La truffa
La nozione del delitto di truffa, il cui termine deriva dal tedesco “Trug” (inganno, frode), è di formazione recente. È soltanto nel secolo XIX, infatti, che tale illecito penale assume una sua configurazione giuridica definita e autonoma a seguito di una lunga, faticosa e tormentata elaborazione storica. “La prima nozione, sostanzialmente conforme a quella del diritto attuale, si ha nel codice penale francese del 1819 il quale nell’art. 405 contempla il caso di colui che avrà "escroquè ou tentè d’escroquer la totalitè ou partie de la fortune d’autrui". Come ha osservato Sbriccoli, se andassimo a cercare nel corpo della dottrina di diritto comune l’ipotesi criminosa descritta dall’art. 640 del nostro codice penale, la troveremmo diffusa e dispersa in varie incriminazioni nelle quali, dal diritto romano ai tempi moderni, era compresa. Nel diritto romano classico fatti e comportamenti, che oggi sono inquadrati nell’ambito della truffa, erano ricondotti al furtum o più spesso al falsum (da fallere: ingannare). La dottrina giuridica romana incluse nella nozione di falsum la più disparata varietà di delitti, purché avessero in comune l’elemento dell’inganno. Poiché il crimen falsi era un “delitto pubblico” e poiché di conseguenza il suo ambito d’operatività era limitato solo a quelle frodi che ledessero immediatamente interessi di natura pubblica, tutte le altre frodi, ossia quelle che ledevano interessi meramente privati, non vi rientravano. Con le costituzioni imperiali dell’epoca dei Severi, apparve come crimen extraordinarium una nuova figura criminosa, lo stellionatus, considerata oggi come il precedente più vicino all’attuale nozione di truffa.
Occorre precisare però che la figura dello stellionatus (da stelio, il nome di un rettile velenoso la cui pelle assume diverse colorazioni in relazione al mutamento della luce) pur potendo essere considerata un precedente della truffa, aveva dei confini ampi e imprecisi e abbracciava tutta una serie di fatti che nulla avevano a che fare con l’odierno delitto in questione (l’esempio più ricorrente è il profitto conseguito mediante falso giuramento). Essa svolgeva una funzione sussidiaria rispetto alle incriminazioni del furtum e del falsum.
La pena dello stellionatus, come per tutti i crimina extraordinaria, nonché in considerazione della sua genericità e polivalenza, non era fissa ma stabilita discrezionalmente dal giudicante nei singoli casi. Essa in ogni modo non andava oltre i lavori forzati e la relativa condanna comportava, come pena accessoria, l’infamia. Anche nel diritto germanico mancò una qualsiasi traccia della truffa (o dello stellionatus) come reato autonomo.
Nel nostro diritto intermedio il crimen stellionatus perdurò non perdendo quel suo carattere di sussidiarietà, ambiguità (ambiguo era soprattutto il suo rapporto con il reato di falsum) e genericità, visto che si trattava di un reato “caratterizzato unicamente dalle forme fraudolente delle offese ed era posposto a tutela di un qualsiasi interesse per il quale mancava una specifica incriminazione”.
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Informazioni tesi
Autore: | Paolo antonio Aru |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Sassari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Francesco Angioni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 208 |
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