scrive, costituisce
un escamotage per eludere la problematica definizione positiva delle agenzie.
5
attingendo al patrimonio culturale-giuridico del nostro paese, si può dunque dire
l’agenzia fortemente caratterizzata da una natura ‘strumentale’. Al contrario di
quanto tradizionalmente configurato in relazione agli enti pubblici, però, tale
strumentalità si dispiega rispetto una pluralità di altri soggetti – pubblici e non –
interessati alla realizzazione dell’obiettivo assegnato all’agenzia.
Per trattare in maniera convincente l’argomento risulta opportuna, anzitutto,
un’analisi di due distinti profili storici.
Il primo profilo concerne il livello transnazionale, e permette di spiegare come
il termine e l’istituto dell’agenzia amministrativa siano nati in certi ordinamenti
nazionali per le loro specificità, e poi mutuati da altri con gran facilità, grazie alla
duttilità dell’istituto derivante dalla natura “strumentale”. Il trait d’union delle
varie esperienze, infatti, è dato proprio dalla strumentalità del modello
organizzatorio.
In ogni caso è opportuno precisare come sia stata esclusa una qualche rilevanza
delle esperienze americane in tema, nonostante i maggiori lavori comparati in
tema vi dedichino abbondante spazio. Tuttavia non vi è chi non veda come le
agency d’oltreoceano non costituiscono un istituto unitario. Esse sono, al
contrario, una figura generica e non sui generis, assimilabile solo al senso comune
e generalissimo che si dà anche negli altri ordinamenti a tutte quelle entità che
agiscono per realizzare obiettivi pubblici rientranti nelle politiche generali di un
altro soggetto
4
, ovvero a ciò che in Italia si definisce amministrazione di scopo.
4
Sono escluse le agenzie americane, per un esame delle quali (e per l’individuazione delle
differenze rispetto alla concezione europea) cfr. Shapiro M., Agenzie indipendenti: USA e Unione
Europea. L’Autore tenta delle catalogazioni delle agency per compito; egli tuttavia non procede
oltre, dato che nell’accezione americana del termine sono ricompresse sia le commissioni
regolatrici federali, sia i consigli locali, sia, addirittura, le società commerciali in mano pubblica.
Sono state, poi, tentate delle ricostruzioni similmente ampie, ad esempio in Merloni F., Il nuovo
6
L’altro profilo storico da analizzare riguarda specificamente l’esperienza
italiana. In merito può essere evidenziato come il nostro sistema, pur essendo
giunto relativamente tardi ad appropriarsi del termine “agenzia”, sia da lungo
tempo alla ricerca di espedienti volte a superare l’incepparsi della poderosa
macchina della P.A.. Ciò è nella nostra esperienza avvenuto proprio grazie a
espedienti di esternalizzazione di alcuni dei compiti dei ministeri verso entità
strumentali.
2. L’esperienza svedese.
Un’analisi storica e comparata del fenomeno delle agenzie amministrative è
utile perché rivela tre tendenze di fondo che possono assumere in proposito gli
ordinamenti nazionali
5
.
Il primo orientamento è quello tipico della Svezia, ove il modello di agenzia si
è naturalmente generato. In particolare è possibile risalire fino al XVIII secolo per
ritrovare dei “Collegi” archetipi delle attuali myndighet, termine che oggi viene
reso abitualmente in “agenzie”. La traduzione preferenzialmente scelta dalle
stesse autorità svedesi, però, per riferirsi a questi corpi amministrativi nei contesti
formali è quello di “autorità di governo centrale”
6
. Questa scelta lessicale non è,
modello di agenzia nella riforma dei ministeri; ma a p. 762 nota 96 l’Autore deve, però, ammettere
come risultino frustranti i tentativi di far rientrare nella nozione “da un lato le agenzie-s.p.a. e
dall’altro gli enti pubblici di ricerca strumentale denominati ‘agenzia’”.
5
Per un analisi delle tre tendenze cfr. Tiraboschi, Il ruolo delle agenzie tecniche strumentali nel
mercato del lavoro, pp. 8 ss.
6
Cfr. Regeringskansliet, The Swedish government at work, e in genere tutti i documenti resi
pubblici dal governo svedese. In essi l’espressione ‘central government authority’ è quella sempre
utilizzata per iniziare un discorso a proposito delle agenzie in termini formali, solo
7
ovviamente, casuale, bensì sintomatica della struttura stessa dell’ordinamento
costituzionale svedese, che viene governato per agenzie. In tale sistema si trova,
infatti, la concorrente presenza di ministeri, lo sviluppo dei quali è però
‘recessivo’
7
, atteso che i compiti ai quali si limitano consistono nella mera
pianificazione politica. Pertanto i ministeri possono esercitare una limitatissima
direzione di massima nei confronti delle agenzie, le quali, poi, devono tradurre
concretamente e in piena autonomia gli obiettivi predeterminati, salvo il caso
eccezionale di emissione di ordinanze ministeriali (una sorta di circolari) indicanti
direttive particolari e comportamenti concreti da tenere. Per il resto l’esecuzione
delle politiche ministeriali è lasciata alla discrezionalità delle agenzie, le quali,
coerentemente, sopportano la responsabilità di tale fase attuativa
8
.
In via di sintesi può dirsi che le agenzie in Svezia sono di tipo esecutivo e non
regolatorio, e, altresì, che esse costituiscono il modello tipico attraverso il quale
viene organizzata la pubblica amministrazione. Nell’ordinamento svedese,
pertanto, esiste una perfetta (e, stando ai dati empirici, pregevole) separazione tra
politica e amministrazione.
Approfondire ulteriormente il fenomeno svedese, finora accennato per chiarire
analogie e differenze relative alle agenzie degli altri ordinamenti, sarebbe poco
utile, però, perché questo primo tipo di impostazione ha avuto un effetto solo
indiretto rispetto al fiorire del fenomeno in Europa e nei vari ordinamenti
successivamente, spesso, viene precisato che per brevità verrà impiegato anche agency; in ogni
caso i testi ufficiali svedesi aggiungono sempre a tale ultimo termine l’aggettivazione executive,
che viene ritenuto indispensabile per chiarire il fenomeno.
7
Cfr. Tiraboschi, op.cit. p. 8.
8
Cfr. Regeringskansliet, Swedish government at work,, p. 16: “Most government business is
prepared by public officials in the various ministerial departments. Their primary function is to
undertake the preparatory work leading up to a government decision, not to implement the
measures adopted. This task is normally the responsibility of the central government authorities,
also known as executive agencies”.
8
nazionali. Difatti la tradizione svedese è giunta altrove, solitamente, in via
mediata tramite il filtro delle esperienze inglesi. Queste ultime costituiscono,
infatti, un secondo tipo di impostazione per c.d. mista, atteso che l’ordinamento
inglese presenta la diffusa presenza di entrambi i tipi di organizzazioni
amministrative, e cioè sia strutture ministeriali che amministrazioni di scopo.
3. L’esperienza inglese.
E’ anzitutto doveroso precisare che le agenzie mutuate dal legislatore inglese
sono ancora una volta di tipo esecutivo. A rigore, infatti, i cc.dd. regulatory
bodies del diritto pubblico inglese costituiscono un fenomeno distinto e separato
9
,
il quale, per motivi simili a quelli sopra esposti in relazione di agency americane,
non desta interesse in relazione all’argomento che ci occupa.
In ogni caso le agenzie inglesi sono qualcosa di più di quelle svedesi, e non
sarebbe potuto essere altrimenti dato che esse non sono nate per ‘generazione
spontanea’. Al contrario sono state introdotte verso la fine degli anni Ottanta del
secolo scorso per ‘trapianto’ e con lo scopo di riformare radicalmente la
Whitehall
10
, ovvero il governo a struttura ministeriale inglese.
9
Cfr. R.A.W. Rhodes, Agencies in British Government: Revolution or Evolution?, p. 732 nota 1.
L’Autore tiene a precisare che: “In the UK the term ‘agencies’ refers to the executive agencies of
central departments. It does not encompass regulatory bodies such as the new EU agencies”.
10
White hall street è la strada presso la quale si trovano le sedi di buona parte dei ministeri inglesi;
per metonimia è divenuto il termine d’uso per indicare gli stessi ministeri.
9
Tale riforma, c.d. Next Steps dal nome del report che ne diede l’avvio, è legata
alla strumentalità in un doppio senso.
In primo luogo si è cercato di trasformare la Whitehall da struttura fine a sé, e
che conseguenzialmente esercitava delle “funzioni” pubbliche, in corpo
strumentale rispetto alle effettive e minimali esigenze del governo del paese, poste
di conseguenza in primo piano. E’ stato dunque tentato di debellare l’ipertrofia
dello stato sociale e della burocrazia ministeriale, alla ricerca di ciò che è stato
efficacemente definito un ”arretramento delle frontiere dello Stato”.
Una simile azione è ispirata da una sorta di ideologia minimalista neo-liberale,
sintetizzata dalla suggestiva espressione “to cut back government and his
spending
11
”. Altro criterio ispiratore di questo primo obiettivo della riforma – ma
spesso sottovalutato dagli osservatori non inglesi – è da rinvenire nella ricerca di
trasparenza ed efficienza. La detta riorganizzazione amministrativa in base a
scopi-obiettivi, difatti, è stata attuata anche al fine di superare quei problemi della
P.A. ben sintetizzati da un aneddoto. Si tratta dell’imbarazzante dichiarazione di
Michael Heseltine, Ministro inglese dell’ambiente alla fine degli anni Settanta, il
quale dovette ammettere di non avere idea di chi si occupasse e fosse responsabile
della maggior parte delle funzioni attinenti al proprio dicastero.
In secondo luogo la riforma Next steps è legata alla strumentalità sotto altro
fronte, cioè in relazione alle competenze perdute dai ministeri.
11
L’espressione è tratta da R.A.W. Rhodes, op.cit., p. 734. Lungo il corso di tale saggio l’Autore
tiene a sottolineare che la causa immediata che spinse verso la riforma c.d. Next steps è costituita
proprio dalla necessità di contenere la spesa pubblica. D’altronde, dando uno sguardo alla storia
costituzionale inglese, risulta frequentissima, quale causa delle più importanti riforme
costituzionali, l’instabilità finanziaria delle amministrazioni. Si vedano, solo a titolo
esemplificativo, i casi della Magna Charta e delle Provisions of Oxford del XIII secolo o del Bill
of Rights del XVII.
10
Invece di procedere a riformare ulteriormente i ministeri, difatti, sono state
create ex novo delle strutture che fossero maggiormente idonee alla realizzazione
di certi obiettivi. Tra di esse comparirono in maniera massiccia le agenzie
amministrative. Tuttavia tale sistema non fu applicato rigidamente, cosa la quale
sarebbe stata incompatibile con la stessa natura delle amministrazioni di scopo.
Al contrario il giudizio di adeguatezza dello strumento scelto di volta in volta
(agenzia o altro corpo amministrativo) viene periodicamente rinnovato, essendo
l’amministrazione inglese ogni lustro obbligata a revisionare tout court il sistema
e a decidere dell’assegnazione delle competenze tra le varie entità utilizzate ai fini
della prestazione dei pubblici servizi, e cioè essenzialmente dipartimenti agenzie e
società in mano pubblica. In tale modo la revisione periodica decide, considerata
l’attività svolta da un particolare strumento per un quinquennio, quale sia il
modello, allo stato del sistema, più idoneo a occuparsene fino alla successiva
verifica.
Vista in questo suo costante processo di revisione la riforma inglese è
chiaramente ispirata al superamento della vecchia caratterizzazione ‘funzionale’ e
strutturale degli organi esecutivi. Ex adverso ad oggi il momento organizzativo e
la stessa esistenza dei singoli corpi amministrativi sono dati secondari e
strumentali rispetto ai compiti da svolgere. Si è così attuato un processo di
‘svecchiamento’ delle istituzioni che volge alla progressiva perdita d’importanza,
nella attuazione dei compiti pubblici, della forma a favore della sostanza
12
.
12
Notevole, in proposito, è il modo in cui viene talora sintetizzata la ratio della prima parte della
riforma inglese. Tale sintesi ha acquisito natura di vero slogan, il quale ha avuto tale fortuna da
riecheggiare anche in tanti altri dibattiti nazionali (compreso quello italiano). Si tratta delle famose
‘3Es’ cioè “economy, efficiency, and effectiveness”.
11
La strumentalità delle agenzie inglesi, tuttavia, è rimasta comunque ancorata
all’idea di una attività meramente esecutiva e, quindi, alla aspirazione ad una
divisione tra l’attività politica e l’amministrazione. Ciò è comunque avvenuto in
maniera blanda rispetto all’amministrazione svedese, al punto che la dottrina
britannica preferisce usare in proposito l’espressione “’distance’ from central
department so there is freedom to manage”
13
.
Come si può notare nella detta espressione manca, oltre la indicazione di una
vera separazione tra politica e amministrazione, anche un riferimento
all’indipendenza o anche solo all’autonomia dei corpi amministrativi. E’ stata,
invece, preferita una semplice “freedom”, cioè un mero margine (indeterminato)
di libertà nell’agire. La spiegazione in proposito è costituita dal fatto che, mentre
le agenzie svedesi sopportano la responsabilità del proprio agire in maniera piena
e diretta, i chief executive delle agenzie inglesi sono responsabili solo di fronte ad
un ministro, il quale, a propria volta, è responsabile di fronte alle due House del
parlamento inglese.
La mera “distanza” della politica dall’attività esecutiva, insieme al
mantenimento del modello tradizionale della responsabilità ministeriale,
costituiscono dunque i caratteri specifici che il modello “misto” di agenzia
amministrativo che si è generato in Inghilterra.
13
Cfr. R.A.W. Rhodes, op.cit., p. 737, che mutua l’espressione da Davies e Williams, What Next?
Agencies, Departments and the Civil Service, Institute for Public Policy Research, Londra 1991, p.
16.
12
Tale seconda impostazione, infatti, vede convivere
14
sia amministrazioni
funzionali, cioè i classici dicasteri, sia delle amministrazioni di scopo o,
comunque, varie entità strumentali in senso lato
15
.
4. Le agenzie in Europa.
Nell’ordinamento comunitario si possono rinvenire una sorta di proto-agenzie
– nonché teorizzazioni che precedettero il modello – già negli anni
rispettivamente Settanta
16
e Sessanta
17
del XX secolo. Tuttavia perché
l’ordinamento comunitario presenti vere e proprie agenzie si deve giungere al
1990, anno nel quale l’istituto è stato introdotto – e sin da subito in maniera
massiccia – in Europa.
D’altronde le stesse motivazioni sottese alla scelta del legislatore comunitario
sono collegate al periodo di scetticismo, sfavorevole ad un ulteriore sviluppo delle
istituzioni comunitarie, e che a più livelli s’è sviluppato a partire dalla fine degli
14
Per questa distinzione e la configurazione del sistema inglese come misto cfr. Petroni G., Nuovi
profili organizzativi nell’evoluzione del sistema amministrativo pubblico: le agenzie, p. 19. Si
veda anche Tiraboschi, op.cit.
15
Sono, infatti, da includere tra queste figure anche le società di diritto privato operanti per la
realizzazione di obiettivi pubblici.
16
Agli anni settanta risale l’istituzione di vari comitati, la cui complessa problematica esula da
questa trattazione. Inoltre esistevano due uffici indipendenti e con personalità giuridica costituiti
già nel 1975: il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, creato con
Regolamento del Consiglio 337/75, poi modificato con Regolamento 1946/93, e la Fondazione
europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro creata con Regolamento del
Consiglio 1365/75, poi modificato però dal Regolamento 1947/93. Entrambi gli uffici, però, sono
stati riformati nel 1993 e portati all’attuale configurazione che ne fa delle ‘agenzie’ nel senso
attuale del termine; essi hanno così cessato la precedente e indefinita natura di ‘organi ausiliari’.
17
Si tratta di una sentenza del 1968 della Corte di Giustizia sul caso Meroni contro Alta Autorità.
Da alcuni obiter dicta della stessa qualche autore aveva ricavato una sorta di preventivo parere di
legittimità della Corte a proposito dell’introduzione di amministrazioni per scopo nell’ordinamento
comunitario.
13
anni Ottanta, dunque un controtendenza rispetto al clima favorevole alla continua
espansione europea dei decenni precedenti.
La situazione è ben sintetizzata dall’espressione che vuole le agenzie europee
“una sorta di compromesso tre due altri fenomeni diversi: quello della espansione
dei poteri comunitari e quello della affermazione del principio di sussidiarietà”
18
.
Tale impostazione, tuttavia, non pare da pienamente condivisibile.
Oggi, infatti, è proprio grazie alla applicazione del principio di sussidiarietà
che l’Unione Europea estende i propri poteri. Essa, cioè, utilizza la sussidiarietà
come uno schermo protettivo rispetto al detto atteggiamento scettico e di
sfiducia
19
.
Pertanto i due fenomeni (espansione comunitaria e sussidiarietà), per quanto
diversi, non sono oggi lontani, essendo divenuto il loro sviluppo complementare.
Ed invero, di fronte al problema del come espandere ulteriormente i poteri
dell’Unione al di fuori dell’ottica transnazionale e intergovernativa del Consiglio,
le alternative teoricamente possibili sarebbero state due. La prima opportunità
sarebbe consistita nella espansione dei poteri del Parlamento europeo; tuttavia i
18
Cfr. Franchini C., Le relazione tra le agenzie europee, p. 25, che in tutto il saggio fa notare la
stretta correlazione del principio di sussidiarietà con i nuovi modelli di amministrazione europea,
quale quello per agenzie.
19
Sulla configurazione dei comitati, prima, e delle agenzie europee, poi, come entità configurate
per apparire “innocue” alle burocrazie nazionali la letteratura giuridica è veramente ampia. Anzi,
forse, si tratta dell’unico punto fermo presso tutta la dottrina a proposito delle agenzie. Solo per
citare qualche autore si v. in proposito Shapiro M., op.cit. p.684, secondo cui il vero motivo
sotteso alla creazione delle agenzie europee sarebbe che “gli europei non amano i tecnocratici a
Bruxelles” per cui si è proceduto alla creazione di agenzie sparse su tutto il territorio continentale
anche per evitare la formazione di un’unica comunità intellettuale al potere al centro dell’Europa.
Ma concorde è anche il Dehousse R., in Regolazione attraverso reti p. 644. Per la dottrina italiana
si v. Franchini C., in Le relazioni tra le agenzie europee e le autorità amministrative nazionali p.
17, secondo il quale il fatto è dovuto al peculiare carattere operativo delle agenzie europee: cioè di
creare coordinamenti non verticali o con sovraordinazione gerarchica del livello territorialmente
superiore, bensì orizzontali tra i vari livelli locale nazionale e comunitario. La conseguente
possibilità di codecisione, o, come la chiama l’Autore, “affermazione di istanze particolari” a
scapito delle “capacità di determinazione degli organismi comunitari”, sarebbe idonea ad
attenuare “la diffidenza degli Stati membri verso le istituzioni comunitarie e favorisce la loro
disponibilità verso maggiori forme di espansione dell’azione comune”.
14
tempi per procedere in questo senso non sembrano a tutt’oggi maturi. Parte della
dottrina, per la verità, spesso si augura che l’Europa s’incammini per questa
strada, anche al fine di superare il lamentato deficit democratico dal quale sono
affette le istituzioni comunitarie. Non pare, tuttavia, che i governi nazionali si
sentano altrettanto pronti; e a ragione, probabilmente, vista la recente reviviscenza
dello scetticismo europeo in buona parte di quelle nazioni che hanno costituito il
nucleo originario dell’Europa.
La seconda possibile strada da percorrere sarebbe consistita nell’espandere i
poteri della Commissione. Anche questa soluzione sembra alquanto improbabile
che venga scelta. Anche a questo secondo proposito, infatti, esiste una sorta di
scetticismo, ma questa volta meno visibile. Si tratta infatti della ritrosia dei
burocrati nazionali (e dei governi, come apice delle rispettive burocrazie) a cedere
il proprio potere ad altri burocrati, quelli europei. A tal proposito, peraltro, esiste
anche una giustificazione formalmente valida. Difatti questa nuova burocrazia
europea pecca atteso che, anche ai livelli più alti (Commissione), possiede una
legittimazione che non è popolare bensì tecnica.
L’istituzione delle agenzie è stata quindi una scelta per superare i timori degli
europei per la tecnocrazia.
Occorre tuttavia considerare come la scelta europea del modello dell’agenzia
amministrativa costituisca pur sempre una soluzione neo-funzionalista
20
, e cioè
una forma di tecnocrazia. Ma a questo proposito entra in gioco il secondo dei
profili premessi, ovvero il principio di sussidiarietà. Le agenzie comunitarie sono,
20
Cfr. Shapiro, op.cit., p. 684 ss., il quale ricostruisce il background sotteso alla introduzione delle
agenzie europee appunto come “neo-funzionalismo”, anche se, appunto, attenuato o mascherato.
15
infatti, dei centri di riferimento per delle reti europee
21
, le quali funzionano
secondo la logica della sussidiarietà. Anzi, per caratteristica intrinseca del
modello, le agenzie amministrative operano naturalmente secondo lo schema della
sussidiarietà, trattandosi di enti strumentali nel senso sopra precisato; esse,
pertanto, funzionano necessariamente in rete, cioè in collegamento con gli altri
soggetti pubblici e privati interessati all’obiettivo da realizzare.
Ovviamente ciò può avvenire solamente qualora i vari soggetti coinvolti
coordinino la propria attività, di modo che quello che si trovi al livello più idoneo
alla realizzazione dell’obiettivo possa agire di conseguenza
22
.
Alla luce di queste considerazioni non vi è chi non veda perché gli Stati
membri dell’Unione sono ‘rassicurati’ dal modello, dato che essi partecipano al
procedimento decisionale comunitario attraverso quei propri enti, creati o spesso
ristrutturati in funzione della sussidiarietà sottesa a queste reti, e che fanno da
“interfaccia dal punto di vista operativo delle agenzie europee”
23
.
Ciò che viene messo in primo piano è quindi l’obiettivo da realizzare rispetto al
momento organizzativo, con il conseguente effetto “rassicurante” sulle burocrazie
statali che temano una “espropriazione” delle proprie funzioni.
21
L’espressione è abbastanza recente, esistono però saggi interamente dedicati alle strutture di
amministrazione europea reticolari. Si ricordato le opp.citt. di Dehousse R. e Franchini C, nonché
Astone F. in Riforma della P.A. e ordinamento comunitario da pag. 57 ss. Tuttavia, talora, la
dottrina impiega espressioni equivalenti, soprattutto quella di organizzazione “stellare”;
quest’ultima locuzione viene utilizzata per indicare la particolarità di tali strutture policentriche, le
quali vedono, al centro di più piani orizzontalmente coordinati, dei “segretariati permanenti”,
secondo l’espressione del Dehousse, e cioè le agenzie.
22
Per un caso tipico si veda quello della rete amministrativa europea per la protezione
dell’ambiente, all’interno della quale le agenzie europea, nazionale e locali cooperano per la
realizzazione di obiettivi unitari, grazie alla distribuzione dei singoli compiti al livello territoriale
più adeguato volta per volta. Questo caso è quello in cui al momento più perfettamente il
legislatore italiano s’è adeguato all’amministrazione a rete europea. Per un punto di partenza si
veda Grassi S. (a cura di), Le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente.
23
Cfr. Astone F., op.cit., p. 58. Anche se la dottrina in genere non si sbilancia, è ovvio che una
compartecipazione siffatta fughi a priori il timore della formazione di un superstato.