La vittima del reato nell'ordinamento giuridico italiano
E' stato poi stato messo in evidenza il ruolo dell’offeso quale filtro selettivo del fenomeno criminale. Invero, l’avvio delle indagini – in larga misura – dipende dalla collaborazione dell’offeso che, mediante l’attività propulsiva costituita dalla denuncia, porta la notizia di reato a conoscenza del pubblico ministero: la vittima fornisce l’impulso (input) essenziale affinché sorga l’investigazione pubblica e si attivino le agenzie istituzionali di controllo.
Attualmente si registra una centralità politica della vittima del reato, divenuta vero e proprio soggetto in grado di reclamare diritti e prerogative, ridotte o negate nei sistemi giuridici moderni. Negli ultimi anni, infatti, ruolo ed esigenze di tutela della vittima sono tornate prepotentemente al centro del dibattito politico-criminale. Nel mondo occidentale la vittima sta vivendo una stagione di forte protagonismo, soprattutto sul piano politico, grazie anche all’opera di “ingegneria mediatica” svolta dai mezzi di comunicazione. I mass-media sempre più spesso danno rilievo alle notizie di vittime di crimini violenti o che, comunque, urtano in via immediata l’emotività dell’opinione pubblica; spesso enfatizzano le fasi di un processo, la notizia di un arresto, indugiano sui dettagli drammatici o di forte impatto emotivo. Scarsa importanza è, invece, prestata ad altre forme di criminalità. Ne consegue che il cittadino comune non percepisce nemmeno di essere vittima di taluni reati, quali i fatti colposi di particolare gravità integranti reati ambientali, che colpiscono poco la coscienza collettiva, o i fatti che attentano alle finanze dello Stato (e ai beni collettivi in generale), perché spesso considera tali fatti assolutamente fisiologici all’andamento della società.
La vittima ha finito con l’assumere un ruolo essenzialmente simbolico di un allarme sociale non raramente strumentalizzato e amplificato dai mass media.
Il rischio che porta con sé il protagonismo delle vittime sulla scena politica è quello di confondersi (e fondersi) con movimenti politici meri portatori di istanze sicuritarie e repressive. In questo senso, l’associazionismo delle vittime diventa spesso soggetto – reale o pretestuoso – di negoziazione politica: prima di adottare alcune decisioni, il sistema politico interpella le vittime del reato oppure legittima le proprie scelte avvalendosi del fatto di averle interpellate. Invero, si riscontra sovente che la vittima è strumentalizzata dal potere politico per sostenere legislazioni sicuritarie e repressive; tali scelte politico-criminali utilizzano il dolore delle vittime e dei familiari, nonché il senso di insicurezza collettivo, per mettere in atto leggi idonee ad offrire una sicurezza solamente “simbolica” e “temporanea”, non mancando di risolversi, addirittura, in provvedimenti che – paradossalmente – possono essere criminogeni, perché connotati da elementi che determinano un “disorientamento” culturale e sociale.
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Informazioni tesi
Autore: | Annalisa Gasparre |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Pavia |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Silvia Larizza |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 230 |
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