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Futuro della persona offesa nella prospettiva europea

Dall’integrazione del nostro ordinamento nel contesto europeo che nasce l’esigenza di rimodellare il sistema penale guardandolo con gli occhi della vittima: in questa direzione convergono le politiche normative dell’Unione Europea, la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo e gli orientamenti interpretativi della Corte di Giustizia.
I giudici di Strasburgo hanno cercato, innanzitutto, di apprestare una tutela per via indiretta, attraverso il filone giurisprudenziale che utilizza gli artt. 2, 3, 8 e 13 della CEDU, data la mancanza di una previsione specifica all’interno della Carta. Le difficoltà delle convenzioni internazionali a trasformarsi in diritto vivente, tuttavia, mi hanno spinto ad affrontare la questione considerando, più in particolare, le fonti comunitarie e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, poiché esse giocano un ruolo parecchio più significativo nell’evoluzione del nostro ordinamento, almeno per quanto concerne il futuro più immediato. La meta fissata dalla Decisone quadro 2001/220/GAI, frutto delle ampie riflessioni maturate a livello internazionale, consiste nel raggiungimento di un preciso standard minimo di diritti che ciascuno Stato membro deve garantire alle vittime del reato, quali portatrici di istanze autonome cui i diversi ordinamenti debbono dare spazio, riconoscimento e soddisfazione. In sintesi, ciò che si chiede è un intervento a sostegno e protezione delle vittime, prima, durante e dopo il processo penale: la tutela deve necessariamente articolarsi in una pluralità di fasi o momenti diversi, che si pongono, l’uno rispetto all’altro, in un rapporto di logica progressione.

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4 INTRODUZIONE: IL PROCESSO PENALE COME LUOGO DI RICONOSCIMENTO DELL’IDENTITÀ DELLA VITTIMA: STIMOLI INTERNAZIONALI E PROSPETTIVE FUTURE Nell’ambito del processo penale italiano il ruolo della persona offesa dal reato è stato - e per molti aspetti continua ad essere - quello di un semplice interlocutore occasionale nella dialettica processuale. Tradizionalmente la vittima del reato è oggetto di ben poca considerazione non solo da parte del legislatore ma, più in generale, da parte di tutta la società: si è formato un clima culturale indifferente, per non dire ostile, nei confronti dell’offeso; al contrario, nei riguardi del carnefice, l’attenzione è quasi morbosa, al punto che l’opinione pubblica, come affascinata da questa figura, focalizza tutte le proprie riflessioni su caratteristiche, diritti e bisogni del reo. Parallelamente, nel processo penale, la presenza dell’offeso è mal tollerata: l’atteggiamento è quello di considerarlo come elemento di appesantimento del rito, a costo di lasciare senza risposta le istanze di giustizia e riconoscimento di chi ha subito un reato. Un generale mutamento nella percezione sociale della vittima potrà avvenire attraverso il riconoscimento all’offeso della titolarità di specifiche situazioni giuridiche soggettive: a tal fine, i diversi organismi internazionali (ONU, Consiglio d’Europa, Unione Europea) impongono ora di abbandonare la visione reocentrica del processo penale, per prendere in considerazione anche il soggetto titolare dell'interesse protetto dalla norma penale violata. Il presente elaborato prende il via proprio dalla considerazione che la realizzazione di un sistema penale più soddisfacente rispetto ai bisogni attuali della società trova il proprio presupposto nel rispetto delle esigenze della vittima: rispetto, che si traduce in una partecipazione effettiva ed efficace al procedimento. Se i vari documenti internazionali che, ormai da più di vent’anni, si occupano di tale problematica sono rimasti per lo più lettera morta, ora un nuovo obiettivo deve muovere il legislatore e

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vittimizzazione
parte civile
vittima vulnerabile
richiesta di archiviazione
testimonianza anonima
decisione quadro
d.lgs. 274/2000
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art. 6 cedu
convenzione europea per i diritti dell'uomo

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